L’avvicinamento dei popolari europei all’estrema destra di Giorgia Meloni si fonda sul nome di Roberta Metsola. Stavolta, come futura presidente della Commissione Ue. Il piano punta al 2024 ma è già nelle discussioni del summit “privato” del Ppe in corso ad Atene, e rivela i movimenti a destra.

Metsola aveva ottime relazioni con Fratelli d’Italia già quando Manfred Weber, che guida il Ppe, ha sostenuto la sua elezione a presidente dell’Europarlamento; e proprio quel voto ha rinsaldato l’alleanza tattica tra popolari e conservatori.

Un anno dopo, l’alleanza è matura e lo “schema Metsola” diventa schema di gioco in vista delle europee 2024 e della futura guida dell’Ue.

Sul piano tattico, ha un ruolo chiave la saldatura tra Weber, Meloni e il premier greco Kyriakos Mitsotakis

I piani di Weber

Il primo racchiude ormai su di sé il doppio ruolo di capogruppo all’Europarlamento e presidente del Ppe, ha un canale di dialogo aperto da tempo con Raffaele Fitto e ha incontrato anche di recente Meloni. 

Weber era lo spitzenkandidat del Ppe alle scorse europee, ma è stato poi rimpiazzato dalla compagna di schieramento Ursula von der Leyen; i tentativi weberiani di sabotare il Green Deal che è in cima all’agenda della presidente, e di farlo votando assieme all’estrema destra, riflettono anche le tensioni tra i due.

L’aspirazione di von der Leyen a un secondo mandato non è ancora da escludere. Dunque – spiegano fonti interne al Ppe – l’idea è quella di lanciare una figura altrettanto istituzionale, cioè Metsola, nella speranza di una convergenza su questo piano alternativo. Inoltre è giovane e donna, argomento già usato da Weber come grimaldello all’epoca della corsa per la presidenza dell’Europarlamento.

La nazionalista maltese nota per le sue posizioni antiabortiste ha un forte debito politico con Weber: con il suo appoggio è riuscita prima a prevalere sull’ala rigorista del Ppe – Germania e paesi nordici guardavano a Esther de Lange – e poi a imporsi come presidente dell’Europarlamento.

Già nell’autunno del 2021 Metsola, che oggi da presidente dà man forte a Meloni su temi come quello migratorio, sciorinava i suoi buoni rapporti coi luogotenenti meloniani in Ue, e teorizzava che il cordone sanitario fosse «ormai un cordino»: la vera impossibilità di interloquire, per lei, era con la sinistra, non coi conservatori.

Il ruolo della Grecia

Meloni ha costruito l’alleanza tattica col Ppe sulle macerie del progetto di gruppone sovranista, che lei ha boicottato accrescendo così il suo potere negoziale col Ppe. Weber e Fitto hanno intensificato una cooperazione che resiste oggi, nonostante Weber sia criticato anche in patria, in Germania, per le aperture all’estrema destra italiana.

In questa intesa politica tra meloniani e popolari gioca un ruolo chiave anche il premier greco. Per Weber, da presidente del Ppe, è cruciale muoversi assieme a quei partiti nazionali come Nuova democrazia che, essendo al governo, pesano di più nella famiglia politica. Non a caso si tiene ad Atene, l’«incontro privato» dei leader del Ppe «sul futuro del partito e sulle sfide in Ue» del 2 e 3 dicembre.

Weber è in sintonia anche con Thanasis Bakolas, il segretario generale del Ppe. Fedelissimo del premier greco, è stato suo braccio destro prima di prendere le redini dell’organizzazione del partito popolare. Bakolas fa capire che è ben disposto verso Meloni, e la stessa disposizione intercorre tra la premier italiana e il suo omologo greco. 

Tanto sono fitte le interlocuzioni Meloni-Weber, quanto procede spedita l’intesa Meloni-Mitsotakis. I due si sono sentiti anche mercoledì, prima del vertice ateniese del Ppe al quale Meloni non partecipa; nel colloquio i due premier hanno «condiviso l’opportunità di rafforzare ulteriormente le relazioni bilaterali».

Perché il premier greco è così ben disposto verso FdI? I due paesi possono fare fronte comune sulla questione energetica – accadeva già con Draghi – e i due leader si danno man forte sul dossier migranti. Nei giorni delle tensioni con Parigi, la Grecia ha siglato con l’Italia la dichiarazione congiunta sul tema.

C’è poi un ulteriore dossier sul quale Meloni e Mitsotakis potranno spalleggiarsi: lo stato di diritto, o meglio le eventuali violazioni. Lo scandalo delle intercettazioni in Grecia travolge il premier e gli rivolge contro l’Europarlamento. Come ha detto a Domani l’eurodeputato meloniano Nicola Procaccini, «prima o poi ci sarà sicuramente qualcuno che invocherà la violazione dello stato di diritto per l’Italia, come verso Svezia o Grecia». Questa è un’ulteriore ragione per un fronte comune.

La cifra di Metsola

Inoltre, sia FdI che Mitsotakis puntano sui rapporti con Washington e sul sostegno a Kiev per rafforzare immagine e rapporti. Non a caso Bakolas annovera proprio la posizione filo Nato come criterio dirimente per le interlocuzioni col campo conservatore. Qui torna rilevante il nome di Metsola.

Attualmente, infatti, una complicazione nel dialogo tra Ppe ed Ecr sta nella presenza di forze in competizione tra loro: con Meloni ci sono gli ultraconservatori polacchi al governo, il Pis. Nel Ppe c’è Platforma Obywatelska, il centrodestra di Tusk all’opposizione in Polonia.

Metsola può giocare una carta gradita a entrambi: se c’è una cosa sulla quale governo e opposizione convergono, a Varsavia, è la posizione pro-Ucraina. E chi più di Metsola ne fa una bandiera politica, oltre a Meloni? Negli ultimi mesi, la presidente dell’Europarlamento esibisce parole dure contro Mosca e posizioni esplicite per un corposo sostegno militare a Kiev. 

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