Cosa farà adesso che le si stanno esaurendo i patrioti? Fino all’altro ieri, Giorgia Meloni era ancora tête-à-tête, cheek to cheek, con il premier ultraconservatore polacco Mateusz Morawiecki. A febbraio lui l’aveva pure portata in un bar ispirato alla terra di mezzo «che noi amiamo tanto».

Ed è proprio la terra di mezzo, il terreno sul quale finora la premier ha pensato di poter giocare meglio in Europa. Una strizzatina d’occhio ai popolari europei, ma pure la presidenza dei conservatori europei. Un «non sono una marziana» pronunciato a Bruxelles, poi un «Dio, patria e famiglia» inneggiato a Budapest. E quei «patrioti» durante il comizio di Vox a Valencia.

Lì, in Spagna, con la rovinosa débâcle degli alleati di estrema destra spagnola, è cominciata a franare l’idea che l’Europa sia irresistibilmente destinata alle destre estreme. E con essa, la strategia ibrida meloniana. Prima il premier socialista Pedro Sánchez, e poi il leader dell’opposizione polacca Donald Tusk, hanno dimostrato che una base europea in cerca di cambiamento esiste; che non vira per forza a destra. E in definitiva, che la strategia di Meloni oggi si inceppa.

L’eterogenesi del finale potrebbe essere quella di spingere ancor più i Fratelli d’Italia verso il Ppe del quale fa parte Tusk, e lontano dai fratelli di Varsavia Kaczynski e Morawiecki. Anche perché, se se la sa giocare, Giorgia Meloni nel 2024 avrà una chance: poter esercitare un ruolo di indirizzo in un Ppe ormai mutato, invece di dissolversi in quel gruppo come un corpo estraneo.

Un cambio di prospettiva

Ora che abbiamo fatto spoiler, torniamo brevemente alle puntate precedenti.

Nel 2021 in Ue i rapporti di forza tra Fratelli d’Italia e Lega non pendono ancora a favore di Giorgia Meloni, ma lei ha già un obiettivo: ottenere il patentino di forza di governo. Così la futura premier tira il primo calcio negli stinchi agli alleati polacchi del Pis, oltre che a Matteo Salvini, e boicotta i piani per un gruppone delle destre estreme che tenga insieme orbaniani, conservatori e sovranisti.

In cambio, Meloni – o meglio il suo pontiere Raffaele Fitto – ottiene l’apertura di una alleanza tattica con il Ppe di Manfred Weber.

Per quest’ultimo, la prospettiva ideale è che Meloni – ormai diventata premier – si sciolga nel Ppe. Ma lei si fa riconfermare a giugno presidente dei conservatori, dunque capofamiglia in mezzo a Vox, Pis e destre estreme varie. La leader di Fratelli d’Italia sa che restando a capo di quella famiglia può avere potere negoziale, mentre sciogliendosi dentro i popolari rischia di produrre malumori tra i suoi (eletti ed elettori) e soprattutto di perdere influenza.

Ma ora il contesto cambia.

Patrioti in cerca d’autore

Un Weber “melonizzato” ha già tagliato il cordone sanitario verso le destre estreme, e lo si è visto dalla Svezia alla Finlandia, passando per i patti locali tra popolari e Vox. Ma tutte le elezioni cruciali in vista delle europee 2024 stanno mostrando una capacità di resistenza all’onda nera, dalla Spagna alla Polonia.

Anche se i meloniani a parole difendono il Pis, queste sconfitte imbarazzano. Se Fratelli d’Italia entrerà in forze all’Europarlamento, però, i rapporti di forze con il Ppe potrebbero cambiare: dopo averne dirottato a destra gli argomenti, Meloni potrebbe anche entrarvi da figura chiave invece che da traino.

In tal caso, Vox e Pis le avrebbero fornito i migliori alibi per realizzare un piano che Fitto e Weber avranno quantomeno valutato da tempo. «Forse Meloni pensava di creare un’alleanza tra governi di destra italiano, spagnolo e polacco per mettere in discussione l’egemonia francotedesca», dice David Broder, autore de I nipoti di Mussolini. «Ma se questo progetto è fallito, l’aspetto positivo dal suo punto di vista è che potrebbe agevolare una sua intesa con il Ppe, sempre restio a una convergenza politica con il governo polacco».

Anche perché finora quell’intesa restava impigliata nel “dilemma polacco”, con Tusk nel Ppe e il Pis nei conservatori. Ma adesso?

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