We will meet again, ci incontreremo di nuovo. È di speranza l’ultima promessa che Elisabetta II ha fatto al suo popolo, quello inglese, che per sette decenni, come ricordato dal decano dell’abazia di Westminster a Londra, ha guidato con «generoso servizio» e «incrollabile impegno». L’arcivescovo di Canterbury, Justin Welby, ha chiuso l’omelia del funerale della regina con le parole che lei stessa ha pronunciato nel suo discorso durante la quarantena da Covid. La citazione di Welby allude al futuro, al regno che dovrà continuare a dialogare con il settantennio appena trascorso e con il lascito, morale e istituzionale, della sovrana.

Elisabetta non ha intessuto soltanto le trame del suo regno per un periodo lungo tanto quanto la memoria di molti contemporanei, ma è stata anche attenta regista del suo funerale, dell’ultimo saluto al suo popolo e al mondo. Sebbene l’organizzazione materiale dell’evento, infatti, fosse affidata al duca di Norfolk, Edward William Fitzalan-Howard, che ha curato ogni dettaglio, il progetto è stato prerogativa della regina che ha voluto affidare un particolare significato a ogni momento della giornata.

Non è la prima volta che succede. Il re Filippo, marito della regina scomparso ad aprile 2021, aveva surclassato l’allora duca di Norfolk nell’organizzazione dell’incoronazione di Elisabetta. Una decisione che si ripete in un momento altrettanto importante.

Una cerimonia simbolica

Per volere della regina tutto ha contribuito a chiudere quel cerchio che si era inaugurato il 6 febbraio del 1952, quando ottenne la guida della monarchia. Nel luogo, Westminster Abbe, dove aveva sposato il principe Filippo e dove era stata incoronata. E sempre lì, ieri mattina, duemila persone, tra dignitari, membri di famiglie reali europee e capi di stato hanno partecipato alla cerimonia solenne.

L’abbazia gotica non accoglieva un funerale di stato dal 1965, quando furono celebrate le esequie di Winston Churchill, già primo ministro. Le letture, una tratta dalla prima lettera ai Corinzi e l’altra dal Vangelo secondo Giovanni, sono state affidate a due donne: la baronessa di Scozia, Patricia Scotland, segretaria generale del Commonwealth e la nuova prima ministra, Liz Truss.

Durante tutta la celebrazione si sono alternati l’elemento temporale e quello divino. «Il tuo trono non passerà mai, Signore, come invece passano anche gli imperi più grandi del mondo», sono state le parole di un inno cantato durante la funzione.

Il ritorno a “casa”

Dopo la cerimonia, la bara di Elisabetta è uscita dall’ala ovest di Westminster ed è stata accompagnata da un lungo corteo fino a Wellington Arch, anche conosciuto come Green Park Arch, l’arco trionfale a sud di Hyde Park, sullo stesso affusto di cannone che era stato usato per i funerali di suo padre, re Giorgio VI. Anche in questo caso i fili che intrecciano la storia personale e pubblica della regina sono stati orditi con regale perizia. La seconda cerimonia, quella ristretta, è stata officiata all’interno del castello di Windsor, una delle proprietà che sua nonna, Maria di Teck, riacquistò a inizio Novecento e che diede il nome alla famiglia reale, prima chiamata Sassonia-Coburgo-Gotha, un appellativo considerato “troppo tedesco”.

In questo ultimo ritorno, a quella che Elisabetta aveva scelto come dimora in cui trascorrere e vacanze e nella quale era cresciuta durante il periodo della guerra, c’è la riunione, ideale, con le proprie origini familiari. Proprio come nell’ultima foto della sovrana che, nella serata precedente ai funerali, Buckingham Palace ha deciso di diffondere: un’immagine che risale ai festeggiamenti per il settantesimo giubileo e nella quale la regina indossa una coppia di spille in acquamarina di Boucheron. Un regalo dei genitori per il suo diciottesimo compleanno.

L’incalcolabile

L’unica cosa che forse Elisabetta non aveva messo in conto è stata la commozione. Quella dei nipoti William e Harry quando la bara è entrata nell’abbazia, quella del figlio Carlo, oggi re, durante la cerimonia e di fronte a Wellington Arch, dove deviando dal protocollo ha rivolto alla madre il saluto militare. Quella del popolo inglese che è stato per dodici giorni interi quasi sospeso e, ieri, durante tutto il tragitto ha omaggiato la sovrana con fiori, applausi e lacrime.

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