Nel Regno Unito l’epidemia di Covid-19 è in una fase molto delicata. Nella settimana tra il 18 e il 24 ottobre sono stati diagnosticati 478 nuovi contagi ogni 100 000 persone, in aumento rispetto alla settimana precedente quando i nuovi casi erano stati 434 ogni 100 000 abitanti.

Negli ultimi giorni i dati sembrano in discesa, ma è ancora presto per trarre conclusioni. In Italia l’incidenza è molto più bassa, ma per la prima volta da agosto si è osservato un aumento rispetto alla settimana precedente, passando 29 a 39 nuovi casi diagnosticati ogni 100 000 abitanti.

Si potrebbe obiettare che il Regno Unito è uno dei paesi del mondo a effettuare il maggior numero di test, circa 13 ogni 1000 abitanti ogni giorno, tra il doppio e il triplo della media italiana, e che quindi riesca a diagnosticare un numero molto maggiore di asintomatici. Purtroppo però i dati sulle ospedalizzazioni e le morti dicono altro.

Secondo l’aggiornamento pubblicato settimanalmente dal National Health Service (NHS), il sistema sanitario britannico, il 19 ottobre in Inghilterra erano 842 i posti letto in area critica occupati da pazienti Covid-19, il 19 per cento dei circa 4 400 totali.

A confronto, lo stesso giorno nel nostro paese i pazienti Covid-19 ricoverati in terapia intensiva erano 355, il 3,8 per cento dei circa 9 000 posti disponibili. Nella settimana tra il 13 e il 19 ottobre, i decessi registrati sono stati 652 in Inghilterra e 271 in Italia.

Piano B

Priti Patel, Britain's Home Secretary, right with Rishi Sunak, Chancellor of the Exchequer, centre and Oliver Dowden Minister without Portfolio listen to Britain's Prime Minister Boris Johnson making his keynote speech at the Conservative party conference in Manchester, England, Wednesday, Oct. 6, 2021. (AP Photo/Jon Super)

I vertici dell’NHS si sono rivolti al governo di Boris Johnson, chiedendo, insieme all’associazione nazionale dei medici, l’implementazione del cosiddetto “plan B” per l’inverno. Il piano prevede la reintroduzione dell’obbligo di mascherina nei luoghi pubblici chiusi, l’obbligo di passaporto vaccinale per entrare nei locali notturni e partecipare a grandi eventi e la raccomandazione di lavorare da casa.

Domenica, Edward Morris, il presidente del Royal College of Obstetricians and Gynaecologist, ha avvertito che presto il sistema potrebbe non essere più in grado di offrire alle donne che partoriscono le cure necessarie, oltre a dover interrompere il recupero delle prestazioni ginecologiche arretrate che era cominciato nell’ultimo periodo.

Durante le precedenti ondate della pandemia il personale dei reparti di maternità è stato ricollocato per aiutare con i pazienti Covid-19 ma, dice Morris, si deve evitare a tutti costi che questo accada di nuovo.

Per ora il governo ha dichiarato di non voler introdurre nuove restrizioni, e il segretario al tesoro Rishi Sunak ha ribadito questa intenzione domenica intervistato dalla Bbc.

Sunak è stato criticato dall’opposizione per non indossare la mascherina durante le affollate sedute della House of Commons nonostante un consigliere scientifico di primo piano del governo abbia messo in guardia i membri del governo: i vaccini da soli non possono tenere l’epidemia di Covid sotto controllo.

Venerdì, Boris Johnson ha affermato che per ora il contagio è ai livelli previsti dai modelli e ha smentito ché il consigliere scientifico Vallance o quello alla salute Witty abbiano comunicato al governo la necessità di passare al “plan B”, indicando che le vacanze scolastiche di metà semestre, cominciate lunedì e che dureranno una settimana, e l’accelerazione della campagna per la somministrazione dei richiami agli over 50 saranno sufficienti a tenere a bada il contagio.

Nonostante ciò, il settimanale The Observer ha dato notizia domenica che l’agenzia di salute pubblica britannica Health Security Agency è in contatto con le autorità sanitarie locali perché siano pronte per un’implementazione rapida del piano.

Grande incertezza nei modelli

Durante la riunione del 14 ottobre dello Scientific Advisory Group for Emergencies (SAGE), l’analogo del nostro Comitato Tecnico Scientifico, gli esperti hanno in effetti sottolineato che «l’organizzazione per reintrodurre le misure dovrebbe essere intrapresa da subito in modo da essere pronti per un rapido dispiegamento nel caso fosse necessario» aggiungendo che gli scenari formulati dagli scienziati dello Scientific Pandemic Influenza Group on Modelling, un altro organo di consulenza scientifica, suggeriscono che è estremamente improbabile che quest’inverno i ricoveri superino quelli di gennaio 2021, ma ci sono grandi incertezze sui comportamenti individuali e sul declino dell’efficacia dei vaccini.

Fare previsioni sull’epidemia in questo periodo è estremamente difficile, più di quanto non fosse un anno fa. Le variabili in gioco sono molte di più, come si vede leggendo i modelli elaborati da Imperial College e London School of Hygiene and Tropical Medicine (Lshtm).

