Se in Europa l’arma usata come ricatto energetico dal presidente russo Vladimir Putin è il gas, altrove, invece, si avvale dell’energia nucleare. Lo fa attraverso la Rosatom, il colosso energetico statale che raggruppa oltre 360 imprese russe, che ha all’attivo decine di progetti di costruzione di nuove centrali nucleari in tutto il mondo. Un know how prezioso che nel 2021 ha permesso alla Rosatom di fare affari all’estero per una cifra di 139,9 miliardi di dollari. A capo dell’azienda c’è Alexey Likhachev, ex viceministro allo Sviluppo economico nominato da Vladimir Putin in persona tramite decreto.

Nonostante la guerra in Ucraina la Rosatom assume un ruolo sempre più rilevante nella geopolitica energetica, soprattutto nei paesi in via di sviluppo dove a un percorso verso fonti rinnovabili i governi guardano all’energia nucleare come mezzo di produzione di elettricità.

Egitto e Turchia

Sono passati sette anni da quando il 19 novembre del 2015 il presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi ha firmato insieme a Vladimir Putin il preaccordo per la costruzione della prima centrale nucleare del paese. Un affare complessivo di circa 28 miliardi di euro per la creazione di quattro reattori Vver-1200 in grado di generare ogni anno 4,800 megawatt. La centrale, costruita dalla Rosatom, è in via di definizione e si affaccerà sul Mediterraneo nella cittadina di El Dabaa, a ovest da Alessandria.

L’azienda russa formerà anche il personale egiziano e lo assisterà nel funzionamento e nella manutenzione per i primi dieci anni. Il progetto è finanziato dalla Russia attraverso un prestito elargito al Cairo per un valore che copre l’85 per cento del costo finale, la parte restante è pagata dal governo egiziano. Anche per la Turchia quella che sorgerà nella provincia di Marsin sarà la prima centrale nucleare del paese.

Il progetto della Rosatom prevede la messa in funzione dell’impianto di Akkuyu entro la fine del 2023. I lavori procedono spediti, il presidente Putin ne ha parlato con il suo omologo turco Recep Tayyip Erdogan durante il vertice ragionale che si è tenuto in Kazakistan a metà ottobre, durante il quale il leader turco ha anche gettato le basi per la costruzione di una seconda centrale nucleare con l’aiuto di Mosca. In quell’occasione Putin ha ribadito la sua volontà di far diventare la Turchia un hub regionale per la distribuzione del gas verso l’Europa.

L’Asia

Nell’ottobre del 2009 la Rosatom e la China national nuclear corporation hanno firmato un protocollo per l’ampliamento con due nuovi reattori della centrale di Tianwan, uno degli stabilimenti nucleari più avanzati al mondo. La fase 1 del progetto è stata portata a termine anche grazie ai russi ed è in funzione dal 2007. I nuovi reattori saranno costruiti congiuntamente dalla Rosatom e dalla Jiangsu nuclear power corporation. 

L’8 giugno del 2018 sono stati firmati a Pechino dei documenti per la cooperazione nucleare tra Russia e Cina per i prossimi decenni. Entro il 2030, la produzione di energia nucleare raggiungerà i 120 milioni di kilowatt per anno e l’energia generata rappresenterà l’8 per cento della produzione totale di elettricità in Cina.

Le strategie energetiche del Cremlino in Asia si estendono anche in Bangladesh e in India. In Bangladesh è in costruzione la prima centrale nucleare del paese, mentre in India è in corso l’allargamento dell’impianto Kudankulam, nato dall’accordo del 1988 tra il governo russo e quello indiano. Progetti nucleari sono stati sviluppati anche in Iran, nella città di Bushehr, paese che si sta dimostrando uno dei pochi alleati di Putin da quando è iniziata la guerra.

In Europa

Attualmente in Europa la Rosatom è impegnata in Ungheria e Bielorussia, due stati da sempre vicini al Cremlino. Per il momento Viktor Orbàn ha a disposizione la centrale di Paks che dispone di quattro reattori Vver-440. Nel 2009 il parlamento ungherese ha approvato l’ampliamento con due nuovi reattori, un piano affidato qualche anno più tardi alla Rosatom e alla società ungherese Mvm. Il progetto è costruito con un prestito concesso dalla Russia all’Ungheria dal valore di dieci miliardi di euro. Nella Bielorussia dell’alleato Aleksander Lukashenko 34 società, tra cui anche la Rosatom, sono invece attive nella centrale di Ostravyetsz, la cui costruzione è iniziata nel 2013.

In sede Onu

Il forte peso energetico è una delle armi di soft power in mano a Vladimir Putin per esercitare pressioni nei confronti di paesi che hanno bisogno del sostegno energetico di Mosca. Egitto, Turchia e Bangladesh inseguono il sogno di avere la loro prima centrale nucleare e questo significa anche non esporsi più di tanto a livello internazionale.

Non è di certo per i progetti nucleari in corso se durante le votazioni dell’Assemblea generale dell’Onu per la condanna dell’invasione russa dell’Ucraina paesi come India, Bangladesh e Cina si sono astenuti, mentre la Bielorussia ha votato contro. Ma nel momento in cui c’è bisogno di prendere decisioni più drastiche Putin può far valere contro questi paesi il suo potere energetico, un po’ come accaduto in questi otto mesi di guerra con i paesi dell’Unione europea dipendenti dal gas russo.

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