«Rischiamo di essere individuati come marziani se ci spacchiamo sulle regole». In serata Stefano Bonaccini, il candidato dato per favorito al congresso dem, sbotta. Al Nazareno, la sede del Pd, i rappresentanti dei quattro candidati si confrontano dall’alba, a quell’ora tarda l’accordo sul voto online è quasi fatto, ma nello staff del presidente dell’Emilia si parla di «dibattito surreale» su chi potrà votare da remoto alle primarie del Pd, che saranno spostate al 26 febbraio per evitare l’ingorgo dei congressi nelle regioni Lazio e Lombardia che il 12 e 13 votano. Ma la questione in realtà non è per niente «surreale». È realissima. E anche molto concreta.

Gli ambasciatori dei candidati si confrontano dalle 8 di mattina. La riunione di direzione slitta dalle 12 e 30 al pomeriggio e poi alle 19. Il segretario Enrico Letta vuole evitare la conta fra chi chiede di “aprire” le primarie al voto online e chi no. Da una parte i sostenitori di Elly Schlein, capeggiati da Francesco Boccia, dall’altra tutti gli altri, con diverse posizioni, dal no granitico di Bonaccini e Paola De Micheli alle sfumature di Gianni Cuperlo.

Chi è per il no sostiene che serve una modifica dello statuto, e non si cambiano le regole in corso di gioco; chi è per il sì dice che basta una modifica del regolamento, che però Enrico Letta non vuole concedere «se non c’è il consenso di tutti».

Per non fare la parte dei «marziani» si lavora a una mediazione: ammettere qualche deroga ben regolata, limitata a chi è impossibilitato a raggiungere i gazebo per malattia o disabilità, per i fuori sede, per le aree montane e all’estero per chi ha il seggio in un’altra città.

Il punto è capire come ci si arriverà: Letta deve sventare la spaccatura al voto. L’impressione che circola al Nazareno è che sarebbe un primo passo verso la scissione. Peraltro in mattinata al Senato si vota il decreto che proroga la possibilità di inviare aiuti militari all’Ucraina fino a fine 2023. Due senatrici Pd si astengono, Enza Rando e l’ex segretaria Cgil Susanna Camusso, e altri due per errore votano contro, Andrea Giorgis e Valeria Valente. Italia viva attacca: «Qual è la vera linea del Pd?».

Paura della scissione

Le accuse vengono rimandate al mittente. Ma il tema delle distanze interne, al di là della delicatissima vicenda ucraina, nel Pd c’è davvero. Letta lo fa capire la mattina, nella sala della direzione, durante la commemorazione di David Sassoli, a un anno dalla morte. Con Alessandra Vittorini, la moglie di Sassoli, il segretario ha scoperto l’immagine di un francobollo dedicato al dirigente, emesso dal ministero delle Imprese e del Made in Italy nella serie tematica «il Senso civico», stampato dall’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato e diffuso da Poste Italiane in trecentomila esemplari. 

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Letta ricorda con commozione l’amico, il “presidente sempre”. Ma nel discorso lascia scivolare un riferimento al qui e ora: «Siamo impegnati nel percorso di un congresso difficile, è una grande responsabilità per tutti. Dobbiamo fare sì che funzioni, bene, uniti fino alla fine, con grande partecipazione di popolo».

L’appello alla «responsabilità» è rivolto ai sostenitori di Schlein e alla sinistra di rito orlandiano. Boccia combatte ruvidamente perché ci sia la possibilità del voto online. E se ne capisce il motivo, anzi i motivi. I “click” potrebbero favorire la candidata bolognese, almeno si capisce che i sostenitori di Bonaccini lo temono. A favore del voto da remoto interviene, curiosamente, Francesca Bria, esperta di digitalizzazione, vicina all’area di Andrea Orlando, ma pur sempre consigliera Rai: «Il Pd ha implementato la più grande piattaforma digitale open source per la partecipazione alle Agorà democratiche», scrive su Twitter. «Contrapporre la partecipazione fisica a quella digitale è un errore politico. Questi strumenti, se ben governati, allargano la partecipazione democratica e rinvigoriscono la politica. Il resto sono solo pretesti, non all’altezza di un partito moderno e popolare»». Sembra dire: perché Letta non spende una parola su questo?

