Tra qualche retromarcia, varie frenate e una generale improvvisazione, prendono forma le prime misure economiche del governo. La strategia si muove lungo un doppio binario: i nuovi interventi finiranno sia nel decreto Aiuti quater, ancora in fase di limatura, sia nella legge di Bilancio, che lunedì sarà esaminata a palazzo Chigi dal Consiglio dei ministri, come garantito dal ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti.

Il primo indicatore della confusione che regna nell’esecutivo Meloni riguarda la decisione di eliminare l’innalzamento a cinquemila euro del tetto del contante dall’1° gennaio 2023. La norma era stata introdotta nel decreto già approvato in Consiglio dei ministri ed era stata difesa dalla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. A suo giudizio la soglia fissata a mille euro è penalizzante per i «più poveri».

Rebus tetto al contante

La norma, però, è sparita dal testo pronto per essere pubblicato in Gazzetta ufficiale, innescando subito la presa di posizione della Lega: l’incremento del limite sull’impiego dei contanti sarà introdotto nella manovra. Una tesi rilanciata dal leader del partito, Matteo Salvini, che fin da subito si è battuto su questo punto.

La proposta di legge iniziale, firmata dal deputato Alberto Bagnai, mirava infatti a elevare a diecimila euro il tetto per l’uso del contante. La maggioranza aveva quindi trovato un punto di caduta con una cifra ridotta, esattamente a cinquemila euro.

Il comma, secondo quanto riferito dal governo, è stato espunto dalla bozza del decreto perché «non ci sarebbero i requisiti d’urgenza». Un’osservazione inappuntabile, che era chiara fin dalla prima stesura del decreto. Inoltre la questione poteva essere affrontata con un emendamento della maggioranza in sede di conversione parlamentare del provvedimento. Un segnale di confusione o, come lo ha definito la deputata e portavoce di Azione, Mariastella Gelmini, «un evidente scivolone del governo».

La manovra di Salvini

Anche su altri capitoli il quadro non è affatto chiaro. La legge di Bilancio è composta solo da alcuni titoli. L’unica certezza che prende forma è quella di una manovra intorno ai 30 miliardi di euro, grazie all’aumento del deficit di 21 miliardi di euro e il restante ricavato tra tagli alla spesa e dotazioni relative al precedente esecutivo.

Salvini ha tuttavia già lanciato la campagna propagandistica, annunciando il ponte sulle Stretto: «Nella manovra, un altro ponte di cui si parla da 54 anni sarà un esempio del genio italiano perché, se sarà come sarà, sarà il ponte a campata unica più lungo al mondo», ha affermato alla cerimonia di riapertura al traffico del ponte monumentale di Ariccia. E così ha rilanciato sullo stop alla riforma Fornero per le pensioni «e l’avvio di quota 41», ma anche l’accelerazione sulla flax tax e «una rinnovata pace fiscale».

Titoli, appunto, su cui nel concreto si registrano delle frenate. Proprio la tassa piatta, una delle bandiere dei partiti di centrodestra, sarà oggetto di un intervento minimale: al massimo verrà estesa la platea delle Partite Iva che ne beneficiano, passando dagli attuali 65mila euro a 85mila euro.

Il dossier è sul tavolo del viceministro dell’Economia, Maurizio Leo, uomo di fiducia della premier Meloni in materia dei conti. Secondo le ultime indiscrezioni si sta lavorando allargamento fino alla soglia simbolica dei centomila euro. 

Risorse scarse

Leo ha ammesso che è «complicato» prevedere la flat tax per i lavoratori dipendenti. Parole che suonano come un’ammissione sulla mancanza di margini di azione nelle pieghe del bilancio. In materia previdenza, poi, quota 41 è solo un intervento tempora in attesa di una riforma organica con il superamento della legge Fornero.

Altre iniziative sono relative alla pace fiscale, un condono di fatto, che prevede la rottamazione delle cartelle inferiori a mille euro, ma soprattutto degli sconti per quelle più elevate. Il ministero dell’Economia ha precisato che «nessun condono di carattere penale troverà posto» nella manovra. «Le misure sono al momento in fase di valutazione politica». 

Sotto esame restano le misure per contrastare l’aumento dell’inflazione e l’erosione del potere d’acquisto: parte delle risorse saranno ricavate dalla revisione del Reddito di cittadinanza. Il sussidio potrebbe essere perso dopo il primo rifiuto del lavoro e il supporto economico ridotto più velocemente nel tempo. Sul tavolo, infine, il tema del costo del lavoro: la promessa è di provvedere a un taglio di almeno il due per cento del cuneo fiscale. Ma tra l’intenzione e la realtà, bisogna fare i conti con le ristrettezze di bilancio.

© Riproduzione riservata