Il giorno dopo la doppia debacle sovranista, la destra italiana è entrata in modalità contenimento dei danni. La mediazione di Meloni sull’immigrazione con i capi di governo di Ungheria e Polonia è stata un buco nell’acqua? «Colpa dell’Europa, non della premier», è la linea che diffondono i suoi. Anzi: per l’Italia è un passo avanti, poiché il governo è stato centrale e ha condotto le trattative. Poco importa se Scholz, Macron e Rutte l’hanno spedita a interloquire con gli intrattabili sovranisti del’Europa orientale sapendo perfettamente che la premier italiana sarebbe andata a schiantarsi. 

Stessa linea sul rinvio della ratifica sul Mes. La maggioranza si è limitata a calciare il barattolo quattro mesi più in là? Che fortuna «non ne sentiremo più parlare fino a novembre», scrivono i quotidiani amici. A microfoni spenti, però, i parlamentari sono tutti sicuri sull’esito di questa saga. Come sempre fino ad oggi, la spunteranno i moderati. I Giorgetti e i Fitto che prima hanno fatto recapitare al parlamento un documento tecnico in cui smentiscono anni di propaganda sovranista sul Mes e in questi giorni hanno spinto per un rinvio del voto il più vicino possibile.

Sovranismo, addio

In altre parole, questa settimana l’internazionale sovranista si è rivelata per la bufala che è sempre stata, mentre la coalizione sovranista italiana ha dimostrato che con i malefici “euroburocrati” ci convive benissimo quando pensa che gli possa convenire.

Il primo funerale era quello più scontato. È la geografia a rendere impossibile il campo largo con polacchi e ungheresi che i sovranisti nostrani vagheggiano da anni. L’Italia non può chiudere ermeticamente le sue coste ed è destinata a essere un paese di prima accoglienza per coloro che cerca di attraversare il Mediterraneo. Per questo avrà sempre bisogno di condividere i costi della gestione dei flussi con il resto d’Europa. I governi di Polonia e Ungheria, invece, hanno sigillato i loro confini e ora prometono ai loro elettori una politica di zero stranieri. Non basta certo la richiesta accorata di un presunto “alleato” per fargli cambiare questa chiave di volta della loro politica interna.

Lo scontro europeo mette anche la parola “fine”, se ce ne fosse stato bisogno, all’idea di cambiare radicalmente l’assetto europeo dopo le prossime elezioni: il sogno meloniano di costruire una nuova coalizione tra popolari, liberali e conservatori (al posto dei socialisti). L’idea è sempre stata più un argomento da talk show che una strada politica realmente percorribile.

Mancano i numeri e manca la concordia politica. Il Ppe del tedesco Manfred Weber non vede l’ora di allearsi con la destra più retriva, ma i liberali non vogliono saperne. Portare il filorusso Orban nella maggioranza che contribuirà a scegliere la prossima Commissione? Al momento impensabile. Stesso dicasi per il governo polacco, sotto procedura per la violazione dello stato di diritto. Dopo venerdì, la stessa Meloni probabilmente ha chiaro di quanto problematico sarebbe governare l’Europa insieme a loro.

Meloni al centro

L’internazionale sovranista è morta e a Roma Meloni sostiene i suoi ministri più filoeuropei contro Salvini, che alla disperata ricerca di uno spazio politico da occupare si è nuovamente incaponito nella sua battaglia contro il Mes. Ma nonostante la voce grossa, ancora ieri Salvini annunciava che il Mes non si deve approvare «né ora né in futuro», il leader leghista fino ad ora ha perso tutte le sue battaglia.

Non è riuscito a tenere il suo ministro dell’Economia, Giorgetti, sotto controllo, non è riuscito a portare la ratifica in aula per farla bocciare, ne a rinviarla sine die. A detta dei suoi stessi parlamentari, quando il provvedimento tornerà in aula, sarà costretto a farselo andare bene, magari uscendo dall’aula al momento del voto. 

Mentre Salvini si dibatte cercando di resuscitare il sovranismo che gli aveva portato tanta fortuna ormai dieci anni fa, Meloni prosegue la sua marcia verso il centro. Perdere per strada polacchi e ungheresi significa infatti trovarsi più vicina al Ppe. La scomparsa di Berlusconi e la probabile scomparsa di Forza Italia le spianano la strada verso il gruppo più grande dell’Europarlamento.

Anche perché sul resto dei dossier euroei Meloni sta contiuando a guadagnare punti agli occhi delle istituzioni europee. La Commissione sta tenendo ferma la terza rata del Pnrr ormai da 5 mesi e la quarta inizia già ad essere in ritardo di due giorni. Eppure, non una parola critica è arrivata dalla premier – se non qualche frecciatina al governo Draghi. Se il suo consenso inizasse a calare e i suoi rivali leghisti a crescere, forse Meloni avrebbe ragioni di ripensare le sue strategie. Ma per il momento, i sondaggi reggono. Il funerale del sovranismo, per lei, si sta rivelando un’ottima occasione

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