A Parigi le estati sono sempre più calde e per affrontarle la città ha appena adottato una nuova strategia: meno asfalto, più alberi, ma soprattutto una rete sotterranea di «freddo urbano». Questo tipo di infrastruttura è quasi inesistente nelle città italiane: può diventare un modello da importare.

Quel tesoro sotto il Louvre

Tra i tesori del Louvre, ne esiste uno sconosciuto ai più. Nascosto nel sottosuolo, d’estate è il bene più prezioso: il fresco. Nel centro di una delle città più dense d’Europa, dove gli edifici si sovrappongono l’un l’altro, il museo gode di un sistema di raffreddamento inusuale. Finestre e tetti non sono tappezzati da climatizzatori perché il Louvre può contare sulla rete di teleraffrescamento parigina: un sistema di 92 chilometri di tubi sotterranei che trasportano acqua ghiacciata.

È il più grande impianto di questo tipo in Europa e l’undicesimo nel mondo.

Fraîcheur de Paris, il gruppo che gestisce la rete fino al 2042, vuole triplicare l’infrastruttura: Parigi dovrebbe così diventare la prima città al mondo dotata di una costellazione di frighi urbani sotterranei.«Investiremo quasi un miliardo di euro in 20 anni», dice Raphaëlle Nayral, segretaria generale di Fraîcheur de Paris, filiale di Engie per l’85 per cento e della Ratp, l’azienda del trasporto pubblico. «Siamo convinti che sia una soluzione virtuosa per le città che subiscono fenomeni di isola di calore. Rispetto a un impianto individuale, siamo più efficienti: a parità di energia elettrica, produciamo il doppio del freddo. Il vero ostacolo è l’installazione delle centrali: scavare a Parigi è molto costoso».

L’infrastruttura esiste dal 1991. A gennaio 2024, sotto l’Adidas Arena, il palazzetto che ospiterà le partite di basket durante le Olimpiadi, entrerà in funzione l’undicesima centrale. Le centrali servono a raffreddare l’acqua a due gradi utilizzando fluidi refrigeranti. Dal 2021 il comune ha imposto che i due terzi dell’elettricità necessaria provenga da pannelli fotovoltaici e il resto da altre fonti rinnovabili.

«Quasi tutte le centrali si affacciano sulla Senna, il che è un gran vantaggio», spiega Raphaëlle Nayral. Quando le temperature lo permettono, la Senna è sufficiente per raffreddare i circuiti. Da ogni centrale, l’acqua immessa nella rete scorre fino agli edifici, raffreddando le stanze situate lungo il percorso. Uffici, musei, hotel: Fraîcheur de Paris fornisce quasi 800 grandi clienti.

Un frigorifero pubblico

Il teleraffrescamento è un tassello della nuova strategia di adattamento climatico di Parigi. Approvato dal consiglio municipale il 13 dicembre 2023, il “Plan Climat Paris 2024-2030” comprende 500 misure: meno corsie sulla tangenziale, nuove zone pedonali, 300 ettari di aree verdi, un milione di alloggi rinnovati...L’adattamento al caldo è il cantiere più urgente perché è questo il principale rischio per Parigi, prima ancora delle alluvioni.

Durante le ondate di calore nel 2019 e nel 2022, il tasso di mortalità è aumentato del 21 per cento secondo Santé Publique France.«I cinquanta gradi centigradi sono una soglia psicologica. Si tratta di picchi di un’ora, da cui ci si può riparare nella metropolitana o in un museo. Ciò che è pericoloso, sono le notti tropicali, quando le temperature non scendono sotto i venti gradi», spiega Pascal Yiou, climatologo al Laboratoire des Sciences du Climat et de l'Environnement (LSCE).

A Parigi la temperatura esterna non ha mai raggiunto i 50°C. Ma secondo alcuni scenari del rapporto «Paris 50°C», consegnato al comune e alla regione a giugno 2023, e dei quali Yiou è uno degli autori, ciò potrebbe succedere entro il 2049.

