L’inchiesta di Domani sui 35 milioni di euro girati dall’Eni alla Blue Power di Francesco Nettis, imprenditore ed ex socio della società di vini della famiglia di Massimo D’Alema, è partita da alcuni atti giudiziari sparpagliati tra le procure di Milano, Perugia e Potenza.

Intercettazioni e interrogatori in cui imprenditori come Alessandro Casali, amico dell’ex presidente del Consiglio, e avvocati pregiudicati come Piero Amara e Giuseppe Calafiore raccontano la loro versione – talvolta registrati di nascosto – della transazione milionaria che ha coinvolto il nostro colosso petrolifero e un manager pugliese. Un affare chiuso tra fine 2019 e il 2020, e di cui nessuno sapeva finora nulla.

Domani ha letto integralmente il verbale inedito, datato 24 novembre 2019, in cui Amara dà conto per la prima volta della vicenda Blue Power davanti ai magistrati milanesi Laura Pedio e Paolo Storari che lo interrogavano su tutt’altre questioni.

Finora era noto che l’ex avvocato esterno dell’Eni aveva rilasciato sei interrogatori tra dicembre 2019 e gennaio 2020.Si tratta dei celebri verbali sulla fantomatica Loggia Ungheria, finiti prima nelle redazioni di alcuni giornali, e poi mandati ai pm di Perugia per competenza territoriale. Adesso si scopre che Amara già a novembre 2019 aveva riempito due interrogatori fino ad oggi rimasti segreti. Una lunga parte è dedicata alla Blue Power e a un presunto incontro con l’ex presidente del Consiglio in merito alla transazione con la spa di Nettis.

Il verbale segreto

«In merito ad attività illecite che coinvolgono esponenti dell’Eni, intendo riferire di un affare di cui sono venuto a conoscenza», comincia il legale di Siracusa. «Nel 2017, prima del mio arresto, ho saputo di un’operazione che coinvolgeva una società e il gruppo Eni. Mi chiedete se la società sia la Blue Power, e lo confermo».

Il nome dell’azienda di Nettis (che nel 2011 si era accorda con l’Eni di un brevetto miracoloso per rivoluzionare il trasporto del gas) era dunque già noto ai pm milanesi: l’Eni aveva infatti depositato una querela in merito ad alcune email (secondo l’Eni false) che avrebbero favorito Blue Power nella causa londinese.

Amara continua. «Tale società aveva avuto dei finanziamenti dall’Eni per l’utilizzo di un progetto. Aveva poi intrapreso un contenzioso con Eni chiedendo una cifra spropositata (un miliardo di sterline, ndr); a causa di questo contenzioso si è instaurato un arbitrato a Londra. Un giorno, nella seconda metà del 2017, sono stato avvicinato da tale Alessandro Casali, un lobbista romano che già conoscevo ma non reputavo potesse avere relazioni di grande importanza. Casali mi riferì dell’arbitrato e disse che alla risoluzione di questo problema era interessato Massimo D’Alema, e se volevo incontrarlo. Mi disse anche che alla risoluzione di questo problema si opponeva Vella (Antonio, al tempo numero due dell’Eni, ndr), con cui sapeva che io ero in ottimi rapporti a quei tempi. Rimasi sorpreso, in quanto non pensavo che Casali potesse sapere quest’ultima circostanza. Informai immediatamente dell’approccio che avevo avuto Granata (Claudio, capo degli affari istituzionali dell’Eni e braccio destro dell’ad Claudio Descalzi, ndr). Granata mi confermò l’opposizione di Vella, ma mi disse che lui con Vella non poteva parlarci visto che i due erano in pessimi rapporti e che Vella si opponeva in quanto non voleva avere eventuali responsabilità patrimoniali qualora si fosse scoperta questa operazione. Granata mi diede comunque il via libera per parlare con D’Alema...io all’epoca ero un lobbista di Eni per questioni istituzionali di alto livello e per i rapporti con i magistrati».

Secondo Amara, ottenuto l’ok dal suo referente interno (che ha sempre detto che Amara lo ha calunniato ripetutamente, ed è un fatto che i pm milanesi abbiano mandato a processo il legale siracusano con l’accusa di essersi inventato gravi accuse contro i vertici Eni, Granata compreso), qualche tempo dopo riesce a incontrare l’ex premier in persona.

«Lo incontrai alla fondazione Italianieuropei anche alla presenza di Casali. D’Alema mi fece il seguente discorso: mi disse di avere parlato con i miei vertici, di avere parlato con Bollini (Marco, nel 2017 direttore degli Affari legali di Eni, ndr), e di non essere sicuro di volermi incontrare».

