Da piccola voleva fare la calciatrice, tifa il Barcellona e in Italia le piace la Juventus. Ma crescendo in un villaggio come Nabi Saleh, noto in tutta la Cisgiordania come un polo di attivismo contro le usurpazioni dell’occupazione israeliana, era quasi impossibile per la ventiduenne Ahed Tamimi non lasciarsi coinvolgere dalla politica. Ed era quasi impossibile che l’attuale tempesta di violenza mediorientale non finisse per travolgerla.

Assurta a simbolo della resistenza palestinese da bambina e teenager per i plateali atti di sfida nei confronti dei soldati israeliani, Tamimi si è guadagnata precocemente una collocazione nella lista nera dell’esercito dello stato ebraico. Lunedì una dozzina di militari hanno fatto irruzione nella sua casa di famiglia – il padre era già stato fermato la scorsa settimana - arrestandola con l’accusa di istigazione al terrorismo.

Il post contestato

Nel contesto delle atrocità della guerra di Gaza e dell’ennesima impennata di violenza da parte dei coloni estremisti in West Bank, Tamimi li avrebbe ammoniti in un post su Instagram scrivendo: «Vi aspettiamo in tutte le città della Cisgiordania, da Hebron a Jenin. Vi massacreremo e voi direte che quello che Hitler vi ha fatto è stato uno scherzo. Berremo il vostro sangue e mangeremo i vostri teschi […]».

Il tono e la scelta dei termini nel post – scritto sia in arabo che in ebraico – rendono probabile si tratti di un falso. Tanto più che la famiglia nega che Tamimi abbia un account sul social network: tanti sono invece gli account a suo nome aperti da sostenitori che la ammirano per le sue gesta, o forse, in questo caso, da nemici interessati a metterla nei guai. Rilasciata dalle carceri minorili nel 2018, Tamimi torna cinque anni dopo sotto detenzione israeliana.   

Ecosistema dell’occupazione

Nabi Saleh, quattro case polverose a malapena equivalenti alla frazione di un paesino italiano, si presenta come un ecosistema classico dell’occupazione. Le sorgenti del villaggio prima dichiarate “zone militari chiuse” e poi scippate dai coloni israeliani. L’insediamento di Halamish che si staglia sulla collina di fronte coi suoi giardini rigogliosi e in cui abitano dei vicini a cui le autorità militari conferiscono tutti i diritti negati agli arabi.  

Per anni ogni venerdì il villaggio organizzava una manifestazione di protesta, e la graziosa e minuta Ahed si lanciava in prima linea. Una foto famosa la ritrae ancora bionda con il pugnetto serrato in aria mentre apostrofa un soldato israeliano. Ma Ahed diviene un’icona nel 2017, non ancora maggiorenne, quando scalcia e schiaffeggia un soldato scacciandolo dal cortile di casa. Nabi Saleh è Area B secondo la categorizzazione degli accordi di Oslo, cioè sotto controllo civile palestinese ma sotto la giurisdizione delle forze di sicurezza israeliane.

Il video virale

Il video dello schiaffo diventa virale e improvvisamente Tamimi è un’icona della causa palestinese. Il suo volto lo si trovava stampato sugli adesivi attaccati alle casse dei supermercati di Istanbul, in Turchia, stampato sui muri di mezzo mondo arabo. L’artista italiano di street art Ciro Cerullo, noto con lo pseudonimo di Jorit Agoch, viene espulso dagli israeliani dopo aver realizzato un murales con il suo volto sul muro di separazione nei pressi di Betlemme.

La notorietà ha anche un effetto boomerang. Gli israeliani si indignano per il video considerato umiliante, in quanto il soldato non reagisce violentemente all’aggressione di Tamimi. Il politico Bezalel Smotrich, attuale ministro delle finanze, scrive su Twitter che si sarebbe meritata una pallottola, «almeno nella gamba». Sotto pressione, l’esercito torna a Nabi Saleh e la preleva, per mettere riparo all’insulto subito.

Mondiali in prigione

In coda agli otto mesi di prigione Tamimi guarda i Mondiali di calcio disputati in Russia. Tifa Brasile ma rimane delusa. Poi il rilascio e il ritorno a Nabi Saleh. A casa sua fanno la fila anche i ministri dell’Autorità nazionale palestinese, in cerca di una foto per brillare di luce riflessa. Ai giornalisti dice di voler studiare diritto internazionale per continuare la lotta contro l’occupazione.

«Per chi vive sotto occupazione è difficile fare finta di niente. Pensa come ti sentiresti se non potessi muoverti liberamente, se la tua possibilità di spostarti anche nei luoghi più vicini fosse ostacolata dai check-point israeliani. Pensa come ti sentiresti se il tuo paese avesse il mare ma non potessi andare in spiaggia. Se fossi minacciato da un esercito nemico che usa la violenza con leggerezza», mi chiedeva durante un incontro nei giorni immediatamente successivi al rilascio.

Alla domanda sulla pace possibile con gli israeliani rispondeva: «Bisognerebbe tornare indietro allo status quo precedente all’occupazione, bisognerebbe che tutti avessero pari diritti in queste terre. La strada è ancora lunga ma non bisogna mai perdere la speranza: nessuna occupazione dura per sempre». Non è chiaro se riconosca il diritto di Israele a esistere all’interno dei confini internazionalmente riconosciuti.

Esulta Ben Gvir

Il ministro della Pubblica sicurezza israeliano, Itamar Ben Gvir, non ha esitato a lanciarsi in un plauso pubblico all’esercito per l’arresto di Tamimi. «Complimenti alle forze dell’Idf che questa notte hanno arrestato la terrorista e “attivista per i diritti umani” Ahad Tamimi di Nabi Saleh, già condannata per aver attaccato i soldati dell’Idf e che dallo scoppio della guerra ha espresso simpatia e sostegno per gli animali umani nazisti sui social media. Tolleranza zero con i terroristi e i sostenitori del terrorismo! Solo così!»

Ben Gvir, che ha differenza di Tamimi è stato più volte condannato in via definitiva per terrorismo da parte delle autorità israeliane, è insieme a Bezalel Smotrich il ministro più estremista del governo del premier Benjamin Netanyahu. In seguito ai massacri perpetrati dai militanti palestinesi di Gaza in Israele lo scorso 7 ottobre e all’offensiva su Gaza – sarebbero finora più di 1400 le vittime israeliane e quasi 10,000 quelle palestinesi, con oltre 200 israeliani tenuti ostaggio nella striscia – si è espresso a favore della distribuzione di armi alla popolazione civile israeliana.

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