Emmanuel Macron al suo secondo mandato da presidente francese mette il suo peso politico sulla riforma dell’Europa e la proietta in un futuro a due velocità. La doppia velocità vale anzitutto per il processo di integrazione: Macron, come ha già fatto Mario Draghi, apre alla riforma dei trattati, invoca il superamento dell’unanimità e spinge per una maggiore iniziativa dei paesi che hanno «già più intimità». Diversamente da Draghi, però, che dice di «volere l’Ucraina nell’Ue», Macron configura per l’Ucraina, come pure per altri paesi della famiglia europea, la prospettiva di una «confederazione», di una «comunità politica europea».

In questo, una sintonia tra l’Eliseo e i dintorni di palazzo Chigi c’è: combacia perfettamente con l’idea prefigurata dal segretario del Pd Enrico Letta e rilanciata anche sulla pagine di questo giornale.

Doppia velocità è anche quella, tutta politica, tra la retorica e la volontà, quando si parla di adesione dell’Ucraina: «Bisogna dire la verità», dice il presidente francese, segnalando il divario tra i due piani.

Le promesse e gli effetti

Mentre i missili da giorni piovono su Odessa, il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, si fa trovare nella città ucraina sul mar Nero nel giorno della festa dell’Europa. E lancia un messaggio: «Qui, come diceva Pushkin, è dove puoi davvero sentire l’Europa». Da quando Vladimir Putin ha aggredito l’Ucraina, le istituzioni europee hanno moltiplicato le dichiarazioni di sostegno non solo al paese e alla sua sovranità, ma alla sua adesione all’Unione europea. «Arriverà però il momento della pace», ha detto Macron, che ha la presidenza di turno del Consiglio Ue, davanti all’emiciclo di Strasburgo, durante la cerimonia conclusiva della Conferenza sul futuro dell’Europa. E allora «bisogna dire la verità». Mentre le aspettative sull’adesione di Kiev all’Ue vengono lasciate lievitare, la prospettiva realistica di ingresso dell’Ucraina nell’Unione è relegata molto avanti nel tempo. Per quanto la volontà politica possa giocare un ruolo determinante, non si entra nell’Ue da un giorno all’altro, e nessuna «procedura accelerata», come la chiama Zelensky, può scavallare l’ordinamento europeo.

C’è poi un altro aspetto: «Per l’adesione servono anni, decenni, e l’unico modo per evitare questi tempi lunghi sarebbe abbassare gli standard, quindi ripensare la nostra stessa unità e i princìpi che ci stanno a cuore». L’Ue fatica a far rispettare lo stato di diritto già tra i suoi membri, come Polonia e Ungheria; cedere sui valori comuni significherebbe compromettere la tenuta dell’Ue.

Tra Parigi, Roma e Berlino

La presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, dice di attendere con impazienza il questionario di adesione compilato da Kiev, e promette di istruire i lavori già a giugno. I governi europei, e l’Ue stessa in forma inedita, danno supporto militare all’Ucraina. A Bruxelles si fanno già piani per la ricostruzione, e si mette mano al portafogli: «Parliamo di centinaia di miliardi di euro», dice von der Leyen, che lavora al «fondo di ricostruzione con contributi dell’Ue e delle istituzioni finanziarie internazionali». Per la presidente, l’investimento «deve andare di pari passo con le riforme, Kiev è già vicina a noi». La cooperazione con l’Ucraina è infatti già intensa: l’Ue la appoggia in vari modi e nel 2014 ha siglato con Kiev un accordo di associazione.

Quando Macron lancia l’idea della confederazione, sta per andare a Berlino per la prima visita ufficiale del suo nuovo mandato. Sa che il governo tedesco sta spingendo per l’allargamento verso i Balcani occidentali, e ha bisogno di un’intesa con il cancelliere Olaf Scholz a tanti livelli; la svolta del riarmo tedesco finora ha portato nuovi acquisti all’industria militare Usa, ma anche Parigi ha i suoi colossi. L’idea di una confederazione può essere il compromesso per allargare la sfera europea senza «fragilizzare», come dice Macron, il nocciolo dell’Ue. «Nel 1989 François Mitterrand propose una confederazione europea, l’idea era troppo precoce, e Mitterrand vi associava la Russia; ma poneva un tema», dice il presidente francese. Cosa intenda Macron per «comunità politica europea», lo spiega così: «Una nuova organizzazione europea che consenta alle nazioni democratiche che si mettono sul solco dei nostri valori di trovare un nuovo spazio di cooperazione politica, di sicurezza, infrastrutturale, per la circolazione delle persone, dei giovani».

Un cerchio concentrico attorno al “cuore” di paesi che intanto devono procedere più spediti, con più ambizione. «È un primo segno che la Francia ha imparato la lezione», dice Marija Ristic, che dirige il Balkan investigative reporting network. «In precedenza Parigi è stata miope in fatto di allargamento. La guerra sta mostrando quanto l’integrazione sia importante, per sottrarre questi paesi all’influenza straniera. Penso che tanti paesi dell’area balcanica confidino in un cambio di rotta dell’Ue, e servono azioni, non dichiarazioni».

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