«Interesse nazionale»

Amara ha detto sia a Milano sia a Potenza che D’Alema gli disse che la lui la questione Blue Power «non interessava direttamente, che nell’interesse di Eni, e quindi nell’interesse nazionale, era opportuno assecondare la richiesta di Nettis». Il quale aveva chiesto un miliardo di euro (poi scesi a 330 milioni di sterline) all’Eni, perché l’azienda di stato nonostante gli accordi del 2011 non aveva più usato il suo brevetto. A causa nel “niet” dei norvegesi della Statoil, soci di Eni ma assai dubbiosi sulla tecnologia proposta dall’imprenditore pugliese.

Per risolvere l’impasse, Amara spiega a verbale che D’Alema gli ipotizzò che una buona soluzione fosse quella di dare «a Nettis il 20/30 per cento di quanto da lui richiesto, intorno ai 130 milioni di euro, se non di più. Aggiunse che sapeva che una persona interna all’Eni si opponeva (cioè Vella, ndr) e che per tutto il resto dell’operazione avrei dovuto parlare con Alessandro Casali».

L’ex avvocato esterno dell’Eni, allora ancora in auge nel colosso petrolifero, descrive ai pm il suo sconcerto: «La conversazione ebbe dei toni che definirei surreali, perché da un lato io ero stato invitato all’incontro che invece mi veniva presentato come se lo avessi chiesto io, e poi perché si faceva riferimento in modo ipocrita ad un interesse nazionale mentre la vicenda aveva degli interessi molto particolari».

Per la cronaca, le presunte parole di D’Alema riferite da Amara ai pm nel lontano 2019 sembrano simili a quelle che l’ex premier ha detto qualche giorno fa a Repubblica. Dopo la divulgazione di alcuni audio in cui il presidente della fondazione Italianieuropei sembra fare da mediatore a una compravendita di navi e armi di Leonardo e Fincantieri alla Colombia, si è giustificato così: «Io non avrei guadagnato un euro. Perché ho detto “riceveremo 80 milioni” durante il colloquio registrato di nascosto? Perché dovevo convincere il mio interlocutore a fare una scelta nell’interesse dell’Italia e non della mia persona».

La versione dell’Eni

D’Alema, sentito al telefono qualche giorno fa in merito ai suoi rapporti con Nettis e Amara, ha negato di aver mai visto il legale della Loggia Ungheria, «né alla fondazione Italianieuropei né in qualsiasi altro posto». Il suo amico Casali pur proteggendo D’Alema lo ha smentito clamorosamente, accreditando l’incontro. «È vero, c’è stato l’incontro in fondazione, l’ho organizzato io. Ma era Amara ad avermelo chiesto ossessivamente.

E lui e il presidente hanno parlato di geopolitica, non di Blue Power». Dunque D’Alema avrebbe mentito a Domani negando l’appuntamento? «Ma no, non ha mentito, semplicemente non se lo ricordava! D’Alema, informato della ricostruzione del suo amico (sentito anche a Perugia) dice a Domani: «Ho molti dubbi che possa averlo detto perché è perfettamente falso. Se lo ha detto, io lo denuncerò. Ma dubito molto che Casali lo abbia detto, perché sarebbe un pazzo. Non ho mai avuto rapporti con l’avvocato Amara».

Delle due l’una: o D’Alema simula o è immemore dell’episodio, oppure Amara e Casali hanno deciso di mentire per ragioni oscure. Ci aspettiamo che presto la procura di Milano, che sta aspettando che Cantone gli mandi registrazioni e interrogatori acquisiti sulla faccenda riuscirà a capire se Amara ha detto la verità oppure ha inventato la storia a danno di D’Alema, Nettis, Casali e i manager dell’Eni citati, sciolga l’enigma.

Intanto dal Cane a sei zampe sono certi della loro correttezza. Il direttore degli Affari legali Stefano Speroni ci scrive che «Granata non ha mai interloquito con il noto delinquente Amara in relazione a Blue Power e men che meno in relazione a inesistenti contatti con il presidente D’Alema. Anche l’avvocato Marco Bollini non ha mai interloquito con D’Alema».

Dunque per loro Amara spara balle. In merito alla richiesta di Domani di poter visionare il contratto con Nettis, l’azienda aggiunge invece che «Eni non commenta i contributi o contenuti contrattuali delle parti previsti dagli originari contratti di oltre 10 anni fa (perfettamente leciti) con il gruppo Blue Power, tuttora coperti da riservatezza».

Dunque, nessuna possibilità per adesso di valutare ab origine i rapporti tra l’Eni e l’ex socio di D’Alema. Speroni infine dà una notizia: l’accordo transattivo con Blue Power è stato dato dall’Eni alla procura di Milano «sin dal lontano ottobre 2020, per qualsivoglia verifica del caso. Vi invitiamo pertanto ad astenersi dal diffondere ulteriormente le falsità rese da Amara lesive della reputazione di Eni e del proprio management». In caso contrario, «agiremo per il recupero di ogni danno».

 

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