Quattro firme e una stretta di mano tra il ministro della Difesa russo e il ministro delle Infrastrutture ucraino hanno suggellato l’accordo per l’esportazione del grano ucraino bloccato nei porti del paese per via della guerra. Per la prima volta dall’inizio della guerra – iniziata lo scorso 24 febbraio – due alti funzionari dei due stati belligeranti si sono stretti la mano. Un gesto forte ed eloquente nato dall’iniziativa del ministro ucraino Oleksandr Kubrakov che per primo ha teso la mano al ministro russo Sergej Shoigu.

«Speriamo che si riapra uno spiraglio per la pace, sono sicuro che la guerra finirà grazie a un negoziato», ha detto il presidente turco Recep Tayyip Erdogan presente alla firma dell’accordo insieme al Segretario generale delle Nazioni unite Antonio Guterres che ha definito l’intesa come «un faro nel mar Nero, un faro di possibilità, di speranza e sollievo in un mondo che ne ha davvero bisogno». E ora tutti sperano nella pace.

«Questa guerra si protrae nel silenzio e con un costo economico e umano molto elevato. Il conflitto armato separa due paesi ma anche il resto dell’umanità. Le ripercussioni riecheggiano anche negli angoli più remoti del paese», ha aggiunto Erdogan incassando un’importante vittoria nello scenario politico internazionale ponendosi come mediatore per risolvere la crisi alimentare. Una posizione di primo ruolo in cui spera anche il Segretario Guterres: «Contiamo su Istanbul per mantenere un ruolo di mediatore in futuro».

Per Erdogan il prossimo obiettivo è di rivitalizzare anche i negoziati di pace che dagli incontri iniziali avvenuti in Bielorussia sono arrivati in Turchia, ad Antalya, lo scorso marzo ma che si sono arenati dopo i massacri di Bucha e altri crimini di guerra commessi dalle truppe russe. Il presidente turco abilmente si è posto come interlocutore affidabile per Mosca e Kiev assolvendo al ruolo di figura terza grazie anche al ruolo della Turchia all’interno della Nato, per ora garante della difesa dell’Ucraina.

Cosa prevede l’accordo

Le parti avevano già raggiunto un accordo di massima circa dieci giorni fa dopo mesi di trattative complicate. «La strada è stata lunga» –  ha detto Gueterres –  per sbloccare le oltre 20 milioni di tonnellate di grano ucraino che non possono lasciare il paese per via delle mine piazzate intorno ai porti e nel mar Nero. Non sono stati pubblicati molti dettagli dell’accordo, ma è certo che prevede la riapertura di tre grandi porti ucraini: Odessa, Yuzhne e Chornomorsk. Le navi scaricheranno le merci in Turchia prima di essere redistribuite nel mercato mondiale.

A Istanbul sarà istituito un centro di coordinamento con le autorità turche e i funzionari delle Nazioni unite che garantiranno la sicurezza di quelli che oramai vengono definiti “corridoi alimentari”. Nello specifico i turchi ispezioneranno – durante dei controlli eseguiti a terra – le navi cargo in entrata per accontentare le richieste dei russi che hanno il timore che possano trasportare armi da consegnare a Kiev. Da Istanbul verranno anche coordinate le operazioni e definite le rotte marittime che dovranno tenere conto delle mine piazzate in questi cinque mesi di guerra dai due eserciti.

Ogni stretta di mano prevede dei compromessi per accontentare le parti. L’accordo, infatti, aprirà la strada affinché anche i prodotti alimentari e i fertilizzanti russi possano raggiungere i mercati mondiali, e cercare di facilitare le esportazioni russe colpite dalle sanzioni occidentali.

I negoziati

«Siamo fieri del nostro ruolo, della nostra iniziativa che ha risolto una crisi alimentare mondiale», ha detto il presidente Erdogan in conferenza stampa dopo le firme. Attualmente circa 2,5 milioni di tonnellate di prodotti alimentari ucraini vengono esportati ogni mese attraverso vie terrestri e fluviali verso paesi confinanti con l’aiuto di Bruxelles. Ma nelle prossime settimane partiranno le prime navi che porteranno, ogni mese, circa cinque milioni di tonnellate di grano e altri cereali verso i paesi in via di sviluppo e non solo.

Egitto, Tunisia e Libano aspettano con ansia il loro arrivo per mitigare il malcontento interno della popolazione esacerbato dalla crisi. La notizia della buona riuscita delle trattative ha avuto sùbito ripercussioni nei mercati portando il prezzo del grano ai livelli di febbraio. Stati Uniti e Cina applaudono le parti e ora sperano in un passo successivo che porti alla tregua. Ma non è così semplice.

Prima di tutto c’è da capire se l’accordo verrà rispettato dai militari russi e ucraini nelle prossime settimane. Sarà una prova di fiducia importante in vista di un’eventuale pace futura da negoziare nei prossimi mesi. Non è un caso se l’accordo ha una durata di 120 giorni e si spera che sia rinnovato costantemente. Il governo di Kiev ha anche tenuto a specificare più volte ai suoi cittadini che quello firmato ieri non si tratta di un accordo raggiunto con la Russia, bensì con la Turchia e le Nazioni unite. Il presidente ucraino Voldymyr Zelensky vuole evitare di dare l’impressione di scendere a patti con Putin. La distanza tra le parti è ancora lunga e la guerra continua: nella giornata di ieri diversi bombardamenti e attacchi di artiglieria pesante hanno attaccato le città del Donbass, soprattutto Kharkiv. In ogni caso, come ha detto ieri il presidente turco Erdogan poco prima della firma, l’accordo dà «al mondo buone notizie».

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