Mateusz Morawiecki e Giorgia Meloni si trovano davvero in una terra di mezzo, e non soltanto perché amano sorseggiare tè insieme nei caffè di Varsavia ispirati a Tolkien e al suo Signore degli anelli, come hanno fatto a inizio settimana quando la premier italiana è passata dalla Polonia. Il futuro della destra europea è attualmente in sospeso per il “dilemma polacco”. Meloni, che al momento presiede il partito dei Conservatori europei (Ecr), sta costruendo l’avvicinamento ai popolari.

Ma in entrambi i gruppi siedono gli esponenti di partiti polacchi che sono tra loro antagonisti. Morawiecki e il suo Pis, il partito ultraconservatore al governo in Polonia, sono dentro Ecr. Donald Tusk, ex presidente del Ppe e principale antagonista del Pis, guida Platforma Obywatelska che si colloca nel gruppo popolare guidato da Manfred Weber. Weber e Meloni, però, stanno già facendo piani insieme in vista delle europee del 2024.

Come verrà quindi sciolto il dilemma polacco? Tutti gli scenari possibili devono fare i conti con una variabile chiave: le elezioni polacche d’autunno. E a prescindere da quale ipotesi prevarrà, resta una certezza: una alleanza tattica tra i due gruppi.

Lo scenario ideale del Ppe

Meloni potrebbe abbandonare gli alleati polacchi ed entrare direttamente nel Ppe. Questo è lo scenario che auspicano – nei corridoi di Strasburgo – le fonti più vicine a Manfred Weber. E ricordano, a supporto di questa ipotesi, l’attitudine già in corso all’Europarlamento di isolare il Pis. Durante le elezioni di metà mandato, a gennaio 2022, il Ppe e l’Ecr hanno già attivato una alleanza tattica, il che ha permesso ai conservatori di incassare una delle vicepresidenze. Ma, dicono i weberiani, era stato imposto il veto su nomi polacchi, e i meloniani – all’epoca Raffaele Fitto che da capogruppo manovrava le operazioni – hanno accettato di ripiegare sul lettone Robert Zīle.

Un segnale a favore di questo scenario potrebbe arrivare se Meloni, in primavera, lasciasse libera la presidenza dei conservatori. «Finché Meloni sta col Pis, unirsi è fuori discussione», rincara la dose il capodelegazione polacco del Ppe, Andrzej Halicki. L’apertura a Fratelli d’Italia può nascere dalla posizione comune pro Kiev, ma la leader deve liberarsi dei polacchi.

Lo scenario ideale di Ecr

«L’Ecr è una sorta di camera di decompressione delle destre estreme», ammette Zdzisław Krasnodębski, che oggi è eurodeputato del Pis, ma che di formazione è sociologo. E non può non notare l’opera di normalizzazione di Fratelli d’Italia, oggi sempre più vicino ai popolari di Weber. Altri alleati conservatori, come lo spagnolo Vox, sono ancora molto indietro in questa mutazione, ed è opinione concorde di varie fonti di Ecr – sia italiane che polacche – che partiti come quello di Santiago Abascal non siano pronti per il salto nel Ppe.

L’idea che sia Meloni a entrarci da sola abbandonando i polacchi, però, non sembra reggere. Tutto il capitale politico della premier italiana a Bruxelles si basa proprio sul fatto di portarsi dietro l’est Europa. Non a caso Meloni rivendica spesso di aver disinnescato il veto del Pis sulla tassa per le multinazionali. E poi c’è un punto fondamentale: almeno finché il Pis in Polonia governa, potrà godere della pesante protezione di Washington. L’idea dei weberiani di un’Ue che isola i polacchi è fuori tempo.

Ecco allora una possibile soluzione, che l’eurodeputato del Pis Zdzisław Krasnodębski lancia come fosse una boutade: «Platforma potrebbe spostarsi in Renew».

Il fattore elettorale

Donald Tusk, che da qualche mese è tornato nell’agone nazionale, resta pur sempre l’ex presidente del Ppe. Il suo partito è sempre stato di centrodestra, europeista e neoliberista.

L’ipotesi di uno slittamento nel gruppo liberale Renew suona plausibile alla luce del modello che Tusk vuole imbastire per le elezioni polacche: Platforma punta a far alleare tutte le forze anti Pis – un po’ come ha fatto, perdendo, l’opposizione anti Orbán ad aprile scorso in Ungheria – costruendo un arco che va quindi dal centrodestra alla sinistra spinta. Tra gli eurodeputati del Ppe serpeggia davvero la convinzione di poter strappare il governo al Pis.

È vero che esistono spinte al cambiamento soprattutto tra le giovani generazioni, le stesse che riempivano le piazze per il diritto all’aborto, ma è vero anche che da quando è iniziata la guerra in Ucraina le posizioni muscolari del Pis contro il Cremlino e il rally ‘round the flag effect hanno portato consenso.

Tra i meloniani all’Europarlamento c’è chi azzarda un’ipotesi: che il Pis vinca effettivamente le elezioni, ma con una maggioranza risicata o instabile (non è difficile crederlo visti i problemi che da tempo ci sono con l’ultradestra euroscettica di Zbigniew Ziobro) e che, a quel punto, in virtù delle comuni posizioni pro Kiev, i due storici competitor Pis e Platforma possano ritrovare una forma di intesa.

Verso il 2024

Nel frattempo una certezza resta: l’avvicinamento tra meloniani e popolari, che è stato blindato da Meloni (e Fitto) grazie a una precisa dote politica consegnata a Weber. Nell’autunno del 2021, quando ancora era nell’aria l’ipotesi di un gruppone delle destre estreme con pezzi di Id e di Ecr, Fratelli d’Italia ha sabotato attivamente il piano scardinando un possibile asse tra gli alleati conservatori, la Lega e altri sovranisti.

Scomponendo il fronte della destra estrema, Meloni e Fitto si sono garantiti così un’interlocuzione costante con Weber, che è già sfociata in un’alleanza tattica alle elezioni di metà mandato dell’Europarlamento, dove entrambe le formazioni hanno sostenuto la popolare Roberta Metsola.

Ora proprio quel nome torna in campo per la presidenza della Commissione Ue dopo il voto del 2024, e almeno l’alleanza tattica post elettorale tra meloniani e Ppe può essere data per certa. Lo conferma il capogruppo di Ecr, l’eurodeputato Nicola Procaccini di Fratelli d’Italia: «C’è una convergenza sui vari dossier, c’è un sentire comune che ci sta avvicinando, e quindi dai dossier alla Commissione il passo dovrebbe essere breve».

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