Giorgia Meloni ha cambiato il destino della Spagna e oggi la Spagna può cambiare il destino di Meloni.

Due anni fa la leader di Fratelli d’Italia ha stretto un patto in Ue con la destra, una volta moderata, e ha dato il via alla normalizzazione delle destre estreme in tutta Europa. Se i post franchisti di Vox sono in condizione di negoziare coi popolari di Alberto Núñez Feijóo un ruolo di governo, è perché Meloni ha aperto il varco.

In queste ore si decide se un’alternativa è possibile, se una remontada progressista di Pedro Sánchez e Yolanda Díaz può arginare l’onda nera. Il palazzo di governo spagnolo, la Moncloa, ma anche palazzo Chigi e palazzo Berlaymont, Roma come Bruxelles, dipendono dalle schede che 37 milioni di spagnoli infileranno nelle urne entro le 20 di oggi, per le elezioni generali.

L’Europa è in attesa: basti pensare che è da luglio che la Spagna ha la presidenza di turno dell’Ue, ma il premier socialista Sánchez, preso a strattoni dai popolari, ha dovuto posticipare il discorso inaugurale all’autunno.

Oggi gli spagnoli possono votare da europei e arginare l’onda nera, oppure offrirle l’ennesima sponda travestendosi da «patrioti», come li chiama Meloni quando si materializza su un maxischermo di Valencia per supportare l’estrema destra di Vox. Tutto diventa un campo di battaglia, anche la semantica, e tutto è scelta di campo, pure le parole.

Melonizzazione dei popolari

Comunque vada il voto, la Spagna è più a destra di prima. Il centro non c’è più: se lo sono mangiato i popolari alle amministrative di maggio, assieme ai voti che una volta erano di Ciudadanos. Oltre al centro, si può dire che anche il centrodestra non esista più: a furia di rincorrere Vox, il Partido popular ne ha introiettato stile e argomenti. Quando non ha bisogno di Vox, è perché il Pp si è voxizzato a sua volta. E se invece non ha i numeri, va a patti con l’estrema destra. Sta già accadendo negli enti locali.

Il leader popolare Feijóo accarezza illusioni e coltiva ambiguità, per scelta: accarezza l’illusione di arrivare da solo alla maggioranza assoluta, e coltiva l’ambiguità di un patto di mutua assistenza coi socialisti qualora i voti non gli bastino. Ma la moderazione ormai è fake: già da marzo 2022 il Pp ha stretto accordi di legislatura, sui territori, con Vox. L’inizio del 2022 ha segnato a tutti gli effetti la “melonizzazione dei popolari”. Nel 2021 Meloni ha boicottato il matrimonio tra i suoi conservatori e i sovranisti di Matteo Salvini, e ha ottenuto in cambio la cooperazione coi popolari di Weber.

L’alleanza tattica – tangibile proprio a inizio 2022 con le elezioni di metà mandato in Europarlamento – si fondava su questo scambio: per Meloni un patentino di governabilità; per i popolari mantenere la guida con il supporto elettorale delle destre estreme.

L’azzardo europeo

Uno schema visto nel 2022 in Svezia, poi l’anno seguente in Finlandia, e il cui epilogo saranno le europee 2024, con la scommessa di un nuovo equilibrio slittato a destra.

La normalizzazione dell’estrema destra, e viceversa la melonizzazione dei popolari, sono certificate dallo stesso Feijóo quando dichiara ai giornalisti di El Mundo che «le posizioni di Meloni oggi ci preoccupano molto meno», o che i rapporti con la premier sono «fruttuosi e credo che lei avrà in futuro maggiori contatti con il Ppe».

La mutazione delle destre europee è già un successo della leader di FdI, ma il voto spagnolo può ancora dispiegare effetti importanti. Abascal e Vox hanno giocato la carta Meloni, e la premier ci ha messo la faccia – anche se solo in video – col suo appello ai «patrioti» al comizio di Valencia. Vox, e quindi i conservatori europei, la famiglia politica europea guidata da Fratelli d’Italia, possono uscire rafforzati oppure ridimensionati in base ai voti che incasseranno.

Saranno determinanti per i popolari, e per la formazione di un governo? Le ultime proiezioni pre voto suggeriscono il sorpasso dei popolari sui socialisti, ma anche la mancanza di maggioranza assoluta. Se Vox si rafforza, e se il Pp negozia come negli enti locali pur di governare, i piani meloniani riescono.

Socialismo o «barbarie»

L’impatto lo lascia ben intravedere Jorge Buxadé Villalba, l’uomo di Vox in Europa e l’ombra di Abascal, nell’intervista a Domani. Via le leggi anti franchiste, avanti con la guerra culturale, un colpo di spugna all’impegno dell’Ue per il clima e per lo stato di diritto. «Nessun cordone sanitario», addio all’integrazione politica europea e difesa a oltranza dell’unanimità.

Díaz parla di «barbari» da fermare. La partner politica di Sánchez è incaricata di fare da argine mobilitando l’elettorato a sinistra, e per riuscirci ha fatto di tutto: si è mangiata Podemos, ha riunito sotto il proprio ombrello partiti e partitini di sinistra ecologista, ha persino dato ai potenziali elettori il suo numero WhatsApp.

Al governo, la coppia Sánchez-Díaz ha tenuto a bada l’inflazione, ha spinto al calo la disoccupazione, ha sollevato il salario minimo. Ma per domare l’estrema destra e sollevare il progressismo in Europa non basta una remontada, servirà un miracolo elettorale.

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