Una iniziativa in ogni regione, con incontri e dibattiti che si svolgeranno in contemporanea in tutta Italia per raccontare un anno di risultati. Questa “L’Italia vincente”, la due giorni (rinviata di una settimana per via della morte di Giorgio Napolitano) voluta dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni che forse intende così tastare il polso sulla forza del suo partito in vista delle Europee. La leader poi si collegherà dalla convention di Roma con tutte le feste regionali per il discorso conclusivo.
La due giorni di Meloni assume un significato forse ben più importante se si riferisce a quanto sta avvenendo in Sicilia dove al momento il segretario della nuova Dc, Totò Cuffaro “Vasa vasa” chiama e Renato Schifani, il governatore, risponde.

In uno scenario che continua ad avere contorni più chiari su quella unione di centro con cui il governatore di Sicilia mira a fare la scalata alla segreteria di Forza Italia per poi proporsi con maggiore valenza nell’alleanza con Fdl e Lega.

Gli alleati in Sicilia non sembrano però intenzionati a stare con le mani in mano e preparano le contromosse anche se il partito siciliano di Meloni appare diviso in troppe correnti per tentare di fermare la corsa del governatore. 
Si profilano così mesi di scontri e pressioni che già si stanno delineando con le prese di distanza del gruppo parlamentare Fdl all’Assemblea regionale siciliana, critico sulla maggior parte delle decisioni del governo: dalle nomine dei manager della sanità a quelle per i commissari dei consorzi universitari. Una contrapposizione, tuttavia, finora poco efficace. Forse è proprio questa carente incisività ad aver spinto FdI a organizzare in Sicilia due eventi, uno a Catania e l’altro a Palermo.

Equilibri precari

Ma il governatore e Cuffaro non sembrano preoccuparsi più di tanto dalla reazione degli alleati e men che meno dalla imminente prova di forza di Meloni che per la festa siciliana ha disposto la presenza dei ministri Nello Musumeci e Adolfo Urso.

In questo contesto l’unica variabile che potrebbe scompaginare le carte sulle mire di Schifani potrebbe essere quella di uno dei tre soprannominati caballeros della politica isolana, quel Raffaele Lombardo padre putativo del Movimento per l’autonomia.

Lombardo, pur essendosi detto favorevole alla possibile idea di un nuovo Centro presentato da Schifani e da Forza Italia, sembra ancora  starsene in disparte per poi decidere cosa fare al momento opportuno. Un atteggiamento che se da un lato potrebbe spingere Lombardo alla unione con Schifani, se mai dovesse davvero candidarsi alle Europee, dall’altro lo fa restare nel vago e a mantenere ottimi rapporti con molti esponenti di Fdl.

In effetti se Schifani, Cuffaro e Lombardo dovessero allearsi, la strada Meloni in Sicilia sarebbe in salita. Oggi proprio questi tre esponenti politici possono essere considerati come un classico che non passa di moda e che ritorna a far echeggiare i fasti del passato, quando la Dc di don Sturzo dominava in lungo e in largo la Trinacria davanti allo spauracchio dei comunisti oggi ridotti sull’isola a una sparuta pattuglia. Tre giovin signori, che nell’attuale vuoto politico siciliano, stanno già dettando le carte dei nuovi scenari di cambiamento.

Meloni teme Cuffaro

Fratelli d’Italia sembrerebbe non tollerare proprio questo fitto rapporto tra caballeros. Per questo a Catania, vero ago della bilancia degli assetti futuri della politica siciliana, Meloni ha inviato due suoi membri di governo: Musumeci, alla Protezione civile, e Adolfo Urso, a capo del dicastro del Made in Italy (mentre Palermo vedrà la presenza dei ministri Raffaele Fitto ed Eugenia Roccella).

La città dell’Elefante è una piazza importante per i meloniani, per tastare il polso delle alleanze future in Sicilia e quello della leadership isolana. Nella città di Verga, Cuffaro e Forza Italia valgono insieme quasi il 19 per cento. Se a questa percentuale dovesse aggiungersi la consistenza del Mpa di Lombardo il dato si aggirerebbe sul 36 per cento.

A Catania quindi ci saranno molti esponenti di spessore del panorama siciliano, non ultimo il sindaco della città, Enrico Trantino, figlio del principe del foro siciliano, Enzo Trantino, più volte sottosegretario nella Prima repubblica,  il coordinatore regionale Sicilia orientale Salvo Pogliese e il presidente dell’Ars, Gaetano Galvagno.
C’è un solo particolare che forse anticipa le mosse future.  Anche nella città sotto l’Etna non ci sarà alcun invitato esterno, né il governatore Schifani, né il suo vice Luca Sammartino, pupillo di Salvini in terra sicula, anche lui catanese e soprannominato “mister preferenze” alle scorse regionali per il numero di suffragi ottenuti, né Lombardo né Cuffaro.

A Catania poi è da interpretare l’assenza del presidente del Senato, Ignazio La Russa, vero capo cordata di Fdl in Sicilia e soprattutto a Catania. Fu tra quelli che volle Schifani  candidato presidente. La sua mancanza in Sicilia vuol dire qualcosa? Il tempo lo dirà. 

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