La questione forse doveva apparire chiara quando il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, ha annunciato il nome del suo capo di gabinetto.

Albino Ruberti è l’uomo dei grandi eventi romani, cioè uno dei pochi capitoli per cui sono stati assicurati finanziamenti alla capitale privata di risorse negli ultimi vent’anni.

È stato per sedici anni, dal 1998 al 2014, amministratore delegato di Zetema, la società del comune di Roma che si occupa della valorizzazione dei beni artistici e dei musei capitolini. E contemporaneamente, dal 2006 al 2015, è stato amministratore delegato di Civita cultura srl, società nata dall’associazione Civita di cui è membro anche Gianni Letta, che si occupa di mostre e gestione di eventi culturali.

Soldi ed eventi

Dal 2017, con Nicola Zingaretti al secondo mandato alla guida della regione Lazio, Ruberti ha guidato la società regionale Lazio crea per poi diventare, da marzo 2018, capo di gabinetto del presidente, suscitando polemiche per non avere una laurea in tasca e facendo un salto politico rilevante.

Ora, con lo stesso ruolo politico, si è trasferito in Campidoglio a gestire i dossier più importanti, e con loro una grande quantità di soldi, per conto del sindaco Gualtieri e del Pd, che è tornato al potere nella capitale. Ovvero due eventi come il Giubileo del 2025 e la candidatura a Expo 2030.

Una buona scommessa

Chi lo conosce lo descrive come un uomo che odia perdere, a partire dal tennis che pratica anche nei campi da dilettanti di provincia. E, infatti, il trasferimento al comune potrebbe essere per lui una buona scommessa.

Il Pnrr prevede esplicitamente per Roma fondi sempre con la stessa logica: finanziamenti per un singolo evento, l’ennesimo Giubileo. Ma il Pnrr messo a punto dalla regione Lazio punta più della metà dei fondi su Roma, con grossi progetti infrastrutturali e di rilancio. Oltre agli eventi la capitale potrebbe presto ottenere uno status autonomo e finalmente più margine di manovra per la spesa, a scapito proprio della regione Lazio da cui Ruberti arriva.

La questione dello status di Roma capitale è annosa, per usare un eufemismo. Se ne discute dal 2009, ma questa volta potrebbe essere quella buona anche per il governo Draghi che si è schierato nettamente a favore di una riforma.

A poche settimane dall’insediamento di Gualtieri, certamente meno inviso al resto dell’arco parlamentare rispetto alla sindaca grillina, Virginia Raggi, la ministra agli Affari regionali, Maria Stella Gelmini, ha rilasciato una intervista al quotidiano romano Il Messaggero in cui si impegna per ottenere la riforma dello status della città e dichiara che vorrebbe che fosse varata entro la fine della legislatura, cioè entro il 2023, il terzo anno del Pnrr. Ora però a decidere deve essere il parlamento.

Un nuovo status

Alla commissione Affari costituzionali della Camera i piani di riforma ormai si affastellano da anni, ma nella primavera è iniziato l’esame di diversi progetti di legge.

C’è una proposta a firma Riccardo Magi e Stefano Fassina, ispirata a una precedente del grande conoscitore di Roma Walter Tocci, che prevede che il sindaco della città metropolitana di Roma venga eletto a suffragio universale e che i municipi vengano trasformati in comune.

Un’altra a firma Sara De Angelis (Lega) che prevede oltre che più poteri per Roma, la soppressione della città metropolitana e la ricostituzione della provincia di Roma, e un’altra ancora a firma Francesco Silvestri (M5s) che prevede un tavolo permanente tra Roma, la regione Lazio e il governo e un ufficio governativo dedicato a Roma, oltre che la possibilità di intervento diretto per la città nel trasporto pubblico locale, la gestione dei rifiuti e l’accesso ai fondi Ue, solitamente distribuiti soprattutto come fondi per la coesione, attraverso i principali programmi europei su base regionale.

A queste, però, si sono aggiunte anche tre proposte di riforma costituzionale, rispettivamente di Roberto Morassut, Stefano Ceccanti (entrambi Pd), Paolo Barelli (Forza Italia) e una di Fabio Rampelli (Fratelli d’Italia) che prevedono in forme diverse che Roma abbia o possa avere sostanzialmente poteri pari a una regione.

Quella del democratico Morassut prevede che il coordinamento tra Roma capitale e regione Lazio sia regolato da una legge statale. Questo, del resto, è uno dei punti più dolenti. Svuotata di Roma o di Roma e della sua provincia – dipenderà dalla formula prescelta – la regione attualmente governata da Zingaretti sarebbe di fatto dimezzata per abitanti e ancora di più per finanziamenti.

21 progetti su 41

Basta guardare al piano Next generation Eu regionale: sui quarantuno progetti per 17 miliardi euro, quasi una finanziaria, 21 sono localizzati a Roma, 15 valgono per tutta la regione, tra le altre province quella con più progetti è Viterbo che però si ferma a sette.

E sono proprio i progetti di Next generation Eu uno dei tesoretti che la riforma dello status di Roma potrebbe portare al sindaco Gualtieri.

La ministra Gelmini ha dichiarato che alla regione dovrebbero restare le competenze su trasporti e6 sanità, che sono regionali per Costituzione.

Ma questo solo se non si imboccasse la via sicuramente complicata della riforma costituzionale.

Il fatto che attualmente in comune e regione siedano due giunte dello stesso colore contro intuitivamente non aiuta a sbrogliare la questione. «Di solito anzi contribuisce allo stallo: è successo già con Alemanno e Polverini econ Marino e Zingaretti», dice Magi che prima di occuparsi di Roma in parlamento se ne occupava da consigliere comunale.

Zingaretti in parlamento

Tuttavia ora c’è una variabile da tenere in conto.

Zingaretti, non è un mistero per nessuno, è proiettato sulle prossime elezioni nazionali. Dietro di lui scalpitano l’assessore alla Sanità Alessio D’Amato e il vicepresidente e responsabile al bilancio Daniele Leodori, referente anche per il Pnrr.

Al Campidoglio, invece, le deleghe che hanno a che fare con il Piano nazionale di ripresa e resilienza, sono tutte, nessuna esclusa, nelle mani del sindaco Gualtieri e cioè dell’ex capo di gabinetto di Zingaretti, Ruberti.

Anche quelle che sembrano non avere a che fare con i fondi del Recovery plan come quella all’università, sono in realtà legate ai progetti redatti dalla regione che prevede la nascita di una sorta di nuovo politecnico e soprattutto una città della conoscenza con campus dedicato al settore cruciale dell’aerospazio a Tor Vergata.

Dalla Pisana, la sede regionale, dicono che la discussione sullo status di Roma è prematura, ma la commissione affari costituzionali ha convocato proprio Zingaretti in audizione per il 20 novembre.

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