«Questa festa non è Atreju», scandisce il responsabile organizzativo di Fratelli d’Italia Giovanni Donzelli. Sta illustrando il programma di “Dieci anni di amore per l’Italia”, la manifestazione in cui, da domani al 17 dicembre, il partito celebrerà il suo primo decennale. Atreju, cioè quello che questa festa non sarà, è la storica manifestazione creata da Giorgia Meloni quando era una giovane militante dei “ragazzi di Colle Oppio”, la corrente della destra romana che ha prima egemonizzato il movimento e poi, lo scorso ottobre, lo ha portato al governo. Nata nel 1998 come festa di quartiere, Atreju è stata l’evento ufficiale dei giovani di An e poi, di fatto, quello di Fratelli d’Italia. Negli ultimi anni è divenuta una manifestazione sempre più grande e più seguita che ha accompagnato la crescita di Meloni da leader di un piccolo partito a quella di guida della coalizione.

Ufficialmente, quest’anno Atreju non si è tenuto a causa delle elezioni, fissate a settembre, data tradizionale della manifestazione. Donzelli assicura a Domani che il prossimo anno la manifestazione tornerà al suo normale svolgimento alla fine dell’estate. Ma la spiegazione non è del tutto convincente. Prima di oggi, la festa era saltata soltanto nel 2016, a causa dell’imminente parto di Giorgia Meloni. Nel 2021, a causa della pandemia, la manifestazione si era svolta a dicembre, proprio in questi giorni.

Ora sono i problemi di governo, una delicata manovra economica da gestire, alleati riottosi da convincere e forse il desiderio inconscio di scrollarsi di dosso un ingombrante passato a coincidere con la decisione di Meloni di tenersi lontana, se non dalla festa vera e propria, almeno dal nome Atreju.

Cosa resta e cosa cambia

Di Atreju resterà, almeno in apparenza, il clima festoso da sagra di paese. La manifestazione si svolgerà a piazza del Popolo a Roma dove oltre alla tensostruttura dedicata agli incontri politici, ci sarà quello che Donzelli ha definito un “villaggio di Natale”: banchetti, mercatini della solidarietà e «giochi per bambini». La prima sera si chiuderà con un’esibizione del vignettista Federico Palmaroli, in arte Osho, e della cantante Cristina D’Avena, fan di Giorgia Meloni e reciprocata dalla presidente del Consiglio. Qualche giorno fa D’Avena aveva espresso il desiderio di duettare con Meloni, «magari sulla sigla di Mila e Shiro». Difficile che la presidente del Consiglio si conceda questo svago.

Quello che mancherà invece sarà il tradizionale confronto con figure dello schieramento opposto che è sempre stata una caratteristica della manifestazione. Da Fausto Bertinotti a Enrico Letta, sono una dozzina i leader della sinistra ad essere passati per Atreju. La cosa che più gli si avvicinerà sarà un incontro tra il ministro della Giustizia Carlo Nordio, il giornalista Daniele Capezzone e il direttore del Fatto Quotidiano Marco Travaglio.

Non ci saranno nemmeno i tradizionali scherzi fatti agli ospiti più importanti, che a dire il vero erano già scomparsi negli ultimi anni della manifestazione, quando gli scanzonati ragazzi di Colle Oppio avevano iniziato a indossare la seriosa divisa dei conservatori europei.

Nel suo libro, Io sono Giorgia, Meloni ne racconta alcuni entrati nel leggendario della politica romana, come quando al leader di partito Gianfranco Fini chiesero cosa pensasse della discriminazione dell’inesistente minoranza dei “Kaziri” o come quando a Veltroni, allora sindaco di Roma, domandarono degli interventi che pensava di fare nella difficile e del tutto inventata borgata Pinarelli. Non ci saranno nemmeno gli ospiti internazionali che negli ultimi anni hanno rappresentato una delle principali attrattive mediatiche della festa e hanno segnato la progressiva emancipazione del partito dalla sua eredità più angustamente nostalgica. Tra gli altri, la manifestazione ha ospitato il consigliere di Donald Trump Steve Bannon e il primo ministro ungherese Viktor Orban.

Gli incontri

Come se l’ombra delle non facili responsabilità di governo lasciasse poco spazio a tutto il resto, la manifestazione sarà tutta concentrata sull’Italia e sugli alleati di governo. Saranno presenti 22 ministri su 24. Un assente da Forza Italia, il ministro della Pubblica amministrazione Paolo Zangrillo, e una dalla Lega, Alessandra Locatelli, ministra per le Disabilità. La ministra del lavoro Marina Calderone, non entusiasta delle scelte del governo sui sussidi contro la povertà, invierà solo un video messaggio. Lo stesso faranno Matteo Salvini e Silvio Berlusconi. Niente ospitata sul palco o un dialogo con Meloni, mentre L’anno scorso, Salvini si era fatto intervistare e Berlusconi si era incomodato almeno con una telefonata.

Donzelli sottolinea invece l’importanza di un incontro che si svolgerà nel pomeriggio di giovedì a cui parteciperanno tutti i capigruppo parlamentari delle forze di maggioranza e in cui si celebreranno i (quasi) 30 anni del centrodestra nato nel 1994. Tra i capigruppo presenti ci sarà anche la senatrice di Forza Italia Licia Ronzulli, la più tenace avversaria di Meloni all’interno della coalizione, che proprio in questi giorni ha annunciato che non voterà il decreto anti rave.

Non è Atreju

Non è davvero Atreju questo decennale. A presentarlo in conferenza stampa non c’era nessuno degli storici ragazzi di Colle Oppio, oggi chiamati a più importanti incarichi istituzionali e di governo: non il fondatore e a lungo capo della corrente, Fabio Rampelli, oggi vicepresidente della Camera, né il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida o Chiara Colosimo (che non sarà presente a nessuno degli incontri).

Sparita anche qualsiasi suggestione culturale del mondo fantasy che ispirava la gioventù dell’estrema destra nella quale sono cresciuti Meloni e soprattutto i suoi compagni di partito più anziani – e che ha portato alla scelta del nome del protagonista del film La storia finita per battezzare la manifestazione. Non sono complete novità. Come gli scherzi agli ospiti, anche il carattere della manifestazione è cambiato da tempo. Difficile indicare con precisione una data, ma il percorso era probabilmente giunto a compimento un anno fa, quando per il primo Atreju della storia svolto a dicembre era stato scelto il titolo “Il Natale dei conservatori”, un passaggio che aveva sancito un simbolico abbandono delle radici ancora saldamente post, se non neo, fasciste dei ragazzi di Colle Oppio.

Così, nell’anno in cui quella generazione corona il suo sogno di arrivare finalmente al governo, l’evento che ha più caratterizzato la loro identità, scompare. Forse è un po’ perché quei ragazzi sono cresciuti e non hanno più tempo per scherzi e feste. Forse un po’ perché, arrivati al governo, hanno scoperto che da festeggiare in realtà c’è poco.

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