Di quanto decresce l’efficacia dei vaccini nelle diverse fasce di età? Quanto aumenteranno i contatti sociali nelle prossime settimane e in particolare durante le feste natalizie? Quanto sarà veloce la somministrazione dei richiami agli over 50 e quanto efficace? Come andrà la somministrazione delle prime due dosi ai ragazzi? A seconda di quale siano le risposte a queste domande, le proiezioni degli epidemiologi cambiano molto.

Il gruppo della Lshtm stima un drastico calo dei contagi, dei ricoveri e delle morti nelle prossime settimane anche senza l’introduzione di misure aggiuntive, ma assumendo un elevata adesione alla campagna per il richiamo e a quella per le prime dosi nei ragazzi. Indica anche un aumento dei casi ad aprile «dovuto probabilmente alla continua diminuzione dell’efficacia dei vaccini» commenta Paul Hunter, epidemiologo della University of East Anglia e aggiunge «questo è compatibile con le oscillazioni che si osservano quando un’epidemia si avvicina allo stato di endemia».

Le proiezioni dell’Imperial College considerano anche scenari limite: senza richiami i contagi continuerebbero a crescere fino a raggiungere un picco con 5mila ricoveri al giorno a gennaio 2022. Questi risultati segnalano che la traiettoria dell’epidemia è estremamente sensibile alla diminuzione dell’immunità e che la somministrazione dei richiami è prioritaria.

I richiami

Topic picture, symbol photo: Corona vaccine. A hand wrapped in a rubber glove holds a disposable syringe, syringe, vaccination syringe and a vaccination can, | usage worldwide Photo by: FrankHoemann/SVEN SIMON/picture-alliance/dpa/AP Images

Nel Regno Unito, la campagna per la somministrazione del richiamo è partita in ritardo rispetto agli altri paesi europei, come Francia, Italia e Spagna e sta procedendo più lentamente.

Nel nostro paese, le persone che hanno ricevuto la seconda dose di Pfizer-BioNTech, AstraZeneca o Moderna almeno 5 mesi fa sono circa 11.600.00. I richiami somministrati finora sono 820mila. In totale, quindi le persone per cui l’efficacia dei vaccini potrebbe essere già sensibilmente diminuita sono 10.780.000, circa il 18 per cento della popolazione.

In Inghilterra, secondo un’analisi del Financial Times, questa percentuale sarebbe circa il 25 per cento, mentre in Francia e Germania intorno al 10 per cento. In un certo senso, tanto più la campagna vaccinale per il ciclo primario è stata rapida, tanto più velocemente si accumulano ora persone ad almeno 5 mesi dalla vaccinazione e se la campagna dei richiami non è altrettanto veloce queste rischiano di rimanere scoperte.

Particolarmente a rischio sarebbero le persone sopra i 65 anni che hanno ricevuto il vaccino più di 5 mesi fa. Uno studio pubblicato a metà settembre dall’agenzia di salute pubblica inglese ha stimato che tra gli over 65 l’efficacia del vaccino Pfizer-BioNTech nell’evitare il ricovero scende dal 98 per cento al 91 per cento dopo circa 5 mesi dalla seconda dose.

Più accentuato è il declino per AstraZeneca, che passa da 92 per cento a 77 per cento. Nel Regno Unito AstraZeneca è stato usato più che altrove e questo potrebbe essere un elemento di ulteriore vulnerabilità, verso cui proteggersi adottando misure di distanziamento e igiene che in Inghilterra sono ormai quasi del tutto assenti, al contrario, per esempio, di quanto accade in Scozia.

La sicurezza delle scuole: mascherine e vaccini

L’impatto delle misure di distanziamento e igiene è ben fotografato dall’ultimo rapporto dell’Office for National Statistics. Nella settimana dal 10 al 16 ottobre l’incidenza stimata in Inghilterra è dell’1,8 per cento (1 nuovo caso di contagio ogni 55 persone), in costante aumento dall’inizio di settembre quando era l’1,2 per cento. Al contrario, in Scozia l’andamento è decrescente, dal 2,2 per cento all’1,1 per cento circa.

L’indagine suggerisce inoltre che il contagio in Inghilterra sia trainato dalla fascia tra 12 e 17 anni, in cui l’incidenza è aumentata dal 2 per cento all’8 per cento tra il 5 settembre e il 16 ottobre. Questo aumento si starebbe pian piano travasando verso gli anziani, i primi a essere stati vaccinati e dunque più vulnerabili.

Al contrario, nello stesso periodo in Scozia l’incidenza sarebbe scesa dall’8 per cento al 4 per cento circa. Nelle scuole inglesi, sia primarie che secondarie, né studenti né insegnanti sono tenuti a indossare le mascherine.

In Scozia insegnanti e studenti delle scuole secondarie devono invece indossarla, mentre nelle scuole primarie l’obbligo vale solo per gli insegnanti e solo nelle aree comuni. Un altro elemento da considerare è che in Scozia circa il 60 per cento dei ragazzi tra 12 e 17 anni ha ricevuto almeno una dose di vaccino, mentre in Inghilterra circa il 40 per cento (in Italia siamo al 67 per cento).

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