Caccia statunitensi, elicotteri e colpi di artiglieria hanno preso di mira decine di siti sospetti in numerose località della Siria centrale. Secondo l’osservatorio per i diritti umani basato a Londra, sono stati uccisi almeno cinque membri dell’Isis. Il presidente Usa: «Il governo siriano ci sostiene pienamente»
«Le forze statunitensi hanno avviato l’operazione Hawkeye Strike in Siria per eliminare i combattenti dell’Isis, le infrastrutture e i depositi di armi, in risposta diretta all’attacco contro le forze Usa avvenuto il 13 dicembre». A scriverlo su X il segretario alla Difesa, Pete Hegseth. Una «fortissima rappresaglia» contro l’Isis, ha confermato il presidente Usa Donald Trump sul suo sociale Truth, «proprio come avevo promesso».
L’«attacco su larga scala» – così lo ha definito il Pentagono – risulta quindi essere una ritorsione per l’uccisione a Palmira di tre cittadini statunitensi, due militari e un interprete. Un’«efferata uccisione di coraggiosi patrioti americani in Siria da parte dell’Isis», ha scritto Trump.
Caccia statunitensi, elicotteri e colpi di artiglieria hanno preso di mira decine di siti sospetti in numerose località della Siria centrale, tra cui depositi di armi e altri edifici. Secondo l’osservatorio per i diritti umani basato a Londra, negli attacchi sono stati uccisi almeno cinque membri dell’Isis, tra cui un leader di cellula «responsabile dell’utilizzo dei droni nella zona».
Sono oltre 70 gli obiettivi colpiti e «anche le Forze Armate giordane hanno fornito supporto con jet da combattimento», ha precisato in un post su X l’ammiraglio Brad Cooper, comandante del Centcom, affermando che «continueremo a dare la caccia senza sosta ai terroristi che cercano di nuocere agli americani e ai nostri partner nella regione». Gli Stati Uniti, secondo quanto riporta Axios, avrebbero informato Israele in anticipo degli attacchi.
Il governo di Al-Sharaa
Il governo del primo presidente siriano dopo la dinastia degli Assad, Ahmed Al-Sharaa, ex combattente jihadista, ha confermato il «suo fermo impegno a combattere lo Stato islamico e a garantire che non vi siano rifugi sicuri sul territorio siriano». Lo ha scritto in un post su X la nuova amministrazione di Damasco, da un anno al potere, assicurando che le operazioni militari saranno intensificate. Il governo siriano ha invitato gli Usa e gli stati della coalizione internazionale «a sostenere questi sforzi in modo da contribuire alla protezione dei civili e al ripristino della sicurezza e della stabilità nella regione».
Donald Trump si è inserito nella finestra di transizione politica in Siria. In un incontro con Al-Sharaa a Washington lo scorso novembre, il presidente Usa ha allentato le sanzioni contro il paese e cancellato la taglia sulla testa dell’ex combattente. In quella sede, il presidente siriano aveva firmato i documenti per entrare nella coalizione internazionale anti-Isis, guidata dagli Usa, e composta da altri 88 Stati.
«Il governo siriano, guidato da un uomo che sta lavorando duramente per riportare la grandezza in Siria, ci sostiene pienamente», ha scritto Trump dopo gli attacchi della notte tra il 19 e 20 dicembre, avvertendo: «Tutti i terroristi così malvagi da attaccare gli americani sono avvertiti: sarete colpiti più duramente di quanto siate mai stati colpiti prima se, in qualsiasi modo, attaccherete o minaccerete gli Stati Uniti».
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