Nel tempo illeggibile della polarizzazione e dell’astensione, nell’editoria italiana permane, anzi cresce, l’antica convinzione che fra lettori e ed elettori ci sia soltanto una lettera di differenza. Da qui è partita l’affollata stagione dei libri scritti (o, più modestamente, firmati) da politici, genere che negli ultimi mesi ha invaso gli scaffali fisici e digitali delle librerie italiane, attivando il conseguente caravanserraglio dei talk show e agitando bolle mediatiche molto rumorose ma con incerte capacità di spostare davvero i numeri del mercato.

L’avamposto di Piemme

Edizioni Piemme, del gruppo Mondadori, è l’avamposto dell’operazione. Solo quest’anno ha pubblicato i libri di Stefano Bonaccini, Matteo Renzi, Alessandro Zan e Luigi Di Maio, senza dimenticare quello di Rocco Casalino, che non è strettamente un politico, ma tutti sanno che senza di lui Giuseppe Conte sarebbe un Negroni senza il gin.

Altri titoli sono in cantiere. Per l’editore Solferino sono usciti il libro di visione programmatica di Enrico Letta e quello autobiografico di Romano Prodi. Alessandro Di Battista, già autore anni fa di due volumi memorabili – forse non per le ragioni che si augurava l’editore, Rizzoli – ha pubblicato con Paper First un’invettiva contro il governo con il punto esclamativo nel titolo.

Ovviamente c’è il libro di Giorgia Meloni, pubblicato da Rizzoli, caso politico-editoriale dell’anno e forse più. Da questo elenco parziale non si può infine escludere il memoir autoprodotto e autopromosso di Danilo Toninelli. L’ex ministro del Movimento 5 stelle ha detto che scriverlo «non è stata una passeggiata di salute» e Alessandro Trocino sul Corriere della Sera ha commentato in modo definitivo: «Neanche leggerlo».

Ogni mese è uscito almeno un libro scritto da politici – a eccezione di Meloni sono tutti uomini bianchi, ma non necessariamente vecchi ed eterosessuali – che faticano disperatamente a farsi votare ma sperano di convincere gli italiani a tirare fuori fra i 13 e i 17 euro per leggere le ponderate riflessioni politiche maturate lungo una gloriosa carriera o i pensierini del giorno prima messi in italiano da un ghostwriter.

La questione sorge da sé: davvero c’è una domanda per tutta questa offerta? Nel paese dove alle amministrative ha votato il 54,69 per cento degli aventi diritto, quanti vogliono farsi un giro nella testa di Di Maio o smaniano di sapere che Italia ha in mente Bonaccini?

Si scrollano come timeline

Stefano Peccatori, direttore generale di Piemme, Sperling & Kupfer e Mondadori Electa, è l’architetto della virata di Piemme – storicamente legata a religione e spiritualità, filoni che non ha abbandonato – verso la politica. Dice che la decisione di puntare sui politici è mossa in sostanza da due ragioni.

La prima: «Siamo in un periodo politico interessante, direi liquido, si stanno ridefinendo molte cose e per un editore è importante cogliere i cambiamenti», evitando l’errore di guardare fenomeni nuovi con occhi vecchi, ad esempio offrendo ai leader un semplice servizio di stamperia e fare del libro una prosecuzione del comizio con altri mezzi.

La seconda ragione arriva dagli Stati Uniti. «Osservando il mercato americano abbiamo visto che prendeva piede questo filone e abbiamo deciso di entrare con decisione nel mercato del current affairs», dice Peccatori.

L’editore propone libri che sono costruiti per un pubblico che non è ancora pronto per affrontare le 848 pagine del memoir di Barack Obama (pubblicato in Italia da Garzanti) ma vorrebbe in qualche modo accostarsi ai leader fuori dall’ecosistema del palazzo. I politici pubblicati da Piemme scandiscono i pensieri in capitoli brevissimi, propongono le singole pennellate più che il quadro, si scrollano come una timeline, non si sfogliano come romanzi di formazione. Sono concepiti per essere sezionati, ricordati e chiacchierati per frammenti, rimasticati nelle tribune televisive e nelle dirette Instagram e poi portati in tour nel paese reale.

Del libro di Zan si ricorda soprattutto il leghista gay che il deputato ha avvistato a Mykonos. Di quello di Di Maio il passaggio dove racconta dell’accusa di essere omosessuale, premurandosi di spiegare che non ci sarebbe nulla di male, ma i suoi retrogradi detrattori così la intendono.

