Sarà con ogni probabilità l’estrema destra, la prima a capitalizzare politicamente le tensioni in corso in Francia: Marine Le Pen alla fine è rimasta in patria a far piovere slogan su «ordine e sicurezza». E Matteo Salvini ha ripiegato su una videoconferenza, dopo giorni di annunci in stile gridato sull’arrivo dell’alleata a Roma. Ma la sua vera delusione è un’altra: non importa quanto si dimeni, la politica europea insegna che due isolamenti messi insieme non fanno una compagnia.

In vista delle europee, l’asse politico slitta sempre più a destra; ma a dettare direzione e perimetro delle alleanze sono altri. Per quanto Le Pen si impegni a normalizzare l’estrema destra in Francia, e Salvini provi a fare altrettanto con il sovranismo in Europa, i due sembrano condannati al purgatorio della subalternità, almeno per ora.

I fuochi d’artificio sparati dal leader leghista nelle scorse settimane – le interviste internazionali, le dichiarazioni su un’unione delle destre vincente, l’annuncio dell’incontro con Le Pen – vanno letti come un tentativo disperato di recuperare protagonismo. Alla Lega in Ue lo ha strappato Giorgia Meloni, e lo ha fatto quando ancora gli equilibri di potere le erano sfavorevoli: ecco perché è difficile per Salvini ribaltare gli equilibri oggi, ed ecco perché si aggrappa a un’alleata scomodissima, Le Pen, che però diversamente da lui conquista consensi invece di perderne.

Salvini all’inseguimento

«Bisogna costruire una casa comune che tenga unito tutto ciò che è alternativo alla sinistra», è il messaggio lanciato questo lunedì pomeriggio da Salvini dopo l’incontro virtuale con Le Pen; e ancora: «Non accetto veti sui nostri alleati», ha detto riferendosi a chi nel Ppe – come Tajani – esclude si possa aprire all’estrema destra francese.

In Francia la commissione d’inchiesta parlamentare nomina Le Pen quasi novanta volte, nel suo recente rapporto sulle ingerenze straniere. Qui si trova anche traccia dell’ossessione per un gruppone dei sovranisti europei: l’oligarca russo «Konstantin Malofeev avrebbe anche voluto battezzare un progetto di nome “AltIntern” che permettesse di mettere insieme le estreme destre favorevoli a Putin».

All’Europarlamento Lega e Rassemblement National siedono insieme nel gruppo sovranista Identità e democrazia, e due estati fa Salvini ha inseguito l’idea – spinta da Orbán dopo il suo divorzio dai popolari – di mettere insieme Id e Conservatori europei. Salvini era anche pronto, già all’epoca, a sacrificare Alternative für Deutschland, la punta più estrema del suo gruppo, in nome di un matrimonio coi conservatori, tra i quali Pis e Vox.

Meloni aveva dalla sua parte il ruolo – presidente del Partito conservatore europeo – ma non i numeri: alle europee 2019 la Lega ha superato il 34 per cento, FdI solo il sei. Ma la leader ha ribaltato gli equilibri sabotando il gruppone. Lo ha fatto anche sottolineando le divergenze sulla Russia, che allontanavano ad esempio Pis e Le Pen. Spiega tante cose l’”emendamento Nato” rivelato da Domani a luglio 2021: era stato infilato dal Pis nella “Carta dei valori” del gruppone proprio mentre a Varsavia si trova Meloni. Smascherava le posizioni filorusse nella compagine, evidenziandone le divaricazioni interne.

In cambio del boicottaggio, Meloni ha ottenuto di diventare l’interlocutrice dei popolari: l’alleanza tattica tra Ppe e conservatori è tangibile dalle elezioni di metà mandato dell’Europarlamento del 2022.

Verso il voto di giugno 2024

Oggi Meloni parla pubblicamente di «alleanze allargate alternative alla sinistra», che del resto vengono già testate nell’aula Ue (ad esempio coi voti anti clima) e nei paesi al voto («in Spagna è possibile un governo con popolari e conservatori»). Ma per una maggioranza orientata a destra, i liberali del gruppo macroniano Renew paiono il vero fronte da penetrare, ben più che quello leghista.

«Ci rifiutiamo di pensare che qualcuno che si definisce di centrodestra possa preferire Macron alla Le Pen», tuonavano non a caso questo lunedì Marco Zanni e Marco Campomenosi, i due leghisti che guidano l’uno il gruppo Id e l’altro la delegazione della Lega in Ue.

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