I Cinque stelle continueranno a sfidare il Pd e a rifiutare l’alleanza, fino alle europee del 2024. Poi, quando entrambi i partiti si saranno pesati, si potrà aprire una nuova pagina unitaria per il centrosinistra. Roberto Speranza, segretario di Art.1 e ex ministro della sanità, spiega quando finirà la stagione dei conflitti dell’ex campo largo. E lancia una manifestazione sulla questione sociale.

«Le destre non hanno ancora capito che è finita la campagna elettorale e ora hanno in mano il futuro del paese. Le prime scelte del governo sono messaggi identitari: dai naufraghi, ai rave, all’occhiolino strizzato ai no vax. Ma c’è l’inflazione al 12 per cento, le famiglie e le imprese vivono condizioni difficili. Per ora usano le risorse accumulate nella fase del governo Draghi.

L'opposizione divisa è un’assicurazione per la durata della maggioranza?

Se l’opposizione fosse unita sarebbe andata unita al voto e loro non sarebbero al governo. Perché al voto non c’è stato uno sfondamento della destra. Ora con questa divisione dobbiamo fare i conti. Ma è stato un grave errore, e perseverare nell’errore è anche peggio. Ma so che ci vuole tempo e lavoro.

Un errore di chi?

C'è una responsabilità del M5s, ma anche del Pd. E di Carlo Calenda, naturalmente. M5s a un certo punto ha deciso che per il suo tornaconto elettorale era meglio allontanarsi dal governo e dal centrosinistra. E così ha aiutato nei fatti Giorgia Meloni e Matteo Salvini. La responsabilità del M5s è grossa: hanno recuperato consenso, ma l’esito è stato consegnare il paese alla destra. Dall’altro lato il Pd, nonostante lo strappo con Draghi, avrebbe dovuto insistere per l’alleanza. Forse il M5s avrebbe detto di no ma è un errore non provarci fino in fondo. Anche il Pd ha fatto una scommessa: si è illuso che l’elettorato in uscita dalla Lega e da Fi, quei ceti produttivi spiazzati dalla sfiducia al governo, soprattutto nel nord del paese, potessero rivolgersi a un centrosinistra, meglio se senza il M5s.

https://www.editorialedomani.it/politica/italia/pd-m5s-ceravamo-poco-amati-scene-da-un-divorzio-annunciato-rhubiqca

Conte riproduce lo stesso schema per il Lazio. E anche il Lazio rischia di essere consegnato alla destra.

È di nuovo un errore molto grave. Nel Lazio abbiamo governato bene insieme. Questa rottura è incomprensibile.

Ma se per M5s l’obiettivo è guadagnare qualche punto grazie rubandolo al Pd, come si può immaginare un ritorno all’alleanza?

M5s e il Pd sanno che per fare un’alternativa alla destra dovranno ricominciare a dialogare. È chiaro che farlo un minuto dopo le politiche in cui si è andati divisi è difficile, e che in questo momento fra i due partiti c’è una tensione competitiva. Le europee saranno poi lo spartiacque. Sarà il momento in cui i due partiti si misureranno e si capirà da quale posizione di forza partire per le alleanze. Il problema è che questo egoismo nel frattempo produce disastri: si rischia di perdere presidi territoriali cruciali. Per i Cinque stelle è un prezzo minore, visto che che non governa quasi da nessuna parte. Molto più pesante invece è per il centrosinistra che governa in molte realtà importanti. La scelta di non andare uniti nel Lazio è la più inspiegabile, Alessio D’Amato tra l’altro è un simbolo di buona gestione della sanità durante la pandemia, tema che dovrebbe stare a cuore a Giuseppe Conte.

Con D’Amato il Pd si allea con il terzo polo. Una prefigurazione del futuro del Pd?

Non credo.

Il congresso del Pd per voi è un ritorno a casa?

No, noi siamo interessati alla costituente di una nuova forza della sinistra italiana. Il Pd dopo anni in cui si è considerato autosufficiente riconosce che c’è bisogno di andare oltre sé stesso. E dice: oggi non basta il Pd, non basta Art.1 e le altre sigle. C’è una casa nuova da costruire, noi siamo interessati a questo percorso e andremo a vedere se sarà davvero l’occasione per ricostruire. Vogliamo starci per dare battaglia, per pensare una sinistra nuova. A me la parte che interessa di più del congresso è proprio la prima, quella in cui dobbiamo dire chi siamo chi vogliamo rappresentare, qual è l'identità della nuova forza politica che deve nascere, superando quelle esistenti. Penso sia un’opportunità di ripartenza per tutta la sinistra. Art.1 starà nel percorso con le nostre idee con la nostra autonomia per dare battaglia. Sapendo che l’esito è tutto da scrivere. Nel percorso costituente serve un grande momento di mobilitazione popolare, a dicembre, che parli dei problemi reali delle persone: i salari, il lavoro, la difesa di sanità e scuola pubblica. Dobbiamo gridare che la questione sociale è il cuore della nostra proposta politica. E dobbiamo farlo in piazza, contro un governo che prova a distrarre l’opinione pubblica dai temi cruciali che hanno a che fare con la vita di tutti i giorni. Lo scontro sui barconi serve solo a nascondere l’inflazione che mangia il reddito delle famiglie.

