Giorgia Meloni inaugura la stagione delle nomine con una scelta all’insegna della prudenza sui servizi segreti. L’investitura di Bruno Valensise come direttore generale dell’Agenzia per la sicurezza interna (Aisi) è la meno azzardata. Ha evitato lo strappo definitivo con Matteo Salvini, che aveva posto il veto inamovibile sul principale candidato di palazzo Chigi, Giuseppe Del Deo, attuale numero due dell’agenzia, che contava di farcela in virtù dell’ottimo rapporto cementato con Meloni e della spinta del direttore uscente Mario Parente.

La leader di Fratelli d’Italia lo avrebbe promosso volentieri. Salvini però ha fatto le barricate, chiedendo discontinuità: il legusta non ha mai gradito la gestione delle intercettazioni preventive dell’Aisi, soprattutto quelle che hanno coinvolto l’ex consulente della Lega, Antonio Capuano, organizzatore dell’incontro tra il leader leghista e l’ambasciatore russo, Sergej Razov. La vicenda è stata raccontata da Domani, creando imbarazzi a Salvini. Il vicepremier non è un fan di Valensise, ma ha fatto di tutto per bloccare Del Deo.

Un ticket ai servizi

Al vertice dell’Aisi si prevede dunque una coabitazione non facile. Valensise, 53 anni, vanta un lungo cursus honorum nei servizi segreti, fin dall’approdo nel 2004 al Sisde (la precedente struttura), e attualmente era il vice di Elisabetta Belloni al Dis (Dipartimento delle informazioni e la sicurezza). Quindi è agente meno operativo, almeno nell’immediato. All’agenzia per la sicurezza, l’uomo macchina resterà dunque Del Deo che a 50 anni è già un profondo conoscitore dell’apparato dell’intelligence, a cominciare dal nucleo economico-finanziario.

Il ticket, però, deve dimostrare di poter funzionare per un reciproco interesse. Tra un anno circa, alla scadenza del primo quadriennio di Belloni al Dis, Valensise potrebbe fare il salto al dipartimento con la conseguente promozione di Del Deo.Intanto la nomina di Valensise vede uscire trionfatore anche il sottosegretario alla presidenza con delega ai servizi, Alfredo Mantovano, che si è spesso confrontato in queste settimane con l’ex ministro dell’Interno, Marco Minniti.

Ha ascoltato i suoi consigli, che hanno avvalorato le convinzioni di Mantovano sul neo-direttore (si insedierà ufficialmente il 19 aprile) come una figura in grado di mettere d’accordo tutti. Valensise è ben visto anche dal Quirinale e stimato da Lorenzo Guerini, deputato del Pd e presidente del Copasir. Così è arrivata l’accelerazione per evitare il logoramento da parte degli avversari, consapevole che rappresenta una soluzione soddisfacente.

Gli sconfitti

Dalla partita dei servizi segreti non escono tutti vincitori. In cima all’elenco degli sconfitti c’è un grande sponsor di Del Deo, il ministro della Difesa, Guido Crosetto. La stima nei suoi confronti è sconfinata, in passato lo ha definito un «fuoriclasse». Ha cercato di convincere Meloni, non c’è stato nulla da fare. A palazzo Chigi mastica amaro l’altro sottosegretario, Giovanbattista Fazzolari, allineato a Crosetto sul nome dell’attuale numero due dell’Aisi.

Non sarà felice neppure Parente, il direttore uscente dell’Aisi che avrebbe preferito altri nomi, in primis Del Deo. La nomina ha scontentato pure Belloni, che vanta un filo diretto con Meloni tanto da essere diventata sherpa per il G7. L’attuale direttrice generale del Dis ha spesso visto nella figura di Valensise un competitor, e puntava anche lei su Del Deo.

La nomina al timone dell’intelligence fa aumentare l’attenzione anche su quella del prossimo comandante generale dei carabinieri. Teo Luzi scade a novembre. Ora il corpo, dopo decenni, ha dovuto rinunciare al comando dell’Aisi. Crosetto ha ristretto la rosa dei pretendenti a due nomi: il capo di stato maggiore, Mario Cinque, e il comandante del Centro Italia, Salvatore Luongo, che pure era considerato per i papabili alla guida dell’Aisi. Il ministro della Difesa stima entrambi, ma Luongo è dato in vantaggio per sostituire Luzi.

La chiusura della partita sui servizi è il primo passo della primavera delle nomine nelle società pubbliche. Meloni non avrebbe alcuna fretta: preferirebbe infatti attendere l’esito delle europee per dare le carte con maggiore forza. La linea della premier è quella della continuità sui manager indicati dal predecessore a palazzo Chigi, Mario Draghi. Per Cassa depositi e prestiti Dario Scannapieco è favorito per la riconferma. Salvini, in questo caso, non è intenzionato a ingaggiare un duello, rinunciando a sostenere il banchiere Alessandro Daffina come invece ipotizzato da qualche giornale. Ma la tregua nel governo non regge su Fs, dove il leader della Lega vuole dire la propria nel ruolo di ministro dei Trasporti.

Meloni sarebbe orientata a confermare Luigi Ferraris come ad, ma è sempre più quotata la candidatura di Stefano Donnarumma, da tempo in orbita di FdI ma “recuperato” da Salvini, che lo scorso anno si era battuto - con successo - per boicottare la sua scalata all’Enel. La scelta non è stata ancora fatta.

In ballo c’è poi la rete autostradale con la neonata società Autostrade dello stato che gestirà le tratte statali a pedaggio, Salvini ha già il nome: l’ex ad di Sport e Salute, il trasversale Vito Cozzoli. Mentre per Anas, oggi guidata da Aldo Isi, il profilo ideale per il leader leghista è quello dell’attuale ad di Autostrade per l’Italia, Roberto Tomasi. Un manager brillante, ma il passaggio in Anas rischia di rimanere un sogno proibito.

Anche perché sulla partecipata una nomina imposta dal capo del Carroccio sarebbe malvista da mezzo governo: è ancora recentissima l’inchiesta sugli appalti della società che coinvolge il fratello della compagna del ministro, Tommaso Verdini, che ha chiesto il patteggiamento.

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