Marciare divisi per colpire divisi, una polizza a vita per il governo delle destre. Alle opposizioni separate in casa, anzi nelle camere, mancavano solo le manifestazioni ciascuno per sé. Ieri sono arrivate. Il giorno in cui Giorgia Meloni presenta la finanziaria, Pd e Cinque stelle lanciano una risposta di piazza. Ma ognuno a casa sua, anzi nella sua piazza.

In realtà il segretario dem Enrico Letta aveva annunciato un appuntamento di popolo già all’assemblea di sabato scorso. Data già fissata per il 17 dicembre, la piazza non si sa ancora. Ma in quella circostanza la notizia, non centrale, è stato poco raccolta dai media. Per questo ieri Letta, dopo la conferenza stampa della premier sulla manovra, ha tentato un contropiede e l’ha rilanciata sui social: «Sabato 17 dicembre la nostra manifestazione contro una manovra improvvisata e iniqua».

Modello corteo della Pace

Anche Giuseppe Conte deve ribadire una notizia che ha già dato il giorno prima, e cioè l’intenzione di chiamare a raccolta tutti quelli che vogliono difendere il reddito di cittadinanza, che Meloni annuncia di cancellare da subito. Il presidente M5s già lunedì, in un convegno, ha chiamato la sinistra a raccolta, sfidando il Pd a dirgli di no: «Spero che tutte le forze che hanno a cuore le persone in difficoltà in questo momento di crisi si uniscano in questa battaglia», anche i dem dunque, perché questa mobilitazione «è il minimo sindacale per una forza che si chiama progressista». Ma ieri anche lui ha dovuto ribadire l’appuntamento, classificandosi secondo dopo Letta: «Questo governo vuole togliere al paese l’unico sostegno che non ha mandato per strada milioni di persone in estrema difficoltà e lavoratori che pagano lo scotto di stipendi da fame che non consentono nemmeno di fare la spesa. Se vogliono mandare fuori strada gli ultimi, troveranno un muro. Non possiamo permettere un massacro sociale».

Quando i Cinque stelle scenderanno in piazza, e in che modalità, ancora non è deciso. Chi lavora con Conte però esclude che le vie del Pd e del movimento si incrocino: «Non è proprio la nostra strada», viene assicurato. Ma il punto è un altro: Conte ha in testa un ampio coinvolgimento di forze politiche sociali e civiche. Sul modello della manifestazione della pace. «L’obiettivo», spiegano i suoi più vicini, «è ottenere una sensibilizzazione dell’opinione pubblica nel segno della giustizia sociale e della difesa delle fasce più deboli della popolazione piuttosto che marcare una mera difesa d’ufficio di una riforma targata M5s».

Anche Enrico Letta, che ieri era a Parigi, al telefono con alcuni parlamentari, ha escluso che ciò che Draghi ha diviso nelle camere, ovvero l’alleanza giallorossa, possa essere riunito nelle piazze: «Non c’è nessuna possibilità di convergere. Intanto perché le due manifestazioni hanno chiaramente una diversa ratio», è il punto, «Noi facciamo un ragionamento più ampio, che non tocca solo il reddito di cittadinanza. Se loro vogliono chiamare in piazza tutti i percettori, facciano pure». La manifestazione Pd peraltro è incastonata in tre giorni di mobilitazioni prima delle feste natalizie, dal 15 al 17 dicembre. E, viene spiegato al Nazareno, «affronta più in generale i temi del lavoro e delle diseguaglianze, della recessione e del rilancio dell’economia».

Ma qui il problema è che la sfida con la piazza grillina potrebbe essere quantitativa, ma soprattutto qualitativa: per il Pd sarebbe poco più che un appuntamento “esterno” del congresso, per Conte sarebbe un tentativo di mettere insieme una coalizione sociale progressista.

Pd, Meloni improvvisa o no

Il Pd lavora a una controfinanziaria. Che però rischia di restare il solito quaderno dei sogni, senza una strategia comune delle opposizioni. Anzi, la situazione delle minoranze in aula rischia di diventare anche più complicata. All’indomani, peraltro, della discussione sulle armi all’Ucraina voluta da una mozione M5s, che farà sballare alcune forze politiche, di certo il Pd.

Se da una parte Conte tira Letta sul reddito, dall’altra Carlo Calenda fa lo stesso gioco, uguale ma contrario. Gli scrive, via social: «Enrico, fare manifestazioni contro la manovra senza proporre un’alternativa è esattamente l’opposizione che la destra si augura di avere. Vi manderemo il documento di dettaglio sulle proposte per una contromanovra più equa e giusta. Lavoriamoci insieme».

Va segnalata la freddezza della Cisl sull’idea di andare in piazza contro una manovra a cui viene dato il via libera, parlando di capitoli persino «condivisibili» sul contrasto all’evasione. La Cgil riunirà oggi i suoi vertici per una valutazione del testo governativo: è certo che il sindacato di Maurizio Landini sarà corteggiatissimo da entrambe le piazze. Anche perché, sul lato Pd, va detto anche che dai sindaci, riuniti ieri a Bergamo per l’assemblea dell’Anci, l’associazione dei comuni, non arrivano toni da barricate contro il governo. Né dal presidente, il sindaco di Bari Antonio De Caro, né dal sindaco ospite Giorgio Gori, e neanche dal milanese Beppe Sala.

Il fatto è che il congresso Pd – giovedì la direzione nominerà il «comitato costituente», ovvero i saggi che riscriveranno il manifesto dei valori – mette in luce le diverse anime interne.

Ieri il candidato Stefano Bonaccini ha sposato la manifestazione del partito: bene «che si scenda in piazza tra le persone». E anche l’ex ministro Andrea Orlando. Con un’analisi che però, a guardare bene, si discosta dal segretario che aveva parlato di manovra «improvvisata». «Non è una manovra improvvisata», corregge il leader della sinistra interna, «è una manovra che esprime un’idea di società», «è una manovra lucidamente reazionaria e di classe».

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