L’ex commissario Domenico Arcuri è stato interrogato sabato scorso in gran segreto dai pm della procura di Roma. Il presidente di Invitalia è infatti indagato per peculato e abuso d’ufficio, in merito all’inchiesta sulla maxi-fornitura da 1,25 miliardi di euro per l’acquisto di milioni di mascherine cinesi da parte della struttura commissariale per l’emergenza Covid.

Un’operazione che avrebbe arricchito una presunta cricca di imprenditori, capitanata dall’ex giornalista della Rai Mario Benotti, che ha incassato provvigioni milionarie attraverso una intermediazione con aziende cinesi che i pm considerano illecita. Benotti, insieme all’ingegnere milanese Andrea Tommasi e al suo socio (il banchiere di San Marino Daniele Guidi) e al trader ecuadoregno Jeorge Solinas come è noto sono infatti tutti indagati per traffico di influenze illecite e frode.

Arcuri, secondo le accuse della procura, non sarebbe solo un alto dirigente dello stato trafficato a sua insaputa, ma potrebbe aver favorito consapevolmente Benotti (i due si conoscevano da tempo) consentendogli di fare business a sei zeri in maniera illegittima. Il presunto peculato commesso dall’ex commissario è infatti collegato alla mega ricompensa da 11 milioni che Benotti ha poi ottenuto per la sua intermediazione a danno del committente pubblico. Anche l’ex braccio destro di Arcuri, Antonio Fabbrocioni, risulta a Domani essere indagato per peculato (ma non per abuso d’ufficio).

I nomi dei due ex capi della struttura anti-Covid oggi guidata dal generale Francesco Figliuolo sono spuntati anche da un altro filone d’inchiesta sulla compravendita di mascherine, quello che coinvolge Luca Di Donna, fedelissimo dell’allora premier Giuseppe Conte e anche lui indagato per traffico di influenze. Non risulta che i magistrati romani abbiano però rivolto domande ad Arcuri sui rapporti con l’avvocato dello studio Alpa.

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