Il 25 novembre il presidente francese, Emmanuel Macron, sarà a Roma per la firma del Trattato del Quirinale, il documento ideato durante la presidenza di Paolo Gentiloni per realizzare le basi di una collaborazione più stretta tra Roma e Parigi. La trattativa è stata messa da parte durante il Conte I e poi ripresa durante il Conte II e il governo Draghi.

La chiusura dell’accordo arriva in una situazione geopolitica particolarmente favorevole alla fioritura del rapporto italofrancese: la vacanza di Berlino.

Sospesa in una fase transitoria tra la fine dell’era Merkel e l’insediamento del nuovo governo, la centralità europea della Germania è temporaneamente depotenziata rispetto agli ultimi sedici anni. Firmare ora l’equivalente latino del Trattato dell’Eliseo, siglato nel 1963 da Charles De Gaulle e Konrad Adenauer, significa per Parigi e Roma rafforzare un legame sullo sfondo di forze disgregatrici dell’Europa.

Una storia travagliata

Nei desideri dei due paesi, soprattutto dell’Italia, dovrebbe ricalcare il rapporto preferenziale tra Germania e Francia, che hanno gestito tutti i dossier più importanti in Europa. Il trattato è stato uno delle prime priorità segnalate da Draghi fin dall’inizio per il suo governo.

La trattativa fino a quel momento era andata a rilento: dopo i primi contatti nel 2018, l’opposizione della maggioranza gialloverde (e la visita di Luigi Di Maio, allora ministro del Lavoro e dello sviluppo economico, ai gilet gialli in protesta nelle città francesi) aveva bloccato i lavori, ripresi solo nel 2020. Certamente Draghi ha impresso un’accelerazione allo sviluppo del progetto: i rapporti erano stati rilanciati dal vertice italofrancese di Napoli di febbraio 2020 dove il padrone di casa era ancora Conte, ma la visita della scorsa estate del presidente della Repubblica Sergio Mattarella a Parigi e gli stretti contatti tra Draghi e Macron hanno accelerato la chiusura dell’accordo politico.

Un primo passo

France's President Emmanuel Macron and French first lady Brigitte Macron pose during a visit to meet France's men and women national rugby union teams at their training centre in Marcoussis, south Paris Monday Nov. 15, 2021. (Ludovic Marin, Pool Photo via AP)

Nel merito, il testo crea una prima base per incardinare rapporto stretto tra i due paesi, ma è ancora lontano dalla solidità del legame tra Germania e Francia, cementato dal Trattato di Aquisgrana.

Nel 2019 Berlino e Parigi si sono dotati di un accordo che si dipana lungo tre direttrici, quella militare, quella che riguarda la politica estera e quella economica. In tutti e tre gli ambiti si propongono visioni comuni che prevedono soluzioni elaborate da organismi composti da membri tedeschi e francesi. Mentre la Francia vorrebbe applicare questo tipo di approccio anche al nuovo trattato con l’Italia, Roma punta su progetti e iniziative settoriali. L’accordo alla fine si è trovato a metà strada, ma il documento che Macron verrà a firmare a fine mese dà anche spunti per il futuro.

Se in Germania nella trattativa per la formazione del governo dovessero imporsi i liberali alla guida del ministero delle Finanze, la trattativa per le modifiche al patto di stabilità in programma per l’anno prossimo potrebbe vedere lo scontro tra i falchi nordici e i paesi mediterranei: l’alleanza tra Roma e Parigi potrebbe rappresentare in quel caso l’asse anti austerità, spalleggiato dagli altri membri dell’Europa del sud.

Un’altra lettura, non per forza alternativa, è quella di un rafforzamento dell’alleanza a tre tra Roma, Parigi e Berlino. Ora che i tre paesi più importanti dell’Unione sono dotati di trattati bilaterali che assicurano prospettive comuni, una delle conseguenze che diventano più plausibili è quella di “chiudere il triangolo”. I legami economici sono già un passo avanti: le tre confindustrie si incontrano una volta l’anno dal 2019 e i tre paesi sono legati da legami commerciali strettissimi.

Chiudere il triangolo

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Anche sul piano della diplomazia parlamentare ci sono contatti, soprattutto tra le Commissioni esteri, ora sospesi soltanto in attesa dell’insediamento del nuovo organismo tedesco. Stesso discorso per la diplomazia: la Conferenza sulla Libia è copresieduta da Roma, Berlino e Parigi.

Per i sostenitori di questa linea, si tratterebbe quindi soltanto di unire i puntini. Per ora resta il prestigio che Macron ottiene rinsaldando un asse alternativo a quello con Berlino in una fase in cui l’alleato tedesco può sostenerlo solo fino a un certo punto.

Berlino guarderà molto vicino la campagna elettorale francese del prossimo anno. L’Italia vuole giocare nello stesso campionato e l’intervento di Draghi è stato positivo per il presidente francese: Aquisgrana è lontana, ma il primo passo è stato fatto.

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