Il leader di Azione Carlo Calenda annuncia la fine del terzo polo. «Il progetto del partito unico è definitivamente morto». Calenda annulla anche la riunione che i suoi fedelissimi avevano proposto per oggi pomeriggio per provare un ultimo tentativo di conciliazione. «No non si fa, non c'è il clima giusto».

Nel frattempo regna la confusione. Mentre Calenda annunciava la fine del progetto, i dirigenti di Azione e Italia viva erano in riunione al Senato per trovare una soluzione. Cosa accadrà adesso resta poco chiaro.

Il precipizio

Dopo giorni di scontritra i dirigenti dei due partiti, la situazione è precipitata ieri sera quando la riunione che avrebbe dovuto portare a una tregua si è conclusa con un nulla di fatto. Tre ore di discussione su un documento presentato da Azione e che delineava il percorso verso il congresso che porterà alla fusione dei due partiti non sono state sufficienti a trovare un accordo.

Al mattino, la bomba. Sulla Stampa compare un retroscena in cui Renzi definisce assurde le richieste pesentate da Calenda nel documento. «Carlo è pazzo, ha sbagliato il dosaggio delle pillole», viene attribuito al leader di Italia viva. Calenda legge l’articolo e commenta su Twitter: «Questa volta lo #staisereno non ha funzionato. Fine».

Poco dopo, il braccio destro di Calenda, il senatore Matteo Richetti, apre un ultimo spiraglio di trattativa. «Ultimo incontro oggi. O si chiude o stop a questo stillicidio». Ma poco dopo, Calenda ha annullato l’incontro.

Lo scontro

I dettagli su quello che ha fatto precipitare la situazione ieri sera sono ancora poco chiari. Fino alle 18.30 di mercoledì l’accordo sembrava raggiunto. Renzi e Maria Elena Boschi avevano entrambi detto che Italia viva era pronta a votare il testo che delineava i passaggi verso il partito unico. Ma a quanto sembra, Calenda ha presentato un documento con regole molto più stringenti di quanto gli alleati si aspettassero.

In particolare, Calenda chiede che Italia viva voti il suo scioglimento subito, già alla partenza del congresso tra i due partiti, il prossimo 10 giugno, ma è disposto a concedere che questa decisione abbia effetto solo nel 2024. Italia viva invece è disposta ad votare lo scioglimento solo dopo l’elezione del futuro segretario del partito unico, cioè ad ottobre.

Altre novità che avrebbero irritato i renziani: la richiesta di conferire immediatamente al partito unico il 70 per cento dei fondi ottenuti dai due partiti e la richiesta che alle cariche ufficiali del partito si applichino le stesse regole etiche del parlamento europeo, il che terrebbe fuori Renzi per via della sua attività di conferenziere per il regime saudita. Infine, Italia viva sostiene che Calenda abbia chiesto lo stop alla Leopolda, la convention annuale che Renzi organizza a Firenze. Condizione inaccettabile, ha ripetuto Renzi questa mattina: «Dire che non può essere più fatta la Leopolda non ha senso».

Clima esasperato

A parte Calenda, da Azione non parla nessuno. Il partito sembra nell’imbarazzo. Mariastella Gelmini e Mara Carfagna, tra le più importanti dirigenti del partito, si sono espresse ieri solo per negare le voci che le vorrebbero di rientro in Forza Italia. A parte questo, nessuna solidarietà al leader.

Nel frattempo, da Italia viva, tutti a partire da Renzi assicurano che per loro il percorso con Azione può e deve procedere. «Ieri Azione ha presentato un documento, a noi va bene con piccole modifiche assolutamente accettabili – ha scritto Renzi questa mattina – Le abbiamo pubblicate: i vecchi partiti si sciolgono con l'elezione del Segretario nazionale del partito unico. Se Calenda ci sta, noi firmiamo».

Le parole di Calenda sulla fine del percorso congiunto sembrano definitive, ma dopo tutti i rivolgimenti di questi giorni, qualsiasi esito sembra ancora possibile.

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