Il rinvio della direzione a sera serve a limare un accordo complicato, in un giorno in cui il calendario delle camere è fitto (al Senato il decreto Ucraina, alla camere la fiducia sul decreto Aiuti). E alle 18 alla Chiesa del Gesù, a Roma, c’è la messa in ricordo di Sassoli. Concelebrano due amici di lunga data del presidente del parlamento europeo, padre Francesco Occhetta e il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Conferenza episcopale italiana. Naturalmente è presente buona parte del gruppo dirigente Pd, e Letta. 

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La direzione si riunisce alle 19 e 40. «Nella prima giornata in cui il governo ha fatti il primo grosso passo falso», parla della vicenda delle accise, «noi siamo sui tg per la discussione sulle regole. So che sono importanti, ma dovevamo decidere prima», è l’apertura amara di Letta.

La discussione quasi non c’è al netto di tre dichiarazioni di non voto. Una pesa particolarmente: è quella della candidata Paola De Micheli: «Anche se capisco la questione del digitale, quello che c'è scritto nel regolamento allarga troppo l’utilizzo di uno strumento che invece deve essere deciso dai nostri iscritti». Le danno ragione Lia Quartapelle e Enza Bruno Bossio. 

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Democratici da remoto

Ma alla fine sia dal comitato Bonaccini che dal comitato di Schlein si canta vittoria. I primi esultano perché «è molto importante che la direzione abbia confermato che il voto delle primarie sarà in presenza», i secondi per la ragione esattamente opposta: «La direzione nazionale del partito ha dato l’ok al regolamento e al voto online. È il segnale di apertura e di partecipazione che ci voleva», dice il deputato Marco Sarracino.

Il regolamento prevede, previa registrazione, che possano votare da remoto «persone residenti e/o domiciliate all’estero; persone impossibilitate a recarsi ai seggi per condizioni di disabilità, malattia o altri impedimenti definiti dalla Commissione nazionale per il Congresso, che autocertifichino tali condizioni; persone residenti in località la cui distanza dai seggi renda particolarmente difficoltoso l’esercizio del voto». Viene approvato con nove astensioni e un no. Vengono approvati anche i criteri per l’integrazione Assemblea nazionale costituente, e la lista dei primi venti nomi della  Commissione nazionale per il Congresso. Ma Letta chiede una delega per lavorare ancora, nei prossimi giorni, per gli altri nomi. 

I dubbi di Articolo 1

Sullo sfondo, ma neanche tanto, dello scontro sul voto online c’è anche la “questione” Articolo 1. La ditta guidata da Speranza ha qualche difficoltà interna a far digerire il rientro nel Pd. Difficoltà che nel corso delle ultime settimane sono aumentate. I dubbi, dalla base, sono risaliti fino ai vertici. Per i quali era sostenibile la proposta di riprendere la tessera della casa-madre finché si trattava di tornare in un partito rinnovato e allargato. Ma ormai è chiaro che della rivoluzione annunciata da Letta all’indomani della sconfitta elettorale del 25 settembre non è rimasto molto: il manifesto dei valori non sarà sostanzialmente modificato, come invece chiedeva Roberto Speranza, la fase costituente di fatto non è mai partita. Ora l’inciampo, pure parzialmente superato, sul voto online. I sostenitori di Schlein restano comunque preoccupati: considerano i voti di Art.1 come “naturalmente” confluenti sulla candidatura dell’ex vicepresidente dell’Emilia Romagna. Articolo 1 ha anche un problema sul tesseramento: per partecipare al congresso, i suoi iscritti debbono a loro volta prendere la tessera del Pd per l’anno 2023. Il partito non ha neanche il tempo materiale di sciogliersi formalmente.

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