I rapporti tra Azione e Italia viva sembrano ormai definitivamente compromessi. Dopo una mattinata di scontri senza precedenti tra i dirigenti delle due formazioni centriste, fonti di Azione dettano le condizioni per proseguire il percorso verso il partito unico: Renzi deve assicurare che intende sciogliere Italia viva dopo il congresso congiunto.

Nel frattempo, almeno ufficialmente, i leader buttano acqua sul fuoco. «Rottura? Ma figuriamoci», dice Carlo Calenda. E poco dopo gli fa eco Maria Elena Boschi. Ma ormai in pochi sono disposti a scommettere sul futuro a lungo termine del terzo polo. Troppo grande la distanza tra Renzi e Calenda, troppo poca la fiducia tra i due, troppo tenui i vantaggi a restare ancora insieme.

Casus belli

L’ultimo incidente tra le due formazioni centriste è scoppiato ieri mattina quando un anonimo dirigente di Azione ha riferito all’Ansa una lunga lista di critiche al leader di Italia viva: Renzi sta facendo di tutto per sabotare la fusione tra i due partiti, bada più ai suoi affari che alle attività del terzo polo mentre Azione si carica il peso maggiore, anche finanziario, dell’attività politica. Per questo «la pazienza del gruppo dirigente di Azione si è esaurita». Se non arriveranno presto chiarimenti «il partito unico non potrà nascere».

Le tensioni sul percorso di unificazione che dovrebbe partire il prossimo 10 giugno erano note da tempo, alimentate dai cattivi risultati elettorali e dalle ingombranti personalità dei due leader, ma prima di ieri lo scontro non era mai arrivato a questi livelli.

I dirigenti di Italia Viva interpellati da Domani non si spiegano l’improvviso aumento della tensione. «Cadiamo dal pero – commenta una fonte autorevole – Calenda sta facendo tutto da solo». E si affrettano a respingere le critiche più puntuali mosse dall’anonimo calendiano. «Italia Viva ha contribuito in modo paritetico rispetto ad Azione a tutte le campagne elettorali del terzo polo», dice il deputato Francesco Bonifazi, tesoriere di Italia Viva.

Fonti del partito si spingono ad ipotizzare altre ragioni per quello che definiscono maliziosamente il «nervosismo» di Calenda. La possibilità, ad esempio, che al congresso del futuro partito unico possa trovarsi ad affrontare un candidato ufficiale di Iv come il deputato Luigi Marattin, molto popolare anche tra gli elettori di Azione. Oppure il fatto che qualche fuoriuscito di Forza Italia starebbe meditando un possibile ritorno alla casa madre ora che la potente senatrice Licia Ronzulli è stata messa da parte.

Una questione personale

Di certo c’è che di ragioni politiche dividersi ce ne sono poche. Tra i due partiti il programma è condiviso, il modo di fare opposizione anche. In teoria anche su chi deve comandare non ci sarebbero dubbi: il ruolo spetta a Calenda.

Ma i dirigenti di Azione sono sicuri che Renzi punta a logorarne la leadership. Descrivono il processo di fusione tra i due partiti come un lento stillicidio di riunioni rimandate, ritardi e scuse. Con un obiettivo fondamentale: «Renzi non vuole sciogliere Italia Viva – dice un importante dirigente di Azione – Vuole arrivare alle elezioni europee con una federazione composta di soggetti separati, così da tenersi le mani libere».

Lo spazio politico che sembra essersi aperto a causa del declino della salute di Silvio Berlusconi avrebbe aggiunto benzina sul fuoco, con Renzi che sarebbe pronto a lasciare Calenda se qualcosa dovesse nascere dalle ceneri di una morente Forza Italia.

Un rapporto avvelenato

Considerazioni tattiche a parte, quella tra Renzi e Calenda è una relazione avvelenata ormai anche sul piano umano. La decisione di Renzi di assumere la direzione del quotidiano Il Riformista, anticipata all’alleato soltanto di qualche ora, sembra aver avuto un ruolo importante nell’escalation di queste ore.

Calenda non gradirebbe nemmeno l’attività di conferenziere per il regime saudita di Renzi, che ha contribuito all’incremento dei suoi redditi dichiarati, dai 29mila euro del 2017 ai 2,5 milioni del 2021.

Da Azione dicono che la questione potrebbe ancora risolversi: basterebbe che Renzi annunciasse che in seguito al congresso scioglierà definitivamente Italia viva. In caso contrario, Calenda ritiene comunque di avere in mano le carte migliori. Il 7-8 per cento che i sondaggi attribuiscono al terzo polo deriva dai suoi consensi personali e Renzi avrebbe tutto da perdere ad andare allo scontro.

Nonostante le tensioni di queste ore, però, per il momento nessuno sembra volersi assumere lo scomodo ruolo di andare di fronte ai (pochi) elettori centristi per dirgli che il progetto di partito unico è fallito. Tenerlo davvero in piedi, però, è tutt’un altro paio di maniche.

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