In un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, il ministro della Giustizia va avanti sulla separazione delle carriere, dice la sua sullo scontro politica-magistratura e chiede di intervenire con una norma ad hoc sul concorso esterno in associazione mafiosa ma dice: «Non è nel programma di governo»
In un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, il ministro della Giustizia Carlo Nordio è intervenuto nuovamente sul concorso esterno in associazione mafiosa. Nei giorni scorsi durante un intervento pubblico avevano creato polemiche le sue dichiarazioni sulla necessità di «rimodulare» il reato penale. Immediate le accuse di favorire le organizzazioni mafiose da parte delle opposizioni.
Nell’intervista di oggi, Nordio specifica che sul concorso esterno in associazione mafiosa, c’è bisogno di «una norma ad hoc, perché non esiste come fattispecie autonoma nel codice, ma è il frutto di una interpretazione giurisprudenziale che coniuga l‘art 110, sul concorso, con il 416 sull’associazione». L’obiettivo è quello di superare «un’incertezza applicativa» che si è delineata negli anni e sulla quale anche la Cassazione ha più volte cambiato indirizzo. Tuttavia rassicura: «Non è nel programma di governo».
Il ministro non si è detto stupito dalle critiche giunte dalle opposizioni e dalla stampa, bensì da quelle dei magistrati che secondo lui «dovrebbero sapere che il concorso esterno è ormai, per dirla con Churchill, un enigma dentro un indovinello avvolto in un mistero».
Le parole di Nordio rispondono alle dichiarazioni del procuratore capo di Palermo, Maurizio De Lucia, che rispondendo alla presidente della Commissione antimafia, Chiara Colosimo, ha detto: «È assai difficile immaginare di non ricorrere più a uno strumento che esiste dal 1930 è che si è rivelato utile e corretto per colpire disvalori». Inoltre, De Lucia ha aggiunto: ««È possibile rivisitare l’area applicativa, ma solo per individuare forme più tipizzate. Quanto ad altre forme di riesame e all’abolizione tout court dell’istituto, mi pare difficile».
Al Corriere, Nordio assicura che la sua interpretazione della norma «è più severa», «perché anche chi non è organico alla mafia, se ne agevola il compito, è mafioso a tutti gli effetti».
Scontro politica-magistratura
«Dopo le polemiche originate dalle mie prime critiche sull’interferenza della magistratura sul ddl prima di averne letto il testo, ho ricevuto i rappresentanti dell’Anm. È stato un incontro estremamente cordiale dal punto di vista personale, anche se esistono idee diverse sulle riforme da fare», ha detto Nordio.
Sul caso Delmastro, invece, il ministro ha detto: «L’imputazione coatta, indipendentemente dal caso attuale, la critico da 25 anni: è un residuo del vecchio codice — quando c’era il giudice istruttore — inserito nel nuovo Vassalli per un compromesso: il legislatore non ha avuto il coraggio di attuare compiutamente il sistema accusatorio, dove il pm è monopolista e arbitro dell’azione penale».
Per Nordio la questione è irrazionale «perché, dopo l’imputazione coatta, in tribunale non arriva, come un tempo, un fascicolo completo di tutte le indagini, ma un fascicolo vuoto, e il giudice deve chiedere al pm di illustrare le ragioni dell’accusa. Ma che farà il pm, se lui stesso aveva chiesto il proscioglimento? Non potrà certo smentire sé stesso. E il processo collasserà con spreco di tempo e tante sofferenze inutili».
Sulla separazione delle carriere
«Esiste in tutto il mondo anglosassone, e non mina affatto l’indipendenza della magistratura requirente. Tuttavia richiede una revisione costituzionale, e quindi il cammino è più lungo. Comunque fa parte del programma di governo, e sarà attuata», dice Nordio.
L’obiettivo del ministro è di accelerare i tempi ed evitare rallentamenti inutili: «Separazione delle carriere significa anche discrezionalità dell’azione penale e facoltà del pm di ritrattarla. Tutte cose che in questo momento la Costituzione non consente. Ma se fossero attuate eviterebbero almeno un trenta per cento dei processi che si rivelano inutili e dannosi e rallentano la celebrazione di quelli più importanti e quindi la giustizia sarebbe più celere».
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