Un altro clima è possibile

All’interno dei palazzi la situazione è diversa. «I tetti neri di Parigi si riscaldano rapidamente: il metallo assorbe il calore e lo trasferisce verso il basso. Se fuori ci sono 40 gradi, nelle mansarde la temperatura può toccare i 60. È necessario migliorare l'isolamento, rimuovere i tetti neri o vegetalizzarli», suggerisce lo scienziato.«Occorre ripensare la progettazione dei palazzi e reintrodurre la vegetazione in città», sostiene anche Cindy Melfort, responsabile del polo teleriscaldamento e raffreddamento al Cerema, un ente pubblico del ministero della Transizione ecologica.«Detto questo, ci saranno sempre edifici che avranno bisogno di essere raffreddati», dice l’esperta.

Come il Louvre, dove la conservazione delle opere richiede temperatura e tasso di umidità costanti. Originariamente, la rete di teleraffrescamento non era stata concepita come uno strumento di adattamento, ma come un modo per mutualizzare la climatizzazione nei quartieri d’affari.«Raffreddare significa rimuovere il calore. Per farlo esistono due soluzioni: lasciare che i sistemi autonomi si sviluppino in modo anarchico, con piccoli blocchi bianchi sulla facciata, come vediamo spesso nelle città italiane. Il problema è che si libera calore nell'aria circostante. Oppure attraverso un sistema centralizzato, che rilascia il calore in un lago o un fiume, come la Senna», dice Raphaëlle Nayral.

Dalla Senna ai Navigli

«Un simile sistema di teleraffrescamento non esiste in Italia - ammette Gabriele Nanni, responsabile dell’Osservatorio CittàClima di Legambiente – ma ci sono esempi virtuosi». Tra le grandi città, le uniche dotate di un piano di adattamento sono Bologna, Milano e Torino. Rispetto a Parigi però le differenze sono importanti.«In Italia si utilizzavano molto i drappeggi per le strade, per ombreggiare e creare fresco. Esistono soluzioni di questo tipo in chiave moderna, alcune con riferimento esplicito all’utilizzo dell’acqua», prosegue Nanni.

Piazza Gae Aulenti a Milano ne è un esempio. Nonostante si trovi nel cuore di una zona urbanizzata, «l’uso intelligente di specchi d’acqua e fontane ha avuto un effetto positivo sulla temperatura percepita».Se è vero che a Milano, il gruppo A2A, attivo nel settore del teleriscaldamento, punta su piccole reti di teleraffrescamento, questa tecnologia è marginale. Per Nanni i due grandi filoni di adattamento delle città italiane sono allagamenti e ondate di caldo; anche Roma si muove su questa direttrice.

Roma ci prova così

Legate dal gemellaggio, le due capitali non condividono le stesse vulnerabilità di fronte al cambiamento climatico. «Roma ha una conformazione diversa da Parigi: il nostro territorio è molto più grande, con aree verdi e agricole all’interno. La presenza del verde e dell’acqua riduce l’impatto del caldo», dice Edoardo Zanchini, direttore dell’Ufficio clima del Comune di Roma.Il 23 gennaio 2024, Roma presenterà il suo primo piano di adattamento. Riguardo al calore estremo, le aree più a rischio sono nell’est, dove lo sbalzo termico rispetto alla media può superare i 5°C.

«Roma ha un’altra differenza rispetto a Parigi: migliaia di ettari costruiti abusivamente; da noi la pessima urbanistica della periferia è una delle cause principali del caldo», aggiunge Zanchini.Una parte delle risorse del Pnrr sarà destinata a rimuovere l’asfalto e a riforestare la zona tra Pigneto e Tor Bella Monaca. «Un tema su cui dovremo lavorare è l’acqua depurata, che Roma non riutilizza. Potrebbe servire per vegetalizzare, creare laghetti e altre soluzioni per ridurre la temperatura», spiega Zanchini. A differenza di altre città europee, Roma non ha reti di teleriscaldamento o raffrescamento diffuse. Qui gli inverni sono miti e un sistema centralizzato non è mai stato necessario.L’ipotesi su cui sta lavorando la capitale è invece la geotermia a bassa entalpia: lo scambio di calore tra aria e sottosuolo, alimentato da elettricità rinnovabile. Per il direttore dell’ufficio Clima, «è un sistema interessante nelle aree che hanno più opportunità di riqualificazione».

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