«Sono tutte balle, e io non sono affatto potente», dice Massimo D’Alema a Domani, in merito all’inchiesta su una presunta trattativa tra lui e l’ex avvocato esterno dell’Eni Piero Amara, che ha raccontato ai magistrati di Milano che sarebbe stato convocato alla fondazione Italianieuropei per far ottenere alla Blue Power di Francesco Nettis, ex socio in affari di D’Alema, decine di milioni di euro dall’Eni per un brevetto mai usato.

Ieri, 12 maggio, questo giornale ha pubblicato integralmente una registrazione dell’inizio del 2020 che Giuseppe Calafiore, sodale di Amara, ha fatto di nascosto a un imprenditore amico di D’Alema, Alessandro Casali. Un lobbista che sembra confermare nell’audio l’ incontro tra lui, il legale siciliano e D’Alema. Una registrazione nella quale i due discuto non solo della possibile transazione per favorire Blue Power ma pure di una possibile stecca per i mediatori della stessa, a cui nel 2017 sarebbero dovuti andare 10 milioni, «di cui 3 – dicono Amara e Calafiore - per la campagna elettorale di Leu.

«Non conosco Amara, non conosco nemmeno Calafiore, Alessandro Casali mi invita a cena due-tre volte l’anno, ma nelle registrazioni in cui parla di un mio interessamento per la transazione Blue Power e del mio incontro con Amara presso la Fondazione Italianieuropei dice cazzate, è un millantatore» dice ancora D’Alema. «La vostra non è un’inchiesta giornalistica. Questo e prendere e passare veline di merda. Questo ve lo dico come concetto professionale, non lo prenda come fatto personale. Casali gli ha detto una montagna di cazzate, pure e semplici, una cosa che quando la magistratura l’ha letta non l’hanno potuta prendere in considerazione perché si trattava di millanterie pure. Compreso il fatto che io avrei preso soldi per Leu, che è un’organizzazione che non esiste: era un cartello elettorale».

La trappola

Ora, la «velina di merda» di cui parla D’Alema è agli atti della procura di Perugia, così come l’interrogatorio di Casali che a Domani ha invece confermato di aver organizzato un incontro tra l’ex presidente e Amara presso la sede di Italianieuropei, dove però si sarebbe discusso «di geopolitica» e non dei milioni che Blue Power si aspettava dall’Eni, né tantomeno della presunta mediazione da 10 milioni.

Il procuratore Raffaele Cantone ad oggi ha “scorporato” la questione Blue Power da quella della Loggia Ungheria, filone principale d’inchiesta che si appresta ad archiviare, ed è pronto a mandare le carte alla procura di Milano da cui era partito l’innesco della vicenda con le dichiarazioni di Amara. Saranno probabilmente gli uomini del nuovo procuratore capo Marcello Viola ha valutare se Amara ha calunniato l’ex premier, il suo amico Casali e i manager Eni ipotizzando frodi e tangenti o se ha detto in tutto (o in parte con l’aggiunta di bugie sesquipedali, come spesso fa il faccendiere) la verità.

È un fatto, intanto, che ai pm di Milano arriveranno da Perugia altre due registrazioni inedite sequestrate a Calafiore. In entrambe protagonista è ancora Casali. L’imprenditore che frequenta magistrati di peso (Luca Palamara e Giuseppe Pignatone), politici assortiti (Scajola, D’Alema, persino l’ex segretario generale del presidente Giorgio Napolitano, Donato Marra), ha chiarito che le sue parole durante la conversazione rubata erano dette «a vanvera», e che di fatto nemmeno sapesse bene «di cosa stavo parlando».

Vicinissimo al numero uno dell’Aci Angelo Sticchi Damiani e a qualche ex amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato che gli ha dato consulenze strategiche, ha spiegato a Domani che è «stato messo in mezzo. Era loro che sapevano le cose e non riuscivano a chiudere l’operazione Blue Power. Magari avessi fatto la cosa, ci avrei pagato le tasse. Cantone ha capito che sono stato usato. Il fatto è che il rapporto che ho con il presidente D’Alema fa invidia a tante persone».

Misteri

Ascoltando le nuove intercettazioni, però, qualche dubbio resta. Siamo a inizio 2020. Eni e la Blue Power di Nettis hanno cominciato a discutere dell’accordo extragiudiziale da qualche tempo. Eni - in una prima mail a Domani della scorsa settimana – aveva dichiarato che era stato chiuso a settembre 2019, ma ieri ha spiegato che le firme conclusive sono state messe in realtà a settembre 2020. Un mese dopo, è stato depositato alla procura di Milano. Le date sono importanti: quando Casali parla con Calafiore e Amara, la transazione non è ancora chiusa.