Si tratta di un «pezzo deviato della società», scrive il ministro degli Esteri con una formula arcitaliana che richiama i “servizi deviati”, passaggio memorabile di un libro che avrebbe avuto bisogno di alcune cose, fra queste un correttore di bozze (scrive Anthony Blinken mentre il nome corretto è Antony: è il segretario di Stato americano, non un passante. Se avesse scritto Maria Draghi anziché Mario qualche testa sarebbe rotolata).

I numeri

I libri dei politici vendono? Risposta breve: poco, con alcune notevoli eccezioni. Gli ultimi dati disponibili – che non tengono conto delle copie vendute alle presentazioni, quindi sono inferiori al numero complessivo – dicono che Controcorrente di Renzi, professionista assoluto del marketing di sé stesso, ha venduto 23mila copie, Il portavoce di Casalino ne ha vendute 16.500, Contro! di Di Battista 7.400, Strana vita, la mia di Prodi poco più di 7mila, L’anima e il cacciavite di Letta 5.500, Il paese che vogliamo di Bonaccini 3.600. Sono prodotti per una cerchia ristrettissima.

Meritano una trattazione a parte i dati del libro Senza paura di Zan, uscito a settembre, quando il paese non parlava d’altro che del ddl sull’omotransfobia che porta il suo nome, poi affossato, e il deputato simbolo del progressismo era lanciato sulla piattaforma di Fedez (13 milioni di follower) e da pattuglie di fan festanti. Il libro ha venduto al momento 2.465 copie. Praticamente Zan ha più franchi tiratori che lettori.

Peccatori, che nel libro ci credeva, si sarebbe aspettato «un comportamento diverso dagli influencer nel dare visibilità: non tanto al libro in sé, quanto alla storia dell’autore che il testo ricostruisce». Ecco una croce dell’editore contemporaneo: gli influencer riescono a vendere i libri degli influencer, ma possono convertire le loro milionate di follower in qualche decina di migliaia di lettori di current affairs? L’operazione Zan dice che il pubblico di Ferragnez forse non è proprio prontissimo per questo passo.

Meno della metà di Giorgia

Un altro modo di leggere questi numeri è il seguente: Bonaccini, Casalino, Renzi, Prodi, Zan, Letta e Di Battista sommati hanno venduto meno della metà delle copie di Giorgia Meloni, arrivata oltre quota 130mila, con 4,5 milioni di fatturato.

Un confronto: nella prima settimana di libreria, trainato da talk, presentazioni e recensioni generose, il libro di Di Maio ha venduto quanto Io sono Giorgia in una settimana qualunque, sei mesi dopo l’uscita in libreria. Massimo Turchetta, direttore di Rizzoli Trade, dice che l’enorme successo del libro risiede anche nel fatto che è la «storia di un’avventura umana che va oltre i confini della stretta politica», cosa che ha permesso di raggiungere un pubblico più ampio di quello che vota dalle parti di Fratelli d’Italia.

Rizzoli, dice Turchetta, pubblica pochi libri di politici: «Non devono essere legati a scadenze elettorali effimere e soprattutto non devono essere libri episodici o di semplice aggiornamento di personaggi già noti».

Considerazione dalla quale si può dedurre che Rizzoli non ha in progetto un altro libro di Matteo Salvini, che nel 2016 ha pubblicato Secondo Matteo. Ma il leader della Lega un libro in lavorazione ce l’ha e per ragioni di opportunità politica arriverà in libreria, per un altro editore, dopo le elezioni del Quirinale.

Sarà in compagnia di Carlo Calenda, Elly Schlein e Nicola Zingaretti, protagonisti di un nuovo capitolo dell’infinita saga dei libri scritti da politici. Ma per gli editori è un affare? Dice Peccatori: «I libri dei politici non sono economici ma valgono quello che costano», che è un modo per dire l’ovvio: la visibilità permette ai politici di ottenere anticipi consistenti, comunque la vicenda vada a finire in libreria. Nessuno degli autori citati ha voluto dire quanto è stato pagato.

Casalino è l’unico su cui è trapelata una cifra, 100mila euro. Alla richiesta di una conferma ha risposto, casalinianamente, con un emoji con la bocca cucita. Se lo si prende per un sì, si tratta di un libro quasi certamente in perdita (ha fatturato 300mila euro). Figurarsi quelli dei colleghi che hanno venduto una frazione delle sue copie.

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