Chi conosce la provincia di Latina sa che i casi che squarciano il velo di un sistema di sfruttamento e caporalato radicato sono purtroppo all’ordine del giorno. Migliaia di donne e uomini, spesso di origine immigrata, sono obbligate a vivere condizioni di lavoro e di emarginazione particolarmente gravi. Condizioni diffuse in particolare, ma non in maniera esclusiva, nel settore agroalimentare.

Diverse importanti operazioni contro sfruttamento, padronato e caporalato condotte dalle forze dell'ordine e dalla magistratura hanno spesso disvelato, nel corso degli anni, la complicità di professionisti e dirigenti pubblici, che intervengono a vantaggio di sfruttatori e imprenditori criminali rendendo più sofisticato e articolato il sistema agromafioso vigente.

La recente operazione condotta dai carabinieri del Nucleo investigativo del gruppo carabinieri forestale di Frosinone ha addirittura ipotizzato il reato di corruzione per un dirigente della regione Lazio a capo dell'area decentrata agricoltura Lazio Sud e dell'area decentrata agricola di Latina, insieme a otto imprenditori.

Uno dei filoni di inchiesta finito alla procura di Latina ha visto, secondo gli organi di stampa, indagato per corruzione impropria il senatore di Forza Italia Claudio Fazzone, in passato membro anche della Commissione bicamerale antimafia e attualmente presidente della Commissione ambiente del Senato.
Ennesima dimostrazione di un settore che sviluppa forme di corruzione ampie che, se confermate in sede di giudizio, arrivano a coinvolgere i vertici della politica locale e nazionale.

Anche molti studi, ricerche e inchieste, condotte ad esempio da Eurispes, In Migrazione, Cgil, Legambiente, Medu, Emergency, Nazioni Unite e altre organizzazioni denunciano il persistere di forme organizzate di sfruttamento e violenza nei riguardi in particolare dei braccianti di origine straniera che, a partire dall'assunzione di sostanze dopanti per reggere lo sfruttamento, arrivano fino a condizioni di segregazione e schiavitù.

Fascismo agrario

Tra quelle più inquietanti si annovera l'obbligo dei braccianti, imposto dal datore di lavoro o dal caporale indiano, di abbassare il capo o fare il saluto romano dinanzi all'effige o busto del dittatore Mussolini presente in alcune aziende agricole pontine. Si tratta di una forma di un’umiliazione che indica la precisa collocazione di alcuni imprenditori nel quadro di un “fascismo agrario” che è, come sempre, in chiara contraddizione con lo stato democratico vigente.

Il loro scopo sarebbe quello di «insegnare», come è stato più volte riferito, l'ordine superiore al quale i lavoratori stranieri devono sottostare, ricordando loro che «in Italia comandano gli italiani» e che «il fascismo è la fede politica nella quale credono i padroni».

Nelle due foto in allegato sono evidenti le effigie fasciste che campeggiano in alcune aziende agricole pontine, che indicano il quadro ideologico che orienta la loro organizzazione produttiva fondata sullo sfruttamento, lo stato di subordinazione imposto ai braccianti stranieri e forme varie di razzismo e umiliazione.

In alcune di queste aziende, inoltre, secondo alcune testimonianze, sarebbero nascoste armi come pistole e fucili, alcune regolarmente detenute, utilizzate per ricattare e/o impaurire i braccianti stranieri e ricordare loro chi comanda e cosa è in grado di fare se gli ordini imposti non vengono eseguiti correttamente.

Queste condizioni non possono continuare a essere tollerate, a tutela dei diritti del lavoro, della dignità umana, della democrazia che è sempre e per sempre antifascista, nonostante i tentativi di revisionismo attualmente in corso da parte di un governo che vede diversi suoi esponenti politicamente legati al Pontino.

Questione di priorità

Le autorità investigative, a cui va il nostro massimo rispetto e supporto, hanno il dovere approfondire questo filone di indagine, con riferimento al legame tra alcuni imprenditori agricoli e movimenti o organizzazioni fasciste, eventuali canali di finanziamento e la possibile volontà di ricostituire il vietato partito fascista.

Il contrasto allo sfruttamento, al padronato e al caporalato nell'Agro Pontino come nel resto del paese deve tornare a essere una priorità per la politica nazionale a tutela della dignità di tutti i lavoratori e le lavoratrici, come anche il fondamentale contrasto alle mafie e ad ogni loro declinazione, fino allo loro definitiva sconfitta. Anche su questo tema, a partire dalla vigente Commissione Antimafia, l'impegno del governo risulta assai latitante, improvvisato, distante rispetto alle emergenze reali del Paese, peraltro come impone la Costituzione italiana.

Va aumentato il personale investigativo dedicato al contrasto allo sfruttamento e al caporalato e la legge 199/2016 va applicata pienamente. Il ricatto nei campi purtroppo continua a passare persino attraverso la rievocazione di stilemi fascisti. Da anni il rapporto Ecomafia di Legambiente lo dimostra in modo inequivocabile. Non possiamo più fingere di non sapere.

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