Una parte dei presidenti di regione ha chiesto ufficialmente al governo di applicare soltanto ai non vaccinati le restrizioni anti Covid-19 che scatteranno in futuro se i numeri della quarta ondata dovessero peggiorare ulteriormente. Il governo, per ora, ha respinto la proposta per via del numero di casi ancora bassi nel nostro paese, ma ha aperto alla possibilità di modifiche nel futuro.

Il tema è politicamente lacerante, ma in realtà il governo si sta già muovendo da mesi in questa direzione e non soltanto tramite l’introduzione del green pass più severo d’Europa, obbligatorio per poter continuare a lavorare. Già oggi, nelle zone arancioni e rosse, diverse restrizioni valgono soltanto per coloro che non possiedono il certificato, creando di fatto le condizioni per un “lockdown dei no green pass”.

È probabile che non appena le prime regioni si avvicineranno alle fasce di rischio più alte, le attuali distinzioni tra restrizioni che si applicano a tutti e quelle valide solo per coloro che non possiedono il green pass saranno ulteriormente accentuate.

La richiesta

Ad oggi, il principale sostenitore del lockdown per non vaccinati è Giovanni Toti, presidente di centrodestra della regione Liguria. Durante la riunione con gli altri presidenti di regione che si è svolta ieri, Toti ha chiesto un incontro con il governo «entro 72 ore» per chiedere «che la divisione del paese in zona gialla, arancione o rossa, valga soltanto per i non vaccinati».

Non tutti i suoi colleghi sono d’accordo e anche i presidenti di centrodestra sono divisi. Per Luca Zaia, presidente leghista del Veneto, il lockdown per i non vaccinati «sarebbe un errore». Della stessa opinione è anche il presidente delle Marche.

Resta invece in una posizione ambigua Massimiliano Fedriga, presidente della conferenza delle regioni oltre che della regione Friuli-Venezia Giulia, una delle poche a rischiare la zona gialla nelle prossime settimane.

Giovane e ambizioso leghista, Fedriga si è già distinto per le sue posizioni molto più favorevoli al green pass di quelle del suo leader di partito, Matteo Salvini. Ma da allora il suo spirito ribelle si è notevolmente ridotto. «Noi non diciamo di chiudere per i non vaccinati – ha detto ieri – diciamo che se si dovesse arrivare alle chiusure preferiamo maggiori aperture per i vaccinati».

Ma proprio la sua posizione sfumata potrebbe rappresentare la chiave per risolvere il problema. Non un lockdown per non vaccinati, ma una riapertura per i possessori di green pass. Il governo, in effetti, sembra già intenzionato a muoversi in questa direzione.

Per il momento, tutti i ministri escludono che saranno adottate nuove restrizioni potenzialmente impopolari. Ma con il peggioramento della pandemia «tutte le opzioni sono sul tavolo», ha detto ieri il sottosegretario alla Salute Pierpaolo Sileri. Un lockdown per non vaccinati potrebbe essere una strada percorribile «in caso di passaggio in zona arancione».

Su questo, il governo è d’accordo. «Al momento non ci sono nuove restrizioni in vista – ha detto pochi giorni prima la ministra per gli Affari regionali Mariastella Gelmini – Ma se la situazione dovesse peggiorare, nelle prossime settimane o nei prossimi mesi, credo che dovremmo tenere in seria considerazione, come abbiamo sempre fatto, le istanze delle regioni».

Dopotutto, forme di lockdown per non vaccinati sono state implementate o sono in fase di studio da parte di numerosi paesi europei.

Come funziona?

L’idea di un lockdown per non vaccinati è stata applicata per la prima volta in Austria, uno dei principali focolai d’Europa, con oltre 10mila nuovi casi al giorno e un’incidenza pari 130 casi ogni centomila di abitanti.

Le nuove regole sono state introdotte a settembre dal governo guidato dal conservatore Alexander Schallenberg e stabiliscono l’entrata in vigore di una serie di restrizioni valide solo per chi non ha ricevuto una doppia dose di vaccino quando le terapie intensive del paese raggiungono il 30 per cento di posti occupati da malati Covid-19.

