Oggi e domani Giorgia Meloni sarà a Bruxelles, dove incontrerà il presidente del parlamento europeo David Sassoli e il commissario Ue all’Economia Paolo Gentiloni. Meloni, oltre a essere la leader di Fratelli d’Italia, è anche presidente del Partito dei conservatori e dei riformisti europei (Ecr). Una visita istituzionale a Bruxelles non è cosa inusuale e non genera particolare interesse. Ancor meno interessante il fatto che, nella sua due giorni, Meloni «parteciperà alle riunioni del gruppo Ecr e della delegazione di FdI».

Domani, sempre a Bruxelles, inizierà anche il Consiglio europeo. «I leader dell’Unione europea – ci informa un comunicato – si riuniranno per discutere di Covid-19, ripresa economica, migrazione e relazioni esterne, comprese le relazioni con la Turchia e la Russia». In vista dell’appuntamento Meloni incontrerà anche il premier sloveno Janez Janša, ungherese Viktor Orbán e polacco Mateusz Morawiecki. Ed è a questo punto che la trasferta svela il suo valore politico. Perché senza nulla togliere a Sassoli e Gentiloni, è nell’area della destra sovranista che il viaggio di Meloni assume una certa rilevanza.

Le mosse di Salvini

La competizione in patria con Matteo Salvini è cosa nota. Nei sondaggi FdI e Lega sono ormai distanziati da poco più di un punto percentuale. E se il leghista sembra incapace di arginare il calo di consensi, la destra meloniana si prepara al sorpasso. Per impedirlo Salvini ha moderato i toni e ha cominciato a parlare di federazione di centrodestra. L’obiettivo è quello di assorbire ciò che resta di Forza Italia, conquistarne gli elettori e ristabilire la giusta distanza da FdI. Contemporaneamente l’ex ministro dell’Interno ha esteso la sua strategia per arginare Meloni a Bruxelles dove la leader, complice la presidenza di Ecr, è sicuramente posizionata meglio di lui. L’obiettivo, dichiarato, è quello di dare vita a un gruppo di conservatori e sovranisti con Orbán che, dopo aver abbandonato il Ppe, non ha ancora ritrovato una collocazione. Salvini vorrebbe con sé anche altre sigle della galassia sovranista come i tedeschi di AfD, il Rassemblement national di Marine Le Pen, gli spagnoli di Vox e i polacchi del Pis. In politica difficilmente i desideri hanno una loro praticabilità. E così, davanti a un così lungo elenco di possibili alleati, la prima domanda che sorge spontanea è: chi comanderà? Difficile pensare che personalità così complesse come quelle di Orbán, Salvini e Le Pen decidano di fare un passo indietro per lasciare spazio agli altri.

La seconda questione è invece legata al fatto che Vox e Pis, al momento, sono con FdI nel Conservatori europei. Entrambi con una certa rendita di posizione. Sarebbero disponibili ad abbandonarla? Certo, Orbán è un richiamo forte. È alla guida di una nazione, e questo gli dà un ruolo e un peso tutt’altro che irrilevante sul piano europeo. Non a caso Meloni ha provato a portarlo dentro Ecr. Ma Salvini l’avrebbe battuta sul tempo. E c’è chi assicura che il lancio del nuovo gruppo sia ormai imminente.

Le mosse di Meloni

A questo punto il racconto di ciò che accadrà diverge. Qualcuno sostiene che alla fine il gruppo sovranista di Salvini e Orbán si fonderà con i Conservatori di Meloni con una grande ricomposizione delle destre europee. Altri invece che pezzi dei Conservatori confluiranno nel nuovo gruppo in una operazione di scomposizione e ricomposizione. Tutt’altro che irrilevante ciò che intende fare Meloni. Gli incontri programmati per questi giorni possono essere letti in vari modi. Vuole convincere i polacchi a non andarsene? Vuole tentare di “strappare” Orbán a Salvini? Vuole concordare con entrambi gli equilibri della nuova alleanza? Il premier sloveno Janša è espressione del Partito democratico sloveno che attualmente fa parte del Ppe? Al di là delle motivazioni ufficiali («l’occasione del Consiglio europeo dedicato alla ripresa e all’immigrazione») perché incontrarlo? Meloni sta cercando di creare un dialogo tra popolari e conservatori europei?

Cedere o resistere

C’è poi un tema di opportunità politica che ha strettamente a che vedere con il progetto che Fratelli d’Italia vuole portare avanti in Italia e in Europa. Con la presidenza di Ecr Meloni si è proposta ai partner europei come la leader di una destra “presentabile” legata a una tradizione politica che è anzitutto quella del conservatorismo britannico. Una destra con cui il Ppe, pur con tutti i dubbi legati alle suggestioni fasciste che ogni tanto riemergono qua e là, ha più interesse a dialogare rispetto a quella “sguaiata” di Salvini e Orbán. A questa destra viene evidentemente chiesta oggi una prova di responsabilità. Deve decidere se seguire le sirene sovraniste o se smarcarsi definitivamente da quel modello. Tradotto: se Vox e Pis decideranno di andarsene Meloni avrà la forza di non seguirli? Paradossalmente, quella che Salvini vede come un’operazione per isolare e arginare l’avanza dei suoi avversari interni al centrodestra, potrebbe trasformarsi nella definitiva “consacrazione” della leader di FdI a livello europeo. La sua “svolta di Fiuggi”, a quasi trent’anni di distanza da quella celebrata da Gianfranco Fini. Non proprio un precedente incoraggiante, ma gli errori del passato servono anche a imparare.

 

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