Più si affanna, meno le cose vanno come vorrebbe. La fase è sempre più nera, per il leader della Lega Matteo Salvini, uscito con le ossa rotte dal voto in Abruzzo, dove è piombato all’8 per cento diventando il fanalino di coda della coalizione. «È pur sempre l’Abruzzo», si limita a commentare un parlamentare leghista, volendo minimizzare i risultati in una regione che non ha mai goduto di centralità. Eppure, la strada da qui alle elezioni europee è lastricata di tranelli, e rischia di condurre al commissariamento del segretario leghista.

Descritto come «nervoso», Salvini si sta affannando su e giù per l’Italia, complice il suo ruolo di ministro dei Trasporti, per inaugurare progetti o per presenziare a eventi del partito. La prossima settimana, poi, punta moltissimo sulla convention sovranista del 23 marzo a Roma, per cui ha scelto gli Studios di via Tiburtina e il titolo evocativo di winds of change.

Come da chat interna, sono stati precettati a partecipare i provenienti da «Abruzzo, Campania, Lazio, Marche, Molise, Toscana e Umbria», ma tutti sono graditi. La speranza è che sul palco salgano nomi di pregio – una su tutti Marine Le Pen, che allo scorso evento mandò un videomessaggio – ma con la consapevolezza che in questo momento la Lega non è attrattiva nemmeno per gli alleati europei.

Come ben sanno i suoi precedenti alleati, un Salvini in crisi di nervi diventa imprevedibile. Tuttavia, Giorgia Meloni non sembra intenzionata ad assecondare gli strappi dell’alleato, relegandolo alla sua posizione isolata di opposizione dentro governo.

Tutti i problemi

L’ultimo boccone amaro è stato quello di dover rinunciare al suo uomo alla presidenza dell’Istat. Salvini, infatti, caldeggiava la nomina di Giancarlo Blangiardo per il bis alla presidenza dell’istituto statistico, ma il governo ha definitivamente ritirato la richiesta di parere parlamentare sulla proposta e la commissione Affari costituzionali ne ha preso atto.

L’esecutivo ha preso atto che la forzatura sulla riconferma era ormai impantanata: impossibile ottenere in commissione la maggioranza rafforzata dei due terzi richiesta. Così, dopo mesi di stop, il bis del dirigente vicino alla Lega è definitivamente saltato e il ministero della Funzione pubblica ha pubblicato un bando per gli aspiranti candidati.

È solo l’ultimo sgarbo in ordine di tempo. Nei giorni scorsi, infatti, è stata confermata la bocciatura anche in aula al Senato dell’emendamento leghista per il terzo mandato dei presidenti delle regioni che già era stato fermato in commissione. Necessario per riconfermare Luca Zaia in Veneto, il testo si è infranto contro il muro del resto del centrodestra. Nulla di nuovo né di imprevisto, ma Salvini ha comunque ordinato di andare avanti e tenere il punto.

Anche il ponte sullo Stretto, cavallo di battaglia del segretario al sud in vista delle europee, rischia la brusca frenata. In questo caso gli alleati alzano le mani: «Ha fatto tutto da solo». Il freno a mano è stato tirato dal comitato scientifico esterno nominato dallo stesso ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, che ha dato parere positivo al progetto compressivo, ma ha mosso 68 rilievi prima del via libera. Ostacoli, questi, che faranno slittare l’apertura dei cantieri dopo l’estate 2024.

La sensazione di accerchiamento, poi, è alimentata anche da fattori extrapolitici. La Procura di Roma, infatti, ha ottenuto il giudizio immediato per Tommaso Verdini, figlio dell'ex parlamentare Denis (anche lui indagato) e fratello della sua compagna Francesca, coinvolto con le ipotesi di corruzione e turbativa d’asta nell'indagine sulle commesse in Anas. Salvini è del tutto estraneo alla vicenda penale, ma Anas fa riferimento al suo dicastero e nelle carte è menzionato Federico Freni, leghista e sottosegretario al Mef.

Il partito

Tra i fronti aperti c’è anche il partito, che Salvini sente scricchiolare intorno. I vertici delle regioni del nord sono da tempo critici e il nuovo inabissamento del testo sull’Autonomia differenziata (la commissione sui lep non ha completato il lavoro) non lo aiuta nella percezione del suo elettorato storico.

Un cattivo risultato alle europee può essere l’ultima spallata necessaria a disarcionarlo, anche se un nuovo leader ancora non si vede e la soluzione più accreditata è quella di una transizione a un provvisorio triumvirato dei governatori del nord.

Fantapolitica, per ora, ma anche Meloni è in campagna elettorale, non intende assecondare più alcuna richiesta strumentale del leghista e non teme il Papeete bis: se si tornasse a votare, l’esito sarebbe certo.

© Riproduzione riservata