Secondo Andrea Orlando nel Pd c’è chi critica il capitalismo, anche in maniere diverse, e chi no. Voi, a spanne, siete nel primo gruppo. E vincesse un segretario che non sta sulla linea che auspicate?

Capisco la domanda. Ma è sbagliato delegare l’identità del partito al segretario eletto. Ed è l’errore commesso in questi anni dal Pd. In questa prima fase capiremo se si riesce a fare chiarezza: il Pd, quello che è stato fin qui, è passato da un giorno all’altro da massimo difensore di Conte, che considerava il capo dei progressisti, al più fedele difensore di Draghi trasformando la sua “agenda”, frutto di un compromesso tra forze molto diverse, in una linea politica. Quando succede questo il problema non sono né Draghi né Conte ma la debolezza della tua identità. La discussione ci porterà a scrivere un nuovo manifesto dei valori per dire chi siamo, chi rappresentiamo, da che parte stiamo. Il Pd è nato in una fase della globalizzazione neoliberista in cui anche nella sinistra, non solo in quella italiana, si pensava che il mercato da solo potesse risolvere tutti i problemi. Quella stagione è archiviata. E così l’idea di un catch-all party, di un partito prenditutto, che prende voti indifferentemente da tutte le parti della società e dunque non si capisce quali interessi difende. Chiarito questo, qualunque segretario dovrà interpretare questa linea.

Insisto: e se Art.1 si ritrovasse in minoranza? C’è chi ipotizza una scissione: per voi sarebbe una situazione paradossale.

E io le ripeto: le minoranze e le maggioranze si costruiscono nei congressi. Ma noi prima dobbiamo costruire una linea identitaria fondamentale. Se saremo convinti del profilo del nuovo partito, sosterremo il candidato che sentiremo più vicino. Ma non ci potranno essere linee del tutto incompatibili nel nuovo soggetto.

Oggi nel Pd ci sono linee incompatibili?

Di certo ci sono posizioni molto diverse. Un’identità fragile consente di tenere tutto e il contrario di tutto. E senza un’identità chiara rischia di inseguire tutti e non rappresentare nessuno. I limiti, sia chiaro, sono quelli del Pd, ma anche i nostri. Quando diciamo che il Pd è radicato solo nei ceti benestanti e beneistruiti, sappiamo che questo vale per noi e per le altre formazioni a sinistra del Pd. Per essere chiaro: Leu non ha sfondato nei quartieri popolari e nelle borgate. Naturalmente questo grande tema non è risolvibile neanche in un solo congresso, richiederà un processo più lungo. Ma il congresso deve dare un primo segnale chiaro.

https://www.editorialedomani.it/politica/italia/provenzano-partito-democratico-li87ta78

La sinistra nel Pd non riesce a riunirsi. Siete frammentati dentro come fuori. Perché?

Io sono il segretario di un altro partito. Ma credo che se si parte dalle idee e non dai nomi ci sia un largo terreno comune su cui lavorare.

https://www.editorialedomani.it/idee/commenti/il-pd-ha-dei-problemi-strutturali-che-non-puo-essere-elly-schlein-a-risolvere-gy6qdzu3

Potreste sostenere Elly Schlein, che sembra candidarsi alla segreteria?

Più persone arrivano al percorso costituente anche fuori dai soggetti preesistenti e meglio è. Elly ha una forte carica, una spinta al cambiamento, è un’ottima notizia che lei ci sia. Ma anche lei sa bene che non ci si salva con la magia di un uomo o di una donna della provvidenza, abbiamo bisogno di un profondo sforzo collettivo. Faccio appello ai tanti di sinistra che hanno dubbi, e ce ne sono anche fra gli iscritti e i militanti di Art.1. A loro dico: questa è la grande occasione per provare a cambiare davvero. Partecipate, state in campo per incidere sull’identità. Poi verranno i nomi.

Bersani e D’Alema saranno della partita?

Non mi permetto di parlare per loro che pure hanno fatto scelte chiare negli ultimi tempi. Posso solo dire che sono personalità di altissimo profilo. E che meritano più rispetto di quanto viene loro a volte riservato.

© Riproduzione riservata