La nascita di Ita Airways ci regala anche un vertiginoso tuffo nel passato, ai tempi della seconda guerra mondiale, quando il fascismo era ormai agonizzante.

Governo e parlamento stanno riesumando una disposizione del codice civile del 1942 per favorire in tutti i modi la partenza della nuova Alitalia. Lo strumento è una norma del decreto infrastrutture già approvato alla Camera e ora al Senato che consente di mettere da parte l’articolo 2112 del codice civile di età repubblicana e democratica il cui titolo è «Mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento d’azienda».

È una scelta sorprendente, ma non un’eccezione. Dall’introduzione di un regolamento aziendale al posto del contratto di lavoro al taglio del fondo di solidarietà del trasporto aereo fino agli sbrigativi interventi dell’ente dell’aviazione civile (Enac), è tutta una corsa affannosa per sorreggere un’azienda che probabilmente da sola non starebbe in piedi.

Articolo 2112

I casi sono numerosi, ecco una rassegna. Cominciamo con l’articolo 2112 del codice civile. È una norma sotto attacco da anni: ci ha provato Silvio Berlusconi un decennio fa per agevolare l’ingresso in Alitalia dei capitani coraggiosi privati, ma è stato fermato da una decisione della Corte di giustizia europea.

Sette anni dopo è toccato agli arabi di Etihad e anche allora hanno dovuto desistere di fronte a una sentenza della Cassazione. Ora siamo al terzo tentativo.

L’articolo 2112 stabilisce che in caso di cessione di ramo d’azienda l’acquirente deve prendersi anche i lavoratori insieme agli asset. Alitalia ha ceduto il ramo aviation a Ita che ha poi ha assunto 2.500 persone ex Alitalia tra piloti, assistenti di volo e personale di terra.

Avrebbe potuto farlo nel rispetto dell’articolo 2112, ma hanno temuto di alimentare per questa via il sospetto che la transizione da Alitalia a Ita non stesse avvenendo in discontinuità così come vuole l’Europa.

Tagliando la testa al toro il parlamento si è prodrigato dando il via libera a una norma che impone un salto all’indietro. I deputati Stefano Fassina di Leu e Gregorio De Falco del gruppo misto hanno provato a evidenziare il paradosso, ma non li ha ascoltati nessuno.

Un regolamento interno

Per favorire Ita la politica finge inoltre di ignorare che in un’azienda pubblica, e Ita lo è al 100 per cento, a cui vengono assegnati 750 milioni di euro dei contribuenti, invece di un contratto sindacale viene applicato un regolamento imposto dall’azienda che prevede tagli medi dei salari di circa il 50 per cento.

Gli stipendi dei piloti in particolare precipitano a livelli più bassi di quelli già bassi di Ryanair; il primo stipendio di un pilota con 18 anni di anzianità sarà per esempio di poco superiore ai 1.900 euro netti, compreso il premio di ingresso concesso dall’azienda.

Anche i permessi e le ferie sono stati sforbiciati, con il risultato stimato dal sindacato Navaid che piloti e assistenti dovranno lavorare fino a un mese più di prima. I dirigenti di Ita sostengono però che tutti potranno rifarsi con gli eventuali premi di produzione.

Con la legge finanziaria il parlamento si accinge ad approvare pure un altro provvedimento che a partire dal 2023 taglia – per una cifra compresa fra l’80 e il 60 per cento – l’integrazione del Fondo di solidarietà del trasporto aereo per la cassa integrazione dei dipendenti Alitalia non riassorbiti da Ita.

È difficile prevedere quante persone saranno toccate da questa disposizione in attesa di conoscere che fine faranno handling e manutenzioni. Saranno probabilmente alcune migliaia e tra esse le più svantaggiate risulteranno le categorie che già lo sono, cioè i lavoratori di terra. In base a una circolare di inizio 2021, oggi i dipendenti Alitalia percepiscono una cassa integrazione media tra mille e 1.200 euro netti che grazie al fondo può salire fino all’80 per cento della retribuzione media dell’anno precedente.

Il taglio all’integrazione del fondo colpirà soprattutto i lavoratori con i redditi più bassi fino ad azzerare l’effetto di integrazione, così come ha calcolato Cub trasporti, il sindacato guidato da Antonio Amoroso.

La fretta di Enac

Anche con i ristori covid-19 il governo è stato prodigo con Alitalia su cui ha fatto piovere a più riprese 350 milioni di euro mentre era in procinto di passare il testimone a Ita. Cifra più che modesta rispetto ai sussidi stellari erogati a compagnie come Lufthansa o Air France dai rispettivi governi, ma di tutto rilievo se confrontati con altre compagnie italiane lasciate a secco come Blu Panorama (ora Luke Air) che non ha mai visto i 70 milioni di euro attesi e per questo ha dovuto sospendere le attività.

Pure Enac sta volenterosamente portando il suo contributo sull’altare di Ita risolvendo in un amen e secondo alcuni con una dose di zelo eccessivo gli inciampi della neonata compagnia. Quando per esempio alcuni giorni fa è venuto fuori che gli aerei Ita non avevano i permessi per atterrare a Milano con la nebbia, l’Enac è intervenuto subito stabilendo che il brevetto relativo (categoria 3) è in capo ai piloti che sono gli stessi di Alitalia. Idem con l’Etops, la regola per consentire i voli transatlantici. Ma se è così, la discontinuità dove sta?

© Riproduzione riservata