Memorandum of misunderstanding. Così andrebbe ribattezzato il protocollo di intesa tra Ue e Tunisia, visto che si regge su bluff e forzature. Giorgia Meloni lo ha esibito come un successo, domenica al fianco del dittatore tunisino, di Mark Rutte e di Ursula von der Leyen. Ha dichiarato che sente «una punta di orgoglio». Ma visto che il memorandum si regge sulla materia evanescente della propaganda, l’orgoglio è solo la «punta» dell’iceberg.

Da qualunque lato lo si guardi, l’accordo non va. Chi come Meloni predica l’esternalizzazione delle frontiere europee è finito sbeffeggiato da Kais Saied, che comunque incassa i soldi degli europei. Non vuol dire che l’accordo non abbia conseguenze, anzi. Il trio von der Leyen – Meloni – Rutte, con la presenza fuori telecamera dell’uomo di Orbán, il controverso commissario europeo Olivér Várhelyi, avalla le pratiche tutt’altro che democratiche di Saied e soprattutto installa a sua volta in Ue pratiche che sfuggono al controllo democratico.

Sotto ricatto di Saied

Saied non ha l’intesa con l’Fmi alla quale Bruxelles ha condizionato un prestito di quasi un miliardo. L’Ue arriva comunque in pronto soccorso al dittatore con 150 milioni di sostegno diretto; von der Leyen ha anche promesso cento milioni di fondi europei per la gestione delle frontiere. Ma il testo del memorandum, e le parole di Saied, lasciano intendere che è lui a usare il potere di ricatto.

Il memorandum of understanding siglato domenica impegna l’Ue al sostegno finanziario per la gestione delle frontiere tunisine – il che evoca le motovedette e il supporto Ue alla guardia costiera libica – ma non impegna granché Saied; o meglio, lui si svincola dai tentativi meloniani di fare della Tunisia un’altra Turchia. L’intesa chiarisce che «la Tunisia reitera la sua posizione di non essere un paese dove installare migranti irregolari». Niente esternalizzazione che tanto piace a Meloni, quindi; e neppure molti rimpatri. Il memorandum precisa che le riammissioni varranno solo per «migranti di nazionalità tunisina». Si ipotizzano 6mila rimpatri.

Nel frattempo Saied sta attivamente condizionando i flussi di chi è «di nazionalità non tunisina», con aggressioni e allontanamenti violenti dei migranti subsahariani dalla Tunisia. Una cacciata che gonfia la fuga verso l’Italia. Ma né Meloni, né Rutte, né von der Leyen hanno avuto da ridire; sono rimasti in silenzio mentre il dittatore se la prendeva con «le ong e le loro fake news».

Il «modello» controverso

Meloni va raccontando che questo accordo «sarà un modello» e lancia la conferenza sulle migrazioni prevista domenica a Roma, «protagonista Saied»: pure un palco italiano, per il dittatore. Se questo è un modello, è a dir poco controverso.

Il patto è stato siglato a nome dell’Ue dal commissario all’allargamento Várhelyi, l’orbaniano al centro di scandali per i rapporti col separatista serbo Dodik. È un’intesa politica di massima da puntellare con ulteriori accordi, e sfugge al controllo degli eletti europei.

Se la presidenza di turno è in mano alla Spagna, a che titolo erano a Tunisi Meloni e il dimissionario Rutte? «Non c’è ruolo formale, c’è l’uso dell’accordo per campagna elettorale o propaganda», dice a Domani l’eurodeputata olandese Sophie in’t Veld. «Von der Leyen fa sì che i confini fra poteri sfumino sempre più, e l’esito è che manca un controllo democratico: chi è accountable? A chi chiederemo conto di questo memorandum?».

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