Ramadan Nassar è uno dei testimoni oculari presenti al punto di distribuzione dell’acqua nel campo profughi di Nuseirat quando è avvenuto l’attacco dell’esercito israeliano. All’Associated Press ha riferito che oltre trenta persone, di cui venti bambini, erano in fila con le taniche di plastica da riempire quando è iniziato il raid.

Alcuni di loro avevano camminato anche fino a due chilometri per portare acqua alle rispettive famiglie. In pochi secondi c’è stato un fuggi fuggi generale, ma almeno dieci persone sono rimaste uccise a terra. Tra questi c’erano sei bambini.

L’esercito israeliano ha detto che l’episodio è in fase di accertamento, ma da una prima ricostruzione c’è stato un «malfunzionamento tecnico del proiettile, questo ha colpito a decine di metri di distanza dall’obiettivo designato». Il bersaglio era – secondo l’Idf – un militante della Jihad islamica palestinese.

Ma episodi di questo tipo non sono nuovi. Tre giorni fa altri otto bambini sono stati uccisi davanti a una clinica mentre erano in attesa di prendere alcuni integratori alimentari. Episodi come questi sono all’ordine del giorno.

Da oltre ventuno mesi i bambini sono vittime sistematiche del conflitto tra Israele e Hamas. Secondo le ultime stime dal 7 ottobre 2023 sono più di 18mila i minori uccisi dall’esercito israeliano, oltre 15.600 sono quelli identificati.

Se si contano anche i feriti – secondo l’Unicef – siamo sopra le 50mila unità. Restano comunque dati al ribasso visti i corpi ancora sotto le macerie. La reale portata dei danni sarà chiara solo a guerra finita. Secondo Al Jazeera su ogni cento bambini, due sono stati uccisi, due sono dispersi (presumibilmente morti), tre sono feriti in maniera critica, cinque sono rimasti orfani e cinque sono fortemente malnutriti. Senza contare l’impatto psicologico su oltre un milione di minori presenti nella Striscia di una guerra lunga e brutale. E anche gli ultimi fatti di cronaca lo dimostrano.

Nelle ultime 24 ore sono state uccise oltre 139 persone e 425 sono rimaste ferite, tra queste anche persone che si trovavano ai centri di distribuzione degli aiuti alimentari gestiti dall’ente privato Gaza humanitarian foundation. Con i numeri di ieri, il bilancio totale delle vittime ha superato gli oltre 58mila morti.

Trattative

Mentre gli attacchi dello stato ebraico si intensificano, le trattative in corso in Qatar per raggiungere un cessate il fuoco e la liberazione degli ostaggi sono ferme. L’intesa tra Israele e Hamas era stata trovata su più punti: il numero degli ostaggi da rilasciare, i prigionieri palestinesi da liberare e la gestione della consegna degli aiuti umanitari nella Striscia che dovrebbe ritornare nelle mani delle Nazioni unite. Ma è sempre mancata l’intesa su un nodo fondamentale, quello che riguarda il ritiro delle truppe dell’Idf dalla Striscia di Gaza.

Nel fine settimana Hamas ha respinto le ultime mappe presentate da Israele, secondo cui rappresenterebbero solo una riorganizzazione diversa delle posizioni dei soldati e non un loro ritiro parziale dal territorio. Un alto funzionario del gruppo ha detto che per le trattative sono «ore critiche». Anche per questo il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha avuto un colloquio telefonico con l’emiro del Qatar, uno dei mediatori principali.

Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha incontrato in mattinata l’ala estremista del suo governo: i ministri Itamar Ben Gvir e Bezalel Smotrich, entrambi contrari alla stipula di un accordo con Hamas. Per il momento Ben Gvir non cambia linea, e continua ad annunciare pubblicamente che avrebbe ostacolato le trattative. In caso di accordo sembrerebbe propenso a lasciare nuovamente l’esecutivo, come accaduto durante la tregua siglata a gennaio.

In serata il premier ha convocato una riunione ristretta del gabinetto di sicurezza. L’obiettivo è discutere su nuove mappe da inviare ai mediatori a Doha. Ma la questione non è semplice, Netanyahu vuole mantenere una presenza nella Striscia di Gaza mentre Hamas è fermamente contrario. Lo ha ribadito anche in un video pubblicato su X. «Che cosa vuole Hamas? Vuole restare a Gaza. Vuole che ce ne andiamo, in modo che possa riarmarsi e attaccarci ancora e ancora. Non lo faremo», ha assicurato il premier. «Farò di tutto per far restituire i nostri ostaggi», ha aggiunto, prima di sminuire la portata dei sondaggi secondo cui la maggioranza della popolazione sarebbe d’accordo a firmare un accordo di cessate il fuoco.

«Questi sono sondaggi manipolati», ha detto. «Non si chiede: “Volete un accordo per la liberazione degli ostaggi, che lasci Hamas al suo posto? Quindi può ripetere i suoi reati di stupro, omicidio, rapimenti e invasioni?”. No, altrimenti i risultati sarebbero l’esatto contrario», ha concluso.

Procede parallelamente il piano del ministro della Difesa, Israel Katz, per la costruzione di quella che ha definito una “città umanitaria” nei pressi di Rafah. Qui saranno rinchiusi circa 600mila palestinesi che una volta dentro non potranno abbandonare l’area.

Si tratta a tutti gli effetti di un esodo forzato per la popolazione civile, che sarà sottoposta anche a screening biometrici. Alcuni funzionari hanno diffuso stime sui costi del progetto che si aggira tra i 2.7 e i 4 miliardi di dollari. Ma il progetto, secondo diversi giuristi è una chiara violazione del diritto internazionale e un crimine contro l’umanità.

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