Ursula von der Leyen non si schioda dalla poltrona di presidente della Commissione europea. La sua famiglia popolare gioca di sponda con l’estrema destra. E il centrosinistra che fa?

Per le elezioni di giugno, il partito socialista europeo è alla ricerca disperata di un elisir di giovinezza, proprio come Nicolas Schmit, consacrato questo sabato alla Nuvola come candidato di punta (Spitzenkandidat). Settantenne con più di mezzo secolo di attività politica alle spalle, e commissario in carica, nel congresso romano per pronunciare il suo discorso di nomina aveva una sfilza di giovani alle spalle, come a fargli da coreografia.

«Non vogliamo ambiguità, né cooperazioni coi Conservatori! Quel che succede in Italia ci mostra bene quanto sia rischioso normalizzare l’estrema destra!». Ma è soprattutto quando Schmit dice che «a Pisa si reprime la libertà dei nostri giovani di manifestare in sicurezza», che scatta uno scroscio di applausi come non se n’erano sentiti in tutta la giornata.

I socialisti provano a riaccendere i fuochi sopiti: c’è “Bella ciao” che suona in chiusura, e poi ci sono quelle due parole ripetute dalla segretaria dem, dalla capogruppo socialista all’Europarlamento Iratxe García Pérez, dal premier portoghese António Costa e da Schmit stesso: «Compagne e compagni».

Come un concerto nel quale i grandi nomi sono lasciati a chiusura di serata, il congresso socialista di questo sabatoandrebbe letto dal finale. L’ultimo intervento era quello di Elly Schlein, che ha raccolto le benedizioni seminate nei suoi riguardi dagli altri leader, Olaf Scholz e Pedro Sánchez compresi. «Cara Elly, il cambiamento già è iniziato in Sardegna e il passo successivo sarà la vittoria del Pd alle europee», le ha augurato la capogruppo García Pérez. Schlein si è incaricata di elencare le ragioni per le quali Meloni dovrebbe essere politicamente indigesta anche in Ue, e di costruire speranze.

Ma dietro gli entusiasmi da lancio di campagna, questo del 2024 è stato anche un congresso a tinte buie. Mai come prima il tema della guerra e del pericoloso crinale globale ha dominato gli interventi. Inoltre, nei fatti, i socialisti giocano in difesa: già da un po’ d’anni hanno dovuto digerire in Europarlamento le derive destrorse del Ppe, e nel 2022 hanno votato una presidente del Ppe assieme ai Conservatori. Non avendo strategia d’attacco come fronte progressista, non resta loro che sperare che i popolari non facciano troppi scherzi. C’è il rischio assai concreto che questa debolezza si rifletta nelle nomine di dopo giugno, salvo sorprese come un António Costa alla presidenza del Consiglio europeo.

Campagna di guerra

Tra le caratteristiche inedite di questo congresso – rispetto alle europee 2019 – c’è la pervasività dei riferimenti bellici.

Mentre i popolari e von der Leyen fanno campagna promettendo più fondi pubblici europei all’industria delle armi, anche tra i socialisti l’idea pare benvenuta. «Il mio principale messaggio qui – ha detto la premier danese Mette Frederiksen – è che la guerra in Ucraina non si vince con le parole: dobbiamo aumentare il supporto militare». Ovviamente il mondo socialista è variegato, e Frederiksen è falco; questa settimana è andata pure dichiarando che per aumentare la spesa in difesa bisogna tagliare quella in welfare.

Olaf Scholz non arriva a contraddire così il dna di un’Europa sociale, ma ha confermato questo sabato che «bisogna investire di più in difesa». Del resto, assieme alla Francia di Macron, la Germania è tra i pochi paesi europei con grandi colossi del settore e che beneficiano dei fondi Ue dedicati. «Serve una industria militare europea forte, è una delle principali cose da fare dopo le elezioni» per Scholz.

Al cancelliere tedesco si è agganciata Schlein, non per parlare di spese all’industria – anzi ha insistito su scuola e sanità – ma per precisare che «come ha detto anche il cancelliere non abbiamo intenzione di mandare truppe in Ucraina». La segretaria dem è pure tra i leader che hanno pronunciato parole più nitide contro il massacro di civili a Gaza: «Quel che sta accadendo non è accettabile. Da subito abbiamo condannato la brutalità di Hamas del 7 ottobre, ma ciò non giustifica quella contro il popolo palestinese».

Pure lo Spitzenkandidat ha tuonato contro «questo governo Netanyahu di estrema destra, che era pronto a far fuori la democrazia e che ha sabotato il processo di pace».

Salario minimo socialista

Schmit non è un candidato di rottura ma di compromesso. Con un bis della sua attuale presidente, lui punta al bis da commissario e soprattutto a puntellare l’azione europea con qualche intervento nell’ambito sociale. «In questo mandato con Gentiloni durante la pandemia abbiamo salvato posti di lavoro, abbiamo lanciato un inedito piano di ristoro, e con Timmermans abbiamo disegnato il Green Deal; serve un piano verde dal cuore rosso!». Soprattutto Schmit può vantare la direttiva sul salario minimo.

E su questo punto, la sua Europa che sarà si intreccia con la prospettiva schleiniana: «Prendete l’Italia, dove Meloni e il suo governo di estrema destra si oppongono al salario minimo!», ha detto lui. E lei ha preso la palla al balzo: «L’estrema destra di Meloni sono quelli che bloccano il salario minimo, e che invece di andar contro la povertà vanno contro i poveri!».

L’intervento di Schlein è anche quello più compiuto sul fronte dell’orizzonte europeista: dal palco della Nuvola, oltre a invocare il superamento dell’unanimità, ha scandito bene i riferimenti al manifesto di Ventotene e alla sua storia personale «da federalista», ha detto che bisogna «dare continuità a Next Generation Eu» e che serve un bilancio comune più forte. Ora il punto sarà arrivare al dopo giugno con la possibilità di dare le carte.

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