Ho letto con interesse e una punta di sorpresa l’intervista rilasciata al vostro giornale dalla presidente Valentina Cuppi in cui chiede al Partito democratico di non votare il rifinanziamento alla Guardia costiera libica. Sorpresa positiva, intendiamoci. Ma sorpresa.

Un anno fa, infatti, il Partito democratico alla Camera e al Senato votò a favore di quel finanziamento e addirittura lo aumentò. Al senato del Pd solo in tre votarono contro, alla camera fummo otto.

Il voto causò un grande clamore tra gli iscritti e i militanti del partito. Ci furono raccolte firme per chiedere chiarimenti, circoli che si auto convocarono, direzioni provinciali e regionali infuocate. La motivazione di tanta rabbia e scompiglio era semplice: pochi mesi prima, a gennaio, durante la stessa assemblea che aveva eletto Cuppi presidente del Pd era stato votato un ordine del giorno a mia prima firma, che aveva raccolto decine e decine di firme da parte di tutta l'assemblea, in cui si chiedeva di interrompere  immediatamente i rapporti con la Guardia Costiera libica e il suo finanziamento.

Gli impegni erano quelli della lettera inviata pochi giorni prima dal Consiglio d'Europa al nostro ministro degli Esteri Luigi Di Maio. Il voto parlamentare fu quindi contrario all’espressione unanime dell’organismo più alto del Pd. E questo non passò inosservato agli occhi dei nostri iscritti.

Scrissi allora alla presidente Cuppi, per sapere se e quali iniziative avrebbe intrapreso a difesa delle decisioni dell’assemblea da lei presieduta che erano state palesemente ignorate. La risposta arrivò poche ore dopo con una lettera pubblica in cui la presidente annunciava implicitamente che non ci sarebbero state conseguenze e in cui provava a giustificare il rifinanziamento, sostenendo, tra le altre cose, che quei soldi andavano in realtà alla Guardia di Finanza che avrebbe addestrato la guardia costiera e con altre argomentazioni piuttosto deboli.

Purtroppo nessuno degli auspici contenuti in quella lettera si è avverato. I campi di concentramento in Libia continuano a funzionare a pieno regime, Rahman al Milad detto Bija, tra i capi della guardia costiera di Zawaiya, condannato per crimini contro l’umanità e tra i promotori di  una serie di minacce che hanno portato il giornalista Nello Scavo a vivere sotto scorta, dopo una breve detenzione è stato promosso a maggiore della Guardia costiera libica.

Il Memorandum non è stato modificato di una sola virgola e nel 2020 la Guardia costiera libica ha intercettato in mare 12mila persone. Queste persone sono state poi sottoposte a sparizione forzata, detenzione arbitraria, tortura, stupri, lavoro forzato ed estorsione, secondo l’ultimo rapporto pubblicato da Amnesty. Insomma la situazione, non solo non è migliorata, ma è peggiorata.

Mi fa quindi piacere vedere il cambio di linea da parte della presidenza. Certo sarebbe stato probabilmente più semplice per noi cambiare quei decreti l’anno scorso, quando eravamo in un contesto governativo completamente diverso. Ma non dispero. Il nostro compito è quello di legiferare e cambiare le cose. Quegli accordi vanno cancellati e spero che il Partito democratico sia coerente con le decisioni che prese ormai diciotto mesi fa, più di quanto non lo sia stato nel recente passato.

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