È il momento del centrodestra. C’è un grande attivismo da quelle parti. La colpa forse è di Matteo Renzi che, anche lui alla festa di Atreju, casa Meloni, ha detto: «Stavolta o la destra si incarica di fare una proposta complessiva oppure, se non lo fa, dal 20 gennaio in poi si devono cercare le ragioni migliori per cercare tutti insieme un arbitro».

In realtà sarebbe la prima volta, in tanti anni, che la Lega, ma anche Forza Italia, per non parlare prima di Alleanza nazionale poi di Fratelli d’Italia, riuscirebbe a incidere sull’elezione dell’inquilino del Colle.

La “maledizione” della presidenza potrebbe avere fine. Laddove non erano bastati il voto del 2001 e il patto del Nazareno, ci potrebbe riuscire Matteo Renzi.

Per ora ci crede Matteo Salvini, che ha annunciato le sue personali consultazioni con tutti gli altri leader di partito: «Il presidente della Repubblica è di tutti, non c'è un articolo 1-bis della Costituzione che dice che il Pd ha diritto imperituro di scelta del presidente. Stavolta i numeri sono in mano nostra, se non facciamo degli errori».

Certo l’incoraggiamento del leader di Italia viva non è secondario. E allora valutiamoli questi famosi numeri: sulla carta il centrodestra ha 443 elettori, Italia Viva 43. Dalla quarta votazione scatta la maggioranza semplice, che è di 506. In mezzo c’è la palude del gruppo misto e degli ex 5Stelle, si tratterebbe di trovare venti voti lì dentro e non sembra impossibile.

MR. B VUOLE COMINCIARE DAL QUARTO VOTO

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Il centrodestra ha però al suo interno un candidato, e un candidato ingombrante: Silvio Berlusconi. Il Cav è determinato a provarci e si è preparato per tempo. Non vuole uscire se non alla quarta votazione.

Perché? Teme moltissimo che, a cominciare dai suoi due principali alleati, si possa “bruciare” la sua candidatura nei primi voti. La voce che gira è che molti dei suoi non vorrebbero votarlo e che preferiscono manifestare la loro volontà solo nel voto segreto.

Dunque una candidatura alle prime votazioni, con un risultato molto inferiore al quorum dei 506 permetterebbe di archiviare la pratica e passare ad un altro candidato. Dunque solo dalla quarta votazione. Possibile?

C’è un altro rischio, che invece agita il sonno dei suoi alleati, un rischio che, come ha scritto Ugo Magri sull’Huffington Post viene da “tutti i “peones” i quali, sinistra compresa, tifano Cav sperando che faccia fuori Draghi per poi liquidare anche lui. Previsione finale, speriamo sbagliata: «Silvio se ne tornerà ad Arcore con la coda tra le gambe, ma lasciandosi alle spalle macerie fumanti».

MELONI VUOLE UN PATRIOTA, ITALIAN FIRST

Up patriots to arms, direbbe Franco Battiato. Italian first, direbbe Donald Trump, presidentissimo del sovranismo.

Giorgia Meloni, nel comizio conclusivo della festa di FdI “Atreju”, ha tracciato un identikit del suo presidente ideale, che dev’essere un “patriota”.

Silvio Berlusconi “lo è” mentre è ancora ignoto se lo sia Mario Draghi. Il concetto è legato all’idea di una destra sovranista, antieuropeista e un po’ autarchica.

Enrico Letta, che pure era apparso molto leale e gentile con Giorgia sul palco di Atreju, ha replicato postando una foto dell’ex presidente Sandro Pertini, con la didascalia: “patriota”.

Avrebbe potuto fare lo stesso con Francesco Cossiga e Carlo Azeglio Ciampi, gli unici due, insieme a Enrico De Nicola, eletti alla prima votazione. E d’altra parte chi si può dire non sia stato “patriota” fra i nostri capi di Stato del passato? Andrebbe chiesto alla Meloni…

RUTELLI FOR PRESIDENT

Francesco Rutelli (Foto Valerio Portelli/LaPresse)

Fra tante serie speculazioni politiche, un articolo divertissement sul Foglio: Maurizio Milani lancia Francesco Rutelli nella corsa al Quirinale.

La first lady, Barbara Palombelli, sarebbe perfetta, sostiene. E la tradizione del sindaco di Roma che diventa presidente piacerebbe tanto ai francesi (non ditelo alla Meloni). «Andava bene anche Virginia Raggi, ma non ha cinquant’anni», nota Milani. Come dargli torto?

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