L’autonomia differenziata prima di tutto, senza attendere qualsiasi altra riforma. La Lega, sul dossier, non vuole arretrare di un centimetro, anche perché le elezioni regionali in Lombardia sono dietro l’angolo e la competizione con gli altri partiti di centrodestra è aspra. A cominciare proprio da Fratelli d’Italia. La campagna elettorale di questo mese alimenta la tensione sul fronte delle riforme. È questa la sintesi delle ultime ore. Con un obiettivo chiaro da parte di Matteo Salvini: portare a casa il massimo, nonostante sia fallito il blitz immaginato dal ministro per gli Affari regionali e dell’autonomia, Roberto Calderoli. La Lega vuole comunque tirare dritto e per questo motivo ha affidato principalmente il dossier tra le mani di Calderoli, ben determinato a portare avanti la riforma e capace di unire il vecchio Carroccio di Umberto Bossi con il partito di Salvini.

Spinta autonomista

Del resto il navigato senatore è il trait d’union tra il passato e il presente del partito. L’incontro di martedì tra la delegazione leghista e la ministra delle Riforme, Elisabetta Casellati, è stato interlocutorio, per non dire superfluo come riferiscono le indiscrezioni.

Proprio Calderoli ha spostato il focus del vertice: «È una giornata dedicata al presidenzialismo, non ci sono altri argomenti». Così sono stati passati in rassegna i modelli presidenziali da mettere sul tavolo per cercare un dialogo con le opposizioni, visto che nei prossimi giorni Casellati ha in agenda una serie di incontri: si parte da quello di mercoledì con Noi Moderati di Maurizio Lupi per proseguire con il terzo polo di Carlo Calenda e Matteo Renzi.

La prossima settimana a sedersi al tavolo saranno Movimento 5 stelle e Partito democratico, salvo ripensamenti. Resta l’esito deludente del confronto tra la ministra e i rappresentanti della Lega. ù

Il capogruppo alla Camera, Riccardo Molinari, in accordo con l’omologo al Senato, Massimiliano Romeo, hanno ribadito la linea: «Secondo noi l’autonomia viene prima perché ha un percorso più semplice».

Non c'è la volontà di attendere il presidenzialismo, come vorrebbe fare la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, sostenuta dal suo partito Fratelli d’Italia.

Certo, prima del voto in Lombardia è impossibile un via libera definitivo all’autonomia, ma Salvini vuole sfruttare la caparbietà di Calderoli e piantare un paletto. L’aria che tira non cambia, anzi peggiora: è densa di reciproci sospetti.

Timori al sud

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La convinzione dei vertici di FdI è che la riforma, per quanto possa cercare un punto di equilibrio ed essere raccontata con dovizia di dettagli, verrà vissuta con preoccupazione dall’elettorato del sud, favorendo l’offensiva dei Cinque stelle.

La senatrice del M5s, Vincenza Aloisio, non ha perso l’occasione per ribadire la linea scandita dal presidente Giuseppe Conte: «Il sud sarà ancora più penalizzato dalla linea leghista del governo». La strategia di Meloni è di proseguire con cautela.

In mezzo alla disputa resta Forza Italia, che sul dossier è destinata a essere il junior partner della coalizione, nonostante Silvio Berlusconi reclami spazio e visibilità. Dalle parti degli azzurri c’è chi fa notare come «Meloni voglia evitare la trappola dell’approvazione dell’autonomia differenziata, senza avere in tasca una riforma costituzionale, che sia presidenzialismo o altro».

Dove per “altro” si intende l’eventuale premierato, declinato nel sindaco d’Italia, molto caro al terzo polo, in primis Matteo Renzi. Lo scenario che Fratelli d’Italia vuole scongiurare è il via libera all’autonomia seguito dall’eventuale affossamento del presidenzialismo e della legge sui poteri alla città Roma.

Province riaperte

Un altro capitolo, ormai riaperto, riguarda quello delle province, destinate a tornare in pista: è stata archiviata la tentazione dell’abolizione. Dopo le varie proposte di legge depositate in parlamento, il governo mira a una sintesi tra le idee messe in campo dai partiti di maggioranza e illustrare un’iniziativa organica.

Calderoli, nella giornata di mercoledì, parlerà con un interlocutore privilegiato: l’Unione delle province d’Italia. Durante la riunione del comitato direttivo dell’Upi, il ministro spiegherà il progetto dell’esecutivo.

Musica per le orecchie dei rappresentanti degli enti. «È la prima volta che un ministro accetta di intervenire ai lavori del nostro Comitato direttivo», dice il presidente dell’Unione, Michele de Pascale, parlando di «occasione davvero importante per confrontarci e trovare la strada per portare finalmente a termine il processo di riconoscimento e valorizzazione delle province».

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