Paolo Pirani, sindacalista Uil e consigliere del Cnel, ribadisce il suo no al documento sul salario minimo preparato dal Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro presieduto da Renato Brunetta. Pubblicato la settimana scorsa, il testo ha bocciato l’ipotesi di compenso minimo orario, e Uil e Cgil non lo hanno approvato. «Abbiamo già discusso – ribadisce Pirani – . Noi avevamo fatto un documento unitario a luglio in funzione di un’audizione sulle varie proposte di legge. Sottolineava come il salario minimo fosse una delle misure tra le altre, ma lo metteva dentro. Adesso la discussione, che è stata fatta su richiesta del governo di fornire un parere, si è arenata attorno a questo scoglio».

Per Pirani il documento finale «contiene un grave vulnus»: «Non veniva recepita come una tra le proposte tra cui intervenire proprio quella del salario minimo. Anche se l’ipotesi di rendere i Contratti collettivi nazionali punto di riferimento è corretta».

Il presidente del Cnel, Renato Brunetta

Sul primo documento la Uil, a differenza della Cgil che ha detto subito no, si era astenuta.
La prima parte era analitica e faceva riferimento ad alcuni dati, però si fermava lì. Ci parevano limitanti rispetto all’entità del fenomeno lavoro povero che vediamo in almeno 3 milioni di persone, ma abbiamo voluto aspettare senza avere posizioni pregiudiziali. Alcune proposte sono interessanti. Il 12 l’assemblea ratificherà lo stato dell’arte e diremo di nuovo no alla proposta finale.

Il documento sarà discusso con Meloni?
Verrà inviato al governo come richiesto. Resta il fatto che il governo dovrebbe convocare le parti sociali, come organizzazioni sindacali. E non può esaurire la discussione sulle problematiche della precarietà. Il governo latita.

Lei è d’accordo sul salario minimo a 9 euro all’ora, inserito nella proposta di legge in parlamento?
Siamo d’accordo con il salario minimo, il punto di riferimento sono i minimi nazionali dei contratti di lavoro. Noi non abbiamo fissato delle cifre.

La Cassazione su ricorso di un vigilante ha stabilito recentemente che i Contratti collettivi non sempre sono sufficienti, a quel punto il giudice ha il diritto di fissare il «salario minimo costituzionale». Non vi fa riflettere?
Dovrebbe fare riflettere tutti. I contratti applicati sono contratti che vanno sopra i livelli minimi, ma ci sono alcune situazioni di particolari, come i settori dell’agricoltura e del terziario che sono al di sotto: alcuni contratti non si rinnovano da molti anni.

Noi facciamo quello che possiamo, sul contratto della vigilanza privata rifiutammo di firmare il primo contratto, abbiamo firmato il secondo, ma adesso siamo promotori di una serie di cause e stiamo sostenendo i ricorsi dei lavoratori. Occorre un sostegno alla contrattazione collettiva che viene fatta dai sindacati. Riguarda anche il governo, perché per primo non sta rinnovando quello dei pubblici dipendenti. Si fanno grandi elogi degli infermieri, dei poliziotti ma sono dipendenti pubblici che vanno pagati di più. In generale poi non basta dire salario minimo, ma anche no alla precarietà.

La Cgil ha fatto una grande manifestazione, voi non avete partecipato. Il segretario Maurizio Landini ha dato un taglio troppo politico, come hanno scritto alcuni commentatori?
Non so se troppo politico, non abbiamo aderito perché siamo per fare iniziative che coinvolgano le organizzazioni sindacali, invece coinvolgeva associazioni. C’era un po’ di tutto, si configurava come una manifestazione omnibus, noi siamo per sviluppare iniziative sui temi che abbiamo posto: mancanza di investimenti, pensioni, sanità, un salario dignitoso. Chiediamo la detassazione degli aumenti contrattuali.

Sono le proposte per la legge di Bilancio?
Certo, e poi c’è l’intenzione di intervenire sul cuneo fiscale, ma occorre una misura strutturale.

In queste condizioni economiche pensa che si possa arrivare a uno sciopero generale?
Non credo a una data definitiva, e poi finisce lì, ma a una mobilitazione e a un confronto che dura nel tempo, e sicuramente durerà fino a dicembre. Ci auguriamo che sia unitaria. Lo sciopero lo abbiamo fatto anche con Draghi, oggi dobbiamo fare pressione sul governo per cambiare alcuni indirizzi.

Quali indirizzi?
C’è un problema che emerge dalla Nadef: il rapporto deficit-pil. Una delle cose che si dovrebbero fare subito, oltre alla lotta contro l’evasione fiscale, è la tassazione degli extraprofitti lì dove si è creato monopolio, come settori i settori energetici, farmaceutica o le banche.

Torniamo al Cnel. La Uil ha fatto ricorso al Tar sulla nuova composizione, come mai?
Il 25 ci sarà la prima udienza. Il governo ha fatto una scelta negativa per il concetto che viene espresso: non si tiene conto della rappresentatività, ma hanno fatto una scelta politica per favorire gli amici degli amici.

Tra i nuovi ingressi c’è l’Usb, è amica di Meloni?
Ci sono nemici che conviene avere: in questo modo si riduce lo spazio sindacale delle confederazioni, delle associazioni che riuniscono le aziende pubbliche, come Utilitalia, e persino di Confindustria.

C’è da dire che non si parlava così tanto di Cnel da tempo. Il presidente Renato Brunetta come sta lavorando?
Io vedo che c’è un forte attivismo sul Cnel, non sono d’accordo sugli attacchi che ha subito in passato, e credo che ci si stia preparando a una legislazione che riporti al centro i corpi intermedi. Credo che sia un percorso virtuoso, poi ci sono nodi politici su cui ci confrontiamo: sul salario minimo è stato un dibattito vero. La soluzione però non ci ha convinto.

Quindi che ne pensa del metodo Brunetta?
Si sta applicando l’articolo 99 della Costituzione («è organo di consulenza delle Camere e del Governo per le materie e secondo le funzioni che gli sono attribuite dalla legge», ndr), a questo si aggiunge una particolare effervescenza del presidente che reputo positiva. In questo caso i tempi contingentati non hanno aiutato. La discussione dentro al Cnel è finita, ma rimane nel paese ed è una nostra richiesta nei confronti del governo.

© Riproduzione riservata