Partiamo dalla seconda registrazione Casali-Calafiore. È fine aprile 2020. L’avvocato siciliano comincia: «L’ultima volta avevi detto di informarmi. Mi sono informato: dopo il coronavirus possiamo ipotizzare di fare quel tipo di proposta. Dal presidente chiaramente ci puoi andare...». Casali: «No serio. Gli devo dire quello che mi hai detto: “Alessandro, fatti dire dal tuo amico (D’Alema, ndr) se possiamo fare l’operazione e in che termini”. Calafiore: «Si, se possiamo fare l’operazione che avevamo ipotizzato...»: Casali, pronto: «No, che avevamo bloccato...». Calafiore: «Per quello che è successo nel 2017...la dobbiamo rifare. Lui ti aveva detto che avevano fatto una proposta a 30 milioni, ti aveva detto, e non andava bene». Casali: «No. Trenta milioni li abbiamo mandati a fanculo». Lo scambio è importante: come fanno a sapere Casali – se non si è mai occupato dell’operazione Blue Power – e Calafiore che l’Eni intende dare a Nettis esattamente la cifra che verrà transata mesi dopo, cioè 30 milioni di sterline? (definite da D’Alema una «manciata di soldi» visto che Nettis chiedeva oltre un miliardo di sterline di danni). Una pura casualità?

Calafiore: «Dobbiamo farla sopra i 90 milioni». Casali: «Esatto. Adesso comunque che ha vinto Descalzi, mettono Carta come presidente (Luciano, ndr). Lì ci andava bene il presidente, ma se ne è guardato. Mi ha detto: “Alessà, mi volevano candidare, Gualtieri (all’epoca ministro dell’Economia, ndr) voleva che ci andassi io, ma sei matto! Se ci andavo succedeva l’ira di Dio”. A lui poi che cazzo gli frega: da Ernst&Young prende 500mila euro l’anno...Ma lavora. Porta a casa business. Per dargli 500mila euro è perché lui gliene porta 50 milioni. Non pensare che Ernst&Young te li regala perché sei bello».

Casali torna poi su Blue Power, parlando dei soldi che vogliono dividersi se la loro mediazione va a buon fine: «Farai l’accordo con una società di consulenza di advisor internazionale, che gli riconoscerà 10 milioni. Questi 10 milioni ovviamente ce li spartiamo noi. Dieci, dodici quindici: dobbiamo capire a quanto vogliamo chiudere noi».

«Il brevetto supercazzola»

Sentito da Domani, Casali ammette che in effetti è andato, dopo questo colloqui con Calafiore, a interloquire con D’Alema: «Il presidente mi ha detto di non occuparmene, di Blue Power. “Non t’impicciare” mi ha detto. Io non so nulla della cosa. Parlavo così, per fare contento l’interlocutore, per non sembrare che non sapevo nulla».

Ascoltando i colloqui con Calafiore, però, l’impressione è un po’ diversa. Anche nella terza registrazione in mano a Cantone, sembra che di Blue Power Casali sappia molto di più di quanto non ammetta oggi. Stavolta è Amara che lo registra di nascosto.

Casali: «Peppe (Calafiore, ndr) è naif, tu sei più sul pezzo....comunque, il presidente mi ha fatto: “Ale, guarda che ti do due informazioni. Il cfo lo fanno fuori...”». Amara lo interrompe: «Dicevi che Descalzi ha parlato con D’Alema». Casali ritorna sulla transazione Blue Power: «Il presidente mi ha detto: “Alessandro, ho parlato con Descalzi, e mi ha detto, per me l’operazione si chiude. Si deve stralciare e si deve chiudere. Il problema è il cfo che ha detto non più di 20-30 milioni non vale, questa cazzata. Dice, siccome non è così, se voi trovate il sistema per chiudere l’operazione a 80-90-100 io non dico...». Amara: «Quindi lui ha detto 80-90-100 se il cfo dà il via libera lui non rompe i coglioni? «Casali: «No». Amara sembra soddisfatto: «A me interessa la parola del presidente. Tu la conosci l’operazione?» Casali: «Sì. Si tratta di un brevetto che è una supercazzola, cioè la camicia dubleface». Amara: «Che nasce proprio per questo». Casali: «Come camicia dubleface». I due ridono.

Poi Amara, che vuole incastrare l’imprenditore per avere una prova di come l’incontro con D’Alema che aveva descritto a novembre 2019 ai pm di Milano era affettivamente avvenuto, gli chiede: «Ti ricordi quando noi incontrammo D’Alema? Fece quel ragionamento che io me lo ricorderò a vita. Mi disse “A me questa cosa non mi interessa, ma se l’Eni mi chiama....”. Casali: «Che cena quella sera». Amara: «No la cena! Quando eravamo alla fondazione. Per me è stata una lezione di vita. Lui mi ha delineato il percorso senza dire niente. È un numero uno». Casali: «Il numero uno! No, è vero, alla fondazione. Ma perché, poi alla cena non ci siamo andati insieme?». Amara: «No, abbiamo fato una cena da Zuma». Casali: «Che è stato straordinaria!». Casali: «E poi saltò l’ultima e forse è meglio, perché poi a me mi hanno arrestato».

Abbiamo chiesto a Casali se si ricordasse la cena dal ristorante giapponese Zuma, al centro di Roma. «Sì la ricordo, ma non c’era Amara con me e il presidente. C’era Calafiore». Che D’Alema ha detto a Domani di aver visto solo una volta a un meeting dei Cavalieri della Roma. «Ma non è che D’Alema vi mente. Semplicemente, si sarà solo dimenticato», chiude Casali.

 

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