La segretaria dem si allinea a Sanchez sulla spesa militare e a S&D sul piano green: ma il vero obiettivo e provare a strappare qualcosa sul bilancio europeo. Zingaretti: «È lì che verificheremo la coerenza del Ppe con l’idea di un’Europa forte anche in questo tempo della storia»
Anche Schlein contro von der Leyen e il Ppe. La segretaria Pd si allinea a Sanchez sulla spesa militare e a S&D sul piano green: ma il vero obiettivo e provare a strappare qualcosa sul bilancio europeo. Il rischio è l’irrilevanza. Zingaretti: «La destra è contraria ad aumentare le risorse o investimenti comuni. È lì che verificheremo la coerenza del Ppe con l’idea di un’Europa forte anche in questo tempo della storia»
«Io non voglio neanche pensare che cada, dopo nemmeno un anno di governo, una commissione sostenuta da quattro famiglie europee, che è un grande largo centrosinistra. Ma è giusto che ci facciamo sentire, non possiamo accettare di essere estromessi da decisioni importanti, peraltro previste dal programma». A “svelare” il vero obiettivo dell’ultimatum dei Socialisti & democratici verso Ursula von der Leyen, e a ruota l’ultimatum del Pd, è il “realista” Stefano Bonaccini.
Del punto giovedì 26 si è discusso con Elly Schlein nella delegazione dem a Bruxelles. La segretaria ha riferito gli orientamenti del prevertice dei socialisti, riunito prima del Consiglio europeo. Lì Schlein si è allineata al no del premier Sánchez all’aumento della spesa nazionale per la Nato, «che ha dimostrato che si può dire no ai bulli come Trump». Per l’Italia, ha spiegato, «il 5 per cento del Pil significa 445 miliardi in più al 2035, rischia di essere la fine dello stato sociale».
Quanto alla Commissione, la segretaria ha rilanciato la minaccia della presidente di S&D, Iratxe García Pérez: se von der Leyen ritirerà il Piano green, in parlamento i socialisti ritireranno il loro appoggio alla presidente. «Non siamo disposti ad accettare una politica dei due forni da parte del Ppe e della presidente della Commissione», spiega Schlein, «i nostri voti non possono essere dati per scontati: abbiamo delle priorità, vogliamo segnali chiari, non è possibile accettare che qualcuno pensi che ci siano due diverse maggioranze a seconda dei propri bisogni». Più che von der Leyen, l’obiettivo dunque è il Ppe che si è allineato a Ecr e Patrioti, da ultimo nella scelta di ritirare la direttiva sull’ambiente.
Il tema, in concreto, non è rompere la maggioranza Ursula, ma raddrizzare la rotta della presidente e del Ppe. Facendo pesare i propri voti, certo, spiega Bonaccini: «C’è un parlamento europeo che ha votato von der Leyen lo scorso anno che ha una maggioranza del 50 o 60 per cento dei consensi, sostenuta dai popolari, liberali e i verdi. Pretendiamo pari dignità».
Battaglia in salita. Se si contano i capi di stato e di governo del Consiglio europeo e i commissari europei, la maggioranza è nettamente in mano alle forze di centrodestra. Per questo i socialisti provano a difendere la «trincea democratica» della maggioranza del parlamento contro le “sbandate” dei popolari: «Quanto a lungo ancora il Ppe vuole rincorrere l’estrema destra e pensa di poterlo fare assicurandosi comunque il supporto dei nostri voti?», avverte ancora Schlein, «se il Ppe non si sente vincolato a un patto di maggioranza con le forze pro-europee, tantomeno ci sentiremo vincolati noi».
Conte non conta
L’idea di una rottura piace molto agli alleati del Pd, M5s e Avs, del gruppo Left, che dall’inizio si sono tirati fuori dalla maggioranza. E che martellano su armi e green allo scopo di costringere i dem a prendere atto della loro irrilevanza, nei fatti, nella maggioranza Ursula. Non che la sfida a sinistra non faccia male al Pd, soprattutto nei conflitti domestici. Ma, nonostante questo, a Bruxelles e a Strasburgo la rottura non è neanche all’orizzonte dei socialisti, almeno nelle intenzioni. Significherebbe consegnare definitivamente i popolari all’asse con le destre, ovvero dare vinta una partita faticosamente tenuta aperta in questi mesi. Per non parlare di un dettaglio non irrilevante: significherebbe rinunciare al core business delle cariche che saranno redistribuite a metà legislatura.
Giovedì 26 a Bruxelles il Pd ha aperto la sua Summer School “Tutta un’altra Europa”. Per seguire tre giorni di seminari e conferenze (anche di Schlein e di García Pérez) sono arrivati 270 ragazze e ragazzi italiani, accolti dal capogruppo dem Nicola Zingaretti. Per il quale l’ora della verità per Ursula arriverà «sul grande terreno di battaglia del bilancio europeo: è lì che dovremo sconfiggere l’idea di un’Europa che non investe sul suo futuro. La destra è contraria ad aumentare le risorse o investimenti comuni. È lì che verificheremo la coerenza del Ppe con l’idea di un’Europa forte anche in questo tempo della storia».
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