Un’ora e mezza di colloquio fra il sindaco e l’assessore su cui pende una richiesta di arresto. Le sue dimissioni sono attese, al massimo entro lunedì, quando il primo cittadino dovrà affrontare l’aula consiliare. La segretaria dem, così vicina così lontana, a fianco della giunta ma avverte: «La transizione ambientale va tenuta sempre insieme all’inclusione sociale»
L’assessore alla Rigenerazione urbana di Milano Giancarlo Tancredi si dimetterà, l’annuncio è atteso ad horas, ma fino alla sera di venerdì 18 non era ancora arrivato. L’esito sembra inevitabile, il ritardo dipenderebbe da una serie di valutazioni tecniche che lui stesso sta conducendo con i suoi legali. Ma dipenderebbe anche dal fatto che il sindaco Giuseppe Sala, che pure è convinto che queste dimissioni devono arrivare, non vuole metterlo alle strette: è un uomo provato dalle vicende di queste ore. La dead line comunque è lunedì, quando Sala dovrà andare in consiglio comunale ed affrontare le richieste di dimissioni delle opposizioni.
Venerdì, a palazzo Marino, sindaco e assessore si sono confrontati per un’ora e mezza. Tancredi rischia l’arresto nell’ambito dell’inchiesta milanese sull’urbanistica. Contro di lui i pm ipotizzano reati pesanti: concorso in corruzione, falso e induzione indebita. Al centro del colloquio ci sono state le dimissioni dell’assessore. Dopo un pressing della maggioranza, giovedì sera Tancredi ha comunicato la sua disponibilità a lasciare. È ritenuto un atto indispensabile per la giunta.
Ma anche per lui: i giudici dovrebbero decidere sul suo arresto il prossimo mercoledì, e le dimissioni potrebbero evitarglielo. Ma con Sala non ha parlato solo di questo. Anche il sindaco è indagato per false dichiarazioni. La sua posizione è ben diversa, ma deve comunque preparare il discorso che dovrà pronunciare in aula. Un discorso impegnativo, nel merito e anche nei toni. Sala può essere ruvido con i Cinque stelle, e probabilmente lo sarà. Il Pd invece vorrebbe scongiurare rotture insanabili con il futuro alleato. Un equilibrio delicato, quello fra il sindaco e il Pd, il partito principale della sua maggioranza. Dopo Tancredi, Sala ha incontrato alcuni esponenti dem milanesi. Per primo il segretario cittadino Alessandro Capelli che, più tardi, ha riferito di un «incontro positivo», «abbiamo espresso al sindaco la necessità di cambiamenti concreti». Si sono salutati con la promessa di un altro incontro «nel fine settimana».
Così vicini così lontani
Il sindaco ha incassato, nero su bianco, la solidarietà di Elly Schlein. Nelle ore successive alla notizia delle indagini, la segretaria ha tenuto un filo diretto con i suoi milanesi. Poi, giovedì, ha sentito al telefono il sindaco per esprimergli la sua vicinanza. Un gesto apprezzato, arrivato dopo gesti analoghi del Pd milanese di ogni sfumatura politica. Questa vicinanza è arrivata sotto forma di comunicato ufficiale. Un gesto necessario: nelle prime ore della disavventura giudiziaria, Sala – amareggiato e sconfortato – aveva ventilato che se fosse venuto a mancare il «pieno» sostegno del Pd era pronto a dare le dimissioni. Un’ipotesi catastrofica per il Pd. Non solo quello cittadino, che fra due anni affronterà nuove elezioni, ma anche quello nazionale, forse soprattutto: per Schlein perdere Milano sarebbe uno smacco.
Ma giovedì sera, anche dopo la telefonata con Schlein, Sala è stato di nuovo sull’orlo delle dimissioni. Per questo il Nazareno ha diffuso una nota in cui la segretaria esprime fiducia nel lavoro della magistratura ma schiera il Pd «al fianco del sindaco Sala», stavolta per iscritto. Sostiene il lavoro «che l’amministrazione farà nei prossimi due anni per affrontare le grandi sfide che ha di fronte la città, dall’abitare alla transizione ambientale che va tenuta sempre insieme all’inclusione sociale e all’accessibilità. Con piena consapevolezza che oggi queste sfide sono diventate più pressanti e urgenti e richiedono segnali di innovazione e cambiamento». Schlein insomma sostiene Sala ma, al pari di una parte del Pd milanese, chiede una qualche discontinuità al sindaco che aveva preteso il decreto Salva Milano (che il Pd non ha voluto approvare). Il sostegno al sindaco resta, dunque. Anche qualche distanza.
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