Il caso denunciato ai garanti del partito di Pisa. Nel congresso cittadino si accende (troppo) lo scontro fra riformisti e ala Schlein. Il costituzionalista, tra i padri dello Statuto: stracciare le regole è pericoloso, una deriva da arginare «prima di ritrovarci tutti sotto le macerie di un partito e della democrazia»
Si alza la temperatura nella base del Pd che, dopo la campagna referendaria, va ai congressi? Sembra di sì, a giudicare dal racconto di «una giornata particolare» del professore Stefano Ceccanti. Il prof è un pisano, anche se insegna alla Facoltà di Scienze politiche dell’Università La Sapienza di Roma; è un espertissimo di diritto parlamentare e ex deputato Pd.
Ex presidente della Fuci, cattolico democratico, riformista, è uno dei fondatori del think tank liberal Libertà Eguale, che non fa mai mancare i suoi puntuali contributi sulle scelte del Pd. Spesso critici. Ma prima di tutto questo, per anni è stato quasi una figura mitica: è uno degli estensori dello Statuto del Pd del 2007, quelli che il compianto Franco Marini aveva definito «gli Stranamore», ma che comunque hanno fatto le origini e la storia del Pd.
Di quei tempi lui stesso ricorda che ogni modifica veniva presa «sempre a larghissima maggioranza giacché le regole devono essere condivise sin dalla elaborazione fino all’applicazione».
Il congresso in questione è quello del Pd comunale di Pisa che da due anni e mezzo, e cioè da dopo il voto delle amministrative finito in un bagno storico per il partito, non ha un segretario comunale. E non era riuscito fin qui a celebrare il suo congresso cittadino. Stavolta sembrava la volta buona. A sfidarsi per la segreteria sono Mario Iannella, area riformista, e Marco Biondi, già riformista ma oggi vicino all’area Schlein, che lo sostiene. La sfida è senza esclusione di colpi, e lo vedremo.
Il voto stop and go
La giornata in questione è quella dello scorso 10 giugno. Come preannunciato alla segretaria del suo circolo, il San Marco-San Giusto, il prof, iscritto pisano, prende il treno da Roma per andare a votare. Alle ore 17:29, un minuto prima dell'inizio del voto, riceve un messaggio WhatsApp che lo informa della sospensione del congresso. Raggiunge comunque il circolo dove la segretaria gli conferma il rinvio del voto. Quindi riprende il treno e se ne torna a Roma.
Durante il viaggio però viene a sapere, dalla chat interna, di un’autoconvocazione in corso da parte di alcuni iscritti. A questo punto scrive subito ai garanti: la convocazione «può essere considerata una originale manifestazione politica» ma «qualora si intendesse dare a essa qualsiasi valore giuridico è evidente che il mio diritto di voto sarebbe stato leso. E pertanto per quel caso presento sin d’ora istanza formale di annullamento».
Facciamo un passo indietro. Alla vigilia del congresso c’è già stato un pasticcio. La Commissione di Garanzia provinciale ha certificato l’anagrafe degli iscritti, come previsto dalle regole statutarie, ma la Commissione Congressuale utilizza un elenco diverso. La differenza sta in una settantina di tessere non pagate o fatte fuori tempo massimo nel circolo Pisanova. Sono sostenitori di Biondi. L'Ufficio Adesioni le ha rimosse dall’anagrafe il 29 maggio. Il giorno dopo, il 30 maggio, la Commissione di garanzia e l'Ufficio Adesioni mandano la nuova anagrafica certificata alla Commissione Congresso. Che però la ignora, e procede sui precedenti elenchi. Qui parte il primo ricorso ai garanti.
A questo punto interviene il segretario provinciale Oreste Sabatino che, con una lettera ufficiale, chiede la sospensione del congresso comunale, in attesa di chiarimenti. Il 10 giugno la segretaria del circolo San Marco - San Giusto, proprio per l’assenza di un’anagrafe condivisa, chiede di sospendere e rinviare. Ma le due garanti della commissione congresso, Miriam Celoni e Consuelo Arrighi, decidono di procedere comunque con la votazione. A votare per Biondi alla fine saranno 42 iscritti su 100.
Riformisti non grati
Della richiesta di stop si lamentano gli esponenti locali della corrente Schlein. Il ragionamento è: chi vuole faccia ricorso e poi si vedrà.
Ma Sabatino scrive anche al segretario regionale Emiliano Fossi per chiedere di fare chiarezza. Nel frattempo in città sale la temperatura fra i rappresentanti della mozione Iannella e quelli della mozione Biondi. Dalla regionale il caso è «seguito con attenzione», ma ancora non c’è una presa di posizione ufficiale.
È chiaro che lo scontro è molto acceso, cioè troppo, e che qualcuno si è fatto prendere la mano. Per i riformisti il sospetto è, neanche a dirlo, che la maggioranza di Schlein voglia disfarsi di ogni opposizione interna: e non solo per eleggersi comodamente il suo segretario, ma soprattutto in vista anche delle liste per le prossime regionali. Nel mirino fra gli altri, spiegano, ci sarebbe Antonio Mazzeo, presidente del Consiglio regionale, molto votato ma non in linea con la segreteria, quella nazionale e quella regionale.
Per ora c’è il ricorso di Ceccanti, in attesa di essere esaminato. Che sul caso particolare parla di «una grave violazione delle regole congressuali: un congresso si è svolto senza convocazione valida, senza anagrafe certa e contro il parere degli organismi ufficiali, in assenza della segretaria del circolo, del segretario provinciale, di un componente della Commissione di Garanzia Provinciale, e della maggioranza degli iscritti».
Ma oggi, con una lettera al Tirreno, il prof mette in guardia da un pericolo più generale, non sia mai che Pisa sia il caso più eclatante di una tentazione più generale: stracciare le regole, e «assumere come modello quelle democrazie illiberali, prive di forme e limiti, che però dovrebbero essere alternative al Pd. Voglio sperare che una tale deriva sia arginata prima possibile, comunque prima di ritrovarci tutti quanti sotto le macerie di un partito e della democrazia».
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