Una commissione di inchiesta parlamentare sulla pandemia può fruttare a Giorgia Meloni un triplo risultato politico: la benevolenza del terzo polo, in particolare di Matteo Renzi, una mano tesa alla galassia dei No pass e dintorni. Ma soprattutto la possibilità di colpire i principali avversari, come il presidente del M5s Giuseppe Conte, che nell’intervento di mercoledì alla Camera è stato il più duro nei confronti del governo, anche in materia di gestione pandemica, e l’ex ministro della Salute, Roberto Speranza, il più inviso ai No-vax.

La presidente del Consiglio ha annunciato, nel discorso programmatico, l’intenzione di istituire un organismo, la commissione d’inchiesta, per fare chiarezza sull’operato politico durante la pandemia. Un gancio perfetto per raggiungere chi ha contestato la gestione dell’emergenza sanitaria.

Con la sconfitta di Italexit di Gianluigi Paragone, che non ha raggiunto la soglia di sbarramento del Rosatellum, e la sconfitta dell’alleanza Adinolfi-Di Stefano, c’è un elettorato in libera uscita che nel suo complesso può valere ancora un tre per cento. Così Fratelli d’Italia ha fatto ricorso, anche durante il dibattito sulla fiducia al governo, ad alcune parole d’ordine di quel mondo: stop agli obblighi, dalle mascherine ai vaccini.

Dottrina anti pass

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La linea era stata già chiarita dal responsabile Sanità di Fratelli d’Italia, Marcello Gemmato, che pochi giorni dopo la vittoria alle elezioni aveva bocciato l’uso del certificato verde. «Non partiva da principi scientifici», ha detto. Sul vaccino, la promessa è stata quella di non prevedere l’obbligo, perché fa pensare che «dietro ci siano interessi delle multinazionali».

La posizione conferma quanto detto da Meloni in persona, nel corso dell’ultimo comizio prima delle elezioni in piazza del Popolo a Roma. Dal palco aveva criticato «il modello cinese di Speranza», tracciando un parallelo con un sistema autoritario di Pechino. Un non detto che alludeva alla presunta dittatura sanitaria.

Andando ancora più a ritroso nel tempo si ricordano i distinguo sui vaccini, come quando ha spiegato che non lo avrebbe fatto inoculare alla figlia. «Il vaccino non è una religione», ha detto. Un ragionamento che, chiudendo un cerchio, ha riproposto ieri durante la replica al Senato, prima del voto di fiducia.

«Abbiamo contestato che si scambiasse la scienza con la religione e non ci fossero evidenze scientifiche alla base dei provvedimenti che si prendevano», ha ribadito. Nell’intervento è tornata pure su un altro punto a lei molto caro: «Abbiamo impedito di fare sport ai dodicenni non vaccinati, pur sapendo che gli faceva bene, perché si dovevano sottoporre una cosa su cui la comunità scientifica non era d’accordo».

La proposta

Ed ecco che l’istituzione della commissione di inchiesta diventa logica conseguenza delle battaglie condotte negli anni all’opposizione. La proposta è stata presentata alla Camera, tra i primi atti, dal capogruppo della Lega, Riccardo Molinari, per chiedere precisamente di indagare «sull’operato del governo e sulle misure da esso adottate per prevenire e affrontare l’emergenza epidemiologica del Covid-19».

Un seguito di quanto fatto dal senatore di Fratelli d’Italia, Francesco Zaffini, primo firmatario nella scorsa legislatura di un disegno di legge per istituire la commissione, sottoscritto da vari colleghi. Tra loro spiccano i nomi dell’attuale ministro alle Imprese e Made in Italy, Adolfo Urso, e di Isabella Rauti, probabile nuova presidente del gruppo al Senato. Proprio ieri, durante l’intervento a palazzo Madama, Zaffini ha rilanciato la necessità di mettere in piedi l’organismo, in maniera veloce, solo al Senato e non quindi con una bicamerale che sarebbe più farraginosa come procedura.

E qual era la proposta? I parlamentari del partito di Meloni mettevano sotto i riflettori vari elementi, come quello sul mancato aggiornamento del piano pandemico fino alla modalità con cui è stato affrontato il dilagare del contagio. Incluse le limitazioni agli spostamenti e alle libertà personali. Altra allusione alla “dittatura sanitaria” deprecata dai No-vax.

Palcoscenico No-vax

La costituzione dell’organismo può inoltre trasformarsi nel grimaldello per aprire il confronto sulla strategia complessiva contro la pandemia, compresa quella vaccinale. Il calendario delle audizioni sarà dirimente: i componenti della commissione possono avanzare le loro richieste per ascoltare i vari esperti in materia e magari allestire il palcoscenico ideale per le posizioni dei No-vax.

Non è una novità che questi organismi siano spesso strumenti di scontro politico, più che un mezzo per accertare i fatti. Molto passa poi dall’indicazione del presidente. Uno dei casi più noti è quello della commissione di inchiesta sulle banche, che nel 2017 fu affidata alla guida di Pier Ferdinando Casini, garante di una sostanziale neutralizzazione dell’organismo.

Al momento l’idea di Meloni rappresenta già una piattaforma per rafforzare il dialogo con Renzi e Calenda, che su altre questioni hanno dimostrato una certa sintonia con il centrodestra, su tutte le riforme istituzionali. E il leader di Italia viva è ben disposto al confronto: «Dipende dal perimetro che si darà, se è solo sulle zone rosse o anche sugli appalti», ha detto al Senato, illustrando la propria idea: «Io la farei su tutto».

E sulla presidenza ha gettato l’amo: «Forse sarebbe giusto che a guidarla sia chi era all’opposizione all’epoca dei fatti. Magari uno di Fratelli d’Italia». Del resto l’obiettivo è comune con quello della destra: mettere all’angolo il M5s, demolendo la gestione della diffusione del Covid-19, bandiera del Conte bis.

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