La soglia è stata raggiunta la scorsa settimana e Schallenberg ha annunciato ufficialmente l’inizio del lockdown domenica sera. Le nuove regole stabiliscono che i non vaccinati non possono più frequentare bar, ristoranti e altre attività al chiuso. Possono uscire di casa soltanto per andare al lavoro, fare acquisti essenziali, incontrare i propri partner o altri individui selezionati e frequentare luoghi di culto.

Chi invece ha ricevuto una sola dose di vaccino, può svolgere normali attività dopo aver ricevuto un tampone negativo. Per chi viola le queste regole sono previste multe tra i 500 e i 3.600 euro.

L’Austria è uno dei paesi meno vaccinati dell’Europa occidentale, con meno del 65 per cento della popolazione che ha ricevuto una doppia dose. I non vaccinati sono circa 2 milioni e altre 365mila persone hanno ricevuto soltanto una dose.

Lockdown all’italiana

In Italia, i vaccinati non sono solo molto più numerosi, ma il numero di casi è, per ora, molto più basso. Una versione così estrema del lockdown per non vaccinati, inoltre, richiederebbe significativi interventi legislativi e parecchie manovre politiche.

L’attuale sistema basato sui green pass, emessi dopo il completamento del ciclo vaccinale, ma anche dopo un tampone negativo o in seguito alla guarigione dal Covid-19, andrebbe rivisto. Dalle informazioni presenti sul green pass è già possibile desumere per quale ragione è stato ottenuto, ma il garante per la privacy ha sottolineato che esercenti e datori di lavoro non possono acquisire e conservare liberamente questa informazione.

All’attuale sistema andrebbe probabilmente affiancato a un nuovo tipo di certificazione concessa esclusivamente in seguito alla vaccinazione.

Come dimostrano le divisioni di questi giorni tra i presidenti di regioni, si tratta di un tema controverso e non è scontato che sia facile trovare il consenso per introdurre modifiche di questa portata in assenza di un incremento dei casi come quello in corso in Austria o in Germania.

Le regole ci sono già

Qualunque sarà la decisione, si tratta di una scelta in continuità con quanto fatto fino ad ora. È dall’estate che il governo Draghi lavora per limitare le restrizioni se non ai soli non vaccinati, almeno alle persone prive di green pass.

L’intervento più significativo, e al momento unico in Europa, è quello deciso a settembre ed entrato in vigore a metà ottobre: l’obbligo di green pass per accedere ai luoghi di lavoro (in Austria recarsi al lavoro è una delle poche azioni che si possono ancora compiere senza esibire alcun certificato).

Ancora più significative da questo punto di vista sono le modifiche decise a maggio sul funzionamento delle zone rosse e arancioni, che di fatto hanno introdotto nel nostro paese un parziale lockdown per persone prive di green pass. Già oggi, infatti, le regole prevedono che chi è dotato della certificazione si possa spostare liberamente in zona arancione, dove altrimenti è vietato uscire dal proprio comune, e in zona rossa, dove non si può uscire di casa senza valide ragioni.

Il modo più semplice per introdurre un lockdown per “non vaccinati” senza rivoluzionare il green pass consiste quindi nell’aumentare questa differenziazione nelle restrizioni. Ad esempio, limitando il coprifuoco previsto per le zone arancioni e rosse solo ai chi non possiede il green pass. Oppure, consentendo l’apertura di bar e ristoranti ai clienti dotati di green pass anche in zona arancione o rossa. Si tratta, in sostanza, di quello che chiede il presidente del Friuli Venezia Giulia: aprire ai possessori di green pass più che chiudere in casa i non vaccinati.Una proposta anche politicamente più appetibile, che con ogni probabilità non solo avrebbe l’appoggio di ristoratori ed esercenti, oltre che di gran parte dei presidenti di regione, ma che sarebbe anche in linea con quanto il governo Draghi ha fatto negli ultimi sei mesi.

 

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