Il cammino per un’ulteriore stretta sul lavoro dei cronisti fa un passo in avanti. Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio e uomo fidatissimo di Giorgia Meloni, Alfredo Mantovano, ha dato il via libera a due emendamenti, a prima firma Costa (Azione) e Calderone (Forza Italia), che renderanno, se approvati, più difficile la vita dei giornalisti, specie quelli d’inchiesta. Di queste proposte, a partire dall’emendamento di Enrico Costa al ddl cybersicurezza, si parla da qualche settimana, ma ora accelerano dopo l’ok del governo e dopo l’accordo che sembrerebbe esserci tra la maggioranza e parti dell’opposizione centrista.

L’emendamento Costa

Giovedì scorso, da Bruxelles, Meloni ha bollato come «fake news» la volontà di prevedere il carcere per i giornalisti. Ma l’emendamento presentato da Costa e sottoscritto anche da Maria Elena Boschi smentisce la presidente del Consiglio, specie se la sua maggioranza decidesse di votarlo. Ora il disegno di legge è in commissione Giustizia alla Camera.

L’articolo presentato dal deputato di Azione, come si legge dalla pagina della Camera dei deputati, recita così: «Salvo che il fatto costituisca più grave reato, e fuori dai casi di concorso nel reato, chiunque, conoscendone la provenienza illecita, diffonde, mediante qualsiasi mezzo di informazioni al pubblico, in tutto o in parte le informazioni acquisite mediante le condotte indicate nella presente sezione è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni». 

Tradotto: il giornalista che pubblica notizie frutto di un reato commesso da altri, conoscendone la provenienza illecita, potrà essere punito fino a tre anni di carcere.

Come per il cosiddetto caso Striano, per cui tre giornalisti di Domani sono sotto indagine, non si discute della veridicità della notizia ma del modo in cui i cronisti la ottengono. Ed è proprio dalle polemiche sul presunto dossieraggio che è partita questa ulteriore stretta sul lavoro dei giornalisti. La provenienza illecita non è necessariamente sinonimo di corruzione, ma si estende alle notizie frutto di hackeraggio o ad accessi a database. Anche se queste notizie sono vere, verificate e di forte interesse pubblico.

La sentenza della Cedu a tutela dei giornalisti

Eppure, una sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) del 2020 ha rafforzato le tutele previste per il giornalista. Perché, spiega la corte, l’articolo 10 della Convenzione europea a difesa della libertà d’espressione protegge il cronista in ogni sua attività, e non solo nel momento della diffusione di notizie.

In altre parole, nessuno può obbligare un giornalista a rivelare la fonte della sua notizia, anche nel caso possa essere utile all’autorità giudiziaria per individuare l’autore di un reato.

Le inchieste che non sarebbero esistite

Se il giornalista non potesse ottenere e pubblicare notizie in modi che presto potrebbero diventare illegali in Italia, non si sarebbe mai arrivati all’inchiesta Panama Papers, la rivelazione di 11,5 milioni di documenti da parte del giornale tedesco La Süddeutsche Zeitungcondivisi con il Consortium of Investigative Journalists (di cui fanno parte anche testate italiane come L’Espresso). L’inchiesta ha portato alla luce i conti off-shore di centinaia di politici, imprenditori e personaggi famosi che per ann hanno depositato i propri soldi in paradisi fiscali. 

Non sarebbe esistita l’inchiesta Football Leaks sulle attività illecite di molte società di calcio, dal Manchester City al Paris Saint Germain, e sulle loro elusioni fiscali. Il caso toccava anche Cristiano Ronaldo che, tramite il suo procuratore Mendes, era riuscito a evadere quasi 15 milioni di euro. Non si sarebbe saputo niente sui Suisse Secrets, l’inchiesta che ha scoperchiato le attività di Credit Suisse e l’ospitalità data a personaggi oscuri, nonostante l’istituto bancario abbia più volte promesso una stretta su criminali e corrotti.

E tornando in Italia, ad esempio, se l’emendamento Costa fosse stato già legge, non si sarebbero conosciuti con molta probabilità i favori che Armando Siri, nel 2019 sottosegretario alle Infrastrutture e ai trasporti in quota Lega, prometteva all’imprenditore dell’eolico Paolo Arata e per cui è ancora sotto inchiesta per corruzione.

L’emendamento Calderone

Non c’è solo l’emendamento Costa, perché ieri il sottosegretario Mantovano ha dichiarato ammissibile anche un’altra proposta di modifica che coinvolgerebbe i giornalisti. È a prima firma del forzista Tommaso Calderone, capogruppo per il suo partito in commissione Giustizia alla Camera, ed è sottoscritto anche da Annarita Patriarca e Paolo Emilio Russo, sempre di Forza Italia.

L’emendamento Calderone si spinge ancora più in là. Perché estende i reati previsti dall’articolo 648 dell’articolo penale (riciclaggio, impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita e autoriciclaggio) «anche ai dati o programmi contenuti in un sistema informatico telematico sottratti illecitamente e alla loro utilizzazione, riproduzione, diffusione o divulgazione con qualsiasi mezzo». Una proposta di modifica che formulata in questo modo riguarderebbe anche i giornalisti, che così rischierebbero pene ancora più severe. E potrebbero essere chiamati a rispondere di un reato per cui, anche in questo caso, è previsto il carcere. Fino a sei-otto anni.

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