Quello che sappiamo per certo è che sul Pnrr l’Italia non ce la sta facendo. Il governo ha steso una cortina fumogena su chi siano i responsabili, ma è chiaro che, oltre agli storici problemi del nostro paese nello spendere risorse, il governo ha commesso parecchi errori: dalla decisione di accentare tutto a Palazzo Chigi all’annuncio di voler riformare il piano.

Ripasso

Il Recovery fund assegna all’Italia 191,5 miliardi di euro, la cifra più alta di tutta l’Unione. Per ottenere questi fondi suddivisi in varie tranche, governo e pubbliche amministrazioni devo raggiungere una serie di dettagliati obbiettivi, in termini di riforme, interventi e risultati. Fino ad oggi, l’Italia ha ricevuto un pre-finanziamento e due di queste tranche. I problemi sono cominciati con la terza rata, pari a 19 miliardi, bloccata da fine febbraio.

I tecnici di Bruxelles hanno fermato il pagamento perché l’Italia non avrebbe rispettato tutti i 55 obiettivi che doveva raggiungere nel secondo semestre del 2022, un lungo elenco che va dalla riforma della concorrenza a quella della giustizia. Il punto più dolente di questo elenco sarebbe la sistemazione delle concessioni portuali. A Roma e Bruxelles sono tutti ottimisti sul prossimo sblocco di questa rata. Più problematica la prossima: 16 miliardi di euro per i quali il governo deve fornire la documentazione rilevante entro il 30 giugno. Un totale di 27 obiettivi, tra cui riforma giustizia penale e civile, dell’impiego pubblico e del codice appalti. Il governo ha già ammesso che non riuscirà a raggiungerli tutti. Alcuni «andranno riformulati», ha ammesso il ministro Fitto.

Di chi è la colpa

Di chi è la colpa o, in altre parole, perché ci sono tutti questi ritardi? Governo e opposizione sono d’accordo sul responsabile principale: la storica incapacità dell’amministrazione dello stato italiano di realizzare progetti e di metterli in pratica, dovuta a una pubblica amministrazione anziana, sotto qualificata e spesso sottodimensionata. Il governo, però, fino ad ora non ha mai indicato chi esattamente è in ritardo, quali progetti non sono stati presentanti in tempo o quali amministrazioni non hanno lavorato con sufficientemente rapidità. Nonostante il ministro Fitto sia intervenuto più volte sul tema, fino ad ora le sue relazioni non sono state accompagna da un solo documento che dettagliasse questi famosi “ritardi”. L’opposizione spera di sapere qualcosa in più la prossima settimana, quando Fitto tornerà a relazionare il parlamento.

Il governo ci sta mettendo del suo per rendere l’esecuzione del Pnrr ancora più lenta, accusa l’opposizione. Meloni avrebbe perso mesi preziosi nel riformulare la struttura decisionale del Pnrr, togliendola al ministero dell’Economia e alla Ragioneria dello stato per affidarla direttamente a Palazzo Chigi, da cui dipende il ministro Fitto. Ma la presidenza del Consiglio non dispone di una struttura tecnica adeguata a un lavoro come la gestione del Pnrr, che quindi si è dovuta improvvisare strada facendo, rallentano ulteriormente i tempi. Il secondo problema sarebbero gli scontri interni tra alleati, in particolare tra Lega e Fratelli d’Italia, che utilizzano la gestione del Pnrr come un terrenno per regolamenti di conti politici.

Terzo elemento è la decisione del governo di rinegoziare una parte significativa del piano. Una scelta che ha l’obiettivo di far incassare le risorse nonostante i ritardi, ma che rischia di peggiorare ulteriormente la situazione. Il governo deve presentare le richieste di modifica entro il 31 agosto e poi Bruxelles dovrebbe impiegare circa tre mesi per approvarle. Fino ad oggi, però, non è stata presentata una sola riga di richieste. Nel frattempo, gli enti locali e le altre amministrazioni coinvolte nel Pnrr si sono fermate, in attesa di notizie certe su se e come cambierà il piano. Generando altri ritardi.

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