L’Italia cercherà di coinvolgere l’Unione europea sul caso Giulio Regeni, ma per ora non richiamerà l’ambasciatore dall’Egitto. Questa mattina si è svolto un incontro a Palazzo Chigi per discutere la conclusione delle indagini sulla morte del ricercatore torturato e ucciso al Cairo nel 2016. Il 10 dicembre la procura ha individuato quattro 007 egiziani che potrebbero essere rinviati a processo, per un quinto invece risultano prove insufficienti. Per nessuno di loro la procura di Roma è riuscita a ottenere gli indirizzi del domicilio per poter notificare gli atti. Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, di fronte alla ricostruzione della procura delle torture subite da Regeni, ha chiesto l’incontro di governo e ha proposto di coinvolgere direttamente l'Ue affinché faccia a sua volta pressione sull'Egitto per l’elezione di domicilio degli indagati.

L’incontro

All’incontro, oltre al capo della diplomazia, erano presenti anche il premier, Giuseppe Conte, e i ministri dell’Interno, Luciana Lamorgese, e della Difesa, Lorenzo Guerini. Il responsabile della Farnesina nel corso dell’incontro ha detto che «l'Italia è un Paese fondatore dell'Ue e sul tema dei diritti umani non è concesso fare passi indietro. È opportuno che ad esprimersi chiaramente su questo tema siano anche i nostri partner europei attraverso azioni mirata». 

Per un’ipotesi di blocco della vendita di armi l’Italia aspetterà le mosse dell’Unione europea e gli esiti. Nelle prossime ore, spiegano dal ministero degli Esteri, la Farnesina intraprenderà delle iniziative di sensibilizzazione nei confronti degli altri paesi dell’Unione. Il ministro sentirà l’alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri, Josep Borrell, e gli omologhi di Francia, Germania e Spagna. Da come andranno queste interlocuzioni si vedrà in futuro se si arriverà a stabilire anche eventuali sanzioni all’Egitto.

L’attesa per l’ambasciatore

La famiglia chiede da tempo il richiamo dell’ambasciatore per consultazioni. Il tema, riferiscono dalla Farnesina, è stato discusso per la prima volta, ma non sono state prese decisioni perché il ministro vuole attendere la risposta degli altri paesi. L’Italia chiederà che il caso Regeni venga messo tra i punti all’ordine del giorno del prossimo consiglio dei ministri degli esteri europei, il 25 gennaio, quando ricorreranno cinque anni esatti da quando Giulio fu rapito. Di Maio nel pomeriggio ha fatto un intervento su Facebook. Ha raccontato l’esito del confronto con Conte e i ministri e mandato un saluto alla famiglia Regeni: «Chiederemo a tutti i paesi di prendere posizione, non bisogna cercare i colpevoli, bisogna processare i colpevoli individuati dalla magistratura».

Patrick Zaki

Il ministro ha poi ricordato gli altri casi irrisolti sul fronte internazionale. Ha aggiunto che bisognerà lavorare anche per Mario Paciolla, ucciso in circostanze misteriose in Colombia. Inoltre ha ricordato i pescatori trattenuti in Libia e Chico Forti.

Il ministro si è espresso anche su Patrick Zaki, lo studente egiziano che stava frequentando un master a Bologna prima di essere arrestato e imprigionato nel carcere di Tora in Egitto. Da allora sono trascorsi oltre 10 mesi: «Sappiamo che è un cittadino egiziano, ma vogliamo permettergli di riabbracciare la famiglia il prima possibile». L’intenzione è chiedere che l’argomento venga trattato congiuntamente al caso Regeni in sede di consiglio dei ministri degli esteri. Il ministro nel suo live ha detto: «Non dobbiamo scambiare il silenzio con l’inattività, il silenzio è consono a questo genere di azioni».

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Posted by Luigi Di Maio on Wednesday, December 16, 2020

Il discorso di Fico 

La famiglia Regeni, il giorno stesso della notizia della conclusione delle indagini, nel corso di una conferenza stampa alla Camera, aveva chiesto che l’Italia richiamasse immediatamente l’ambasciatore e bloccasse la vendita di armi. Paola Deffendi e Claudio Regeni, i genitori di Giulio, hanno inoltre ricordato che nessuno dell’esecutivo si era più fatto sentire da loro dalla fine dell’anno scorso. Alla conferenza aveva preso parte il presidente della Camera Roberto Fico. Oggi Fico è tornato a parlare del caso nel corso del suo discorso per gli auguri di Natale alla stampa parlamentare: «Il mio lavoro cerca sempre di essere coordinato con le altre istituzioni del Paese, perché più lo è più è efficace. Ho avuto delle interlocuzioni nell'ultimo periodo sul caso Regeni» ha detto. Fico ha ricordato che solo pochi giorni fa il procuratore capo Michele Prestipino e il Pm Sergio Colaiocco hanno relazionato sulla chiusura delle indagini. Per la prima volta si è saputo che ci sono dei testimoni oculari delle sofferenze subite da Giulio durante la sua detenzione ad opera della National Security Agency egiziana. «Nel momento in cui sono state chiuse le indagini, il primo luogo in cui i magistrati sono andati a dire il loro lavoro è stato il parlamento, nella commissione d'inchiesta sulla morte di Giulio Regeni su cui stiamo lavorando tutti».

Dal momento in cui i magistrati «hanno scritto quel che hanno scritto noi dobbiamo essere un paese ancor più indignato». Per il presidente della Camera quello che è accaduto «ci deve far riflettere e dobbiamo capire cosa questo paese può fare sul tema dei diritti umani. Una civiltà come l'Europa deve portare avanti la questione dei diritti umani in tutti i modi». La questione dei diritti umani «non è sacrificabile rispetto ad altro». Negli scorsi giorni, Fico era intervenuto anche in un’intervista ad Al Jazeera, dicendo che la Camera proseguirà lo stop dei rapporti diplomatici fra la Camera dei deputati e il parlamento egiziano, decisa da Montecitorio nel novembre 2018.

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