Giuseppe Conte ha una non-vittoria già in tasca. La mediazione tecnica sta procedendo e pontieri della Commissione giustizia, primi fra tutti i deputati Giulia Sarti ed Eugenio Saitta, stanno lavorando sui dettagli. Ma tutti sono in attesa di un segnale dall’alto: fino ad allora in commissione è tutto fermo, non si può neanche procedere alla discussione generale, figurarsi alla votazione degli emendamenti, ridotti ormai a “soli” 400.

Ma lo sforzo dei deputati passa sottotraccia, la comunicazione ha deciso che l’unica voce che deve scandirsi nitida è quella dell’avvocato di Vulturara Appula. In questi giorni diverse volte l’ha alzata con un messaggio chiaro: «Io non minaccio perché non è il mio stile, però...»

La verità è che nei gruppi, ormai, il tema della giustizia non agita più quasi nessuno, soprattutto a pochi giorni dalla pausa estiva del parlamento. Certo, la parola che pesa per valutare l’accordo è soprattutto quella dei colleghi in commissione, ma che la fiducia di venerdì sarà votata è ormai fatto quasi certo.

A poco stanno servendo infatti le manovre di Conte in parlamento: si è sgonfiata la minaccia che poteva rappresentare il gruppo del Senato, da sempre vicinissimo all’ex presidente del Consiglio. La prova si è avuta nella votazione del decreto che riguarda la governance del Recovery plan: nove senatori sono risultati assenti senza giustificazione. Se doveva essere una prova di forza delle truppe del futuro leader del Movimento, certo non è riuscita a spaventare Mario Draghi, anzi: se perfino al Senato solo così pochi rispondono alle indicazioni di Conte, di rischio concreto non ce n’è.

Dopo alcuni giorni di mediazione, sembra che il massimo ottenibile dall’ex presidente del Consiglio sia un punto di caduta sull’eccezione dell’applicazione dell’improcedibilità sui reati di mafia e terrorismo, di cui si discute già da giorni.

Nei gruppi c’è già chi dice che non basta, ma è probabile che l’accordo si trasformi in realtà nel Consiglio dei ministri in programma per le prossime ore: dovrebbe essere quello il momento in cui, nonostante l’opposizione della Lega, le istanze di Conte si riverseranno in una serie di emendamenti da sottoporre all’aula nel voto di venerdì.

La partita di Conte

A quel punto, la questione dovrebbe essere chiusa, con qualche mal di pancia che rimane nei gruppi. L’accordo lascerebbe Conte pronto a ricevere su SkyVote l’incoronazione con il via libera alla sua nuova Carta dei valori.

Il lancio del programma è arrivato con un video di oltre cinque minuti pubblicato sui social del futuro leader, in cui dopo una lunga serie di immagini evocative la familiare voce dell’avvocato enumera le nuove cinque stelle del rilancio (salvo iniziare l’elenco dalla seconda, mantenendo avvolta da mistero la prima). Il contenuto resta piuttosto vago: si passa dalla giustizia sociale all’economia socioecologica di mercato, dall’innovazione tecnologica alla pace.

Il risultato positivo della votazione indetta per il 2-3 agosto su SkyVote è praticamente già scritto, ma nel partito c’è più di qualcuno che profetizza che alla prima convocazione il quorum per rendere valida la votazione di modifica dello statuto non sarà raggiunto.

Sarebbe un duro colpo per l’ex presidente, che si era detto disponibile a lavorare solo con una legittimazione piena.

Certo i presupposti non sono dei migliori: a Torino per votare il candidato sindaco si sono espressi solo 625 aventi diritto al voto su 1.529, come ha rivelato il Corriere Torino, un’affluenza pari al 40,9 per cento.

A contribuire al clima teso di queste ore ci sono anche gli incontri che Conte ha avuto con le delegazioni di deputati e senatori: un deputato parla di un «rapporto che finalmente si normalizza», con addirittura un velo di sfiducia che oscura i luminosi progetti del futuro leader. «C’era tanta attesa per questi confronti, alla fine sono andati tra il normale e il malino». Non proprio un attestato di fiducia.

Questioni interne

Che la riforma Cartabia non infiammi più gli animi dei Cinque stelle emerge anche dalle preoccupazioni degli eletti: mentre infatti al Campidoglio si è aperto uno scontro tra il presidente dell’aula Marcello De Vito e la sindaca Virginia Raggi per intestarsi l’invito e la premiazione dei Måneskin con la Lupa capitolina, il viceministro Gianfranco Cancelleri ha creato un piccolo caso con la sua apertura al leader siciliano di Forza Italia Gianfranco Miccichè per applicare un “modello Draghi” anche alle elezioni siciliane del 2022. Cancelleri ha poi aggiustato il tiro parlando di «moderati». Colleghi eletti e attivisti della base non gli hanno ancora perdonato la mossa, che arriva dopo una presa di posizione forte a favore di Grillo durante lo scontro con Conte («non mi riconosco più in questo Movimento», aveva detto) e una revisione della posizione, da sempre contraria, del Movimento sul ponte sullo Stretto.

Nel frattempo, anche sulle chat dei parlamentari di giustizia si parla ben poco: a tenere banco sono soprattutto le amministrative e il dubbio se per scegliere gli scrutatori si terrà conto del green pass. O ancora, l’incertezza se le banche possano rifiutarsi di aprire un conto corrente dedicato in via esclusiva all’attività di